Sarebbe bastato uno smartphone. La moderna tecnologia streaming avrebbe eliminato la maggior parte degli ostacoli logistici che si sono affrontati per riunire i più grandi nomi della musica pop in uno studio di registrazione per una notte. Il brano We Are the World fu infatti un monumentale incubo logistico quanto fu un trionfo artistico. Come si poteva riunire il meglio del pop per cantare un brano a scopo benefico? Con l'iniziale impulso di Harry Belafonte, e l'adesione di Michael Jackson, Quincy Jones, Lionel Richie e Stevie Wonder la risposta fu immediata e travolgente. La partecipazione a valanga di icone come Billy Joel, Willie Nelson, Ray Charles, Diana Ross ha poi trascinato gli altri. Una cinquantina di artisti con impegni e indirizzi fra i più disparati da radunare in un unico posto. Un'impresa epocale - raccontata da un film-documentario disponibile su Netflix - che ha cambiato per sempre la storia della musica, e a cui ha contribuito - anche se in piccolo - una piccola rosticceria di Los Angeles con il pollo fritto e i waffle: Roscoe's.
Registrare il brano tutto in una notte
C'era solo una serata all'anno in cui l'intera industria musicale si riuniva a Los Angeles: gli American Music Awards. C'era pertanto una sola serata a disposizione per registrare il brano. Gli sforzi logistici non si sono risolti quando agli A&W Studios di Hollywood si sono presentate tutte le star che avevano accettato di partecipare a premiazione terminata.
Per dare il benvenuto a tutti, Quincy Jones ha affisso sulla porta dello studio di registrazione un foglio scritto a penna, "Lasciate il vostro ego alla porta". Fuori dalla sala di registrazione sono restati anche i manager, l'entourage e gli uffici stampa degli artisti convenuti. Lasciati soli con le loro insicurezze, fisime e paure, si trovavano soprattutto in presenza di idoli della musica. Nonché vittime di una serie di sfide al limite della commedia.
Le mille difficoltà nello studio di registrazione
Dionne Warwick doveva arrivare con un volo da Las Vegas, che ha fatto ritardo. La neve a Buffalo ha rischiato di bloccare Bruce Springsteen. Prince non si è presentato e il suo assolo è stato affidato a Huey Lewis, che non aveva la giusta estensione vocale. Le collane e orecchini di perline di Cyndi Lauper interferivano con la registrazione. Al Jarreau voleva festeggiare l'occasione e continuava a chiedere bottiglie di chardonnay ai tecnici. Alle due di notte era così brillo che faticava a ricordare gli attacchi del suo assolo. E poi ci fu il problema del buffet
Bob Geldof, invitato d'onore
L'ispirazione per il progetto USA for Africa di cui We Are the World fu l'inno, è stato indubbiamente Bob Geldof, la mente del singolo registrato a scopo benefico dal mondo del pop britannico Do They Know It's Christmas? l'anno precedente. Naturalmente la sera della registrazione Geldof fu invitato per sovrintendere alla registrazione degli artisti statunitensi. Una cosa che pochi sanno, è che l'intervento di Geldof sbloccò una situazione che potenzialmente poteva far saltare la registrazione. Il manager di Lionel Richie, nonché uno gli organizzatori della serata, Ken Kragen ha raccontato il curioso episodio in un documentario della BBC Against All Odds: la rabbia di Geldof ha giocato in ciò che l'ensemble di voci di We Are the World mangiò quella sera.
Caviale per la fame in Etiopia, no grazie
Il budget stanziato per rifocillare le star nella lunga notte ammontava a 50mila dollari, e con quella cifra – e quel parterre – per il catering si è andati dritti da Spago e da Chasen's, i due ristoranti top di Los Angeles a quel tempo. Durante la registrazione di Do They Know it's Christmas?, Geldof aveva mandato gente del calibro di George Michael, Bono il frontman degli U2, Paul Weller e Sting al baracchino del fish and chips dietro l'angolo per comprarsi ognuno la cena. Vedendo invece l'opulento buffet a base di caviale e altre prelibatezze allestito per le star statunitensi, che - ricordiamoci - erano lì per cantare contro la carestia in Etiopia, Geldof ha dato di matto. Davanti a idoli come Bob Dylan, Tina Turner, Steve Perry e Paul Simon, Geldof ha fatto sapere a tutti i presenti quanto disapprovava della scelta di quel buffet. «Bob è entrato, ha visto la quantità di cibo e ha iniziato a sgridare tutti quelli che stavano mangiando», ricorda Kragen, «la gente sta morendo in Africa, gridava. È stato imbarazzante. Ho dovuto rincorrere Bob e riportarlo in studio». È stato allora che la crema dell'industria musicale statunitense ha ordinato all'umile rosticceria di zona il piatto più soul food che c'è: il pollo e waffles.
Roscoe's, culla del pollo fritto con i waffles
Roscoe's House of Chicken and Waffles è una catena di ristoranti soul food losangelini. La sede originaria è ancora allo stesso indirizzo a Hollywood, il quartiere della musica e del cinema di Los Angeles. Fondata nel 1975 da Herb Hudson, è nota soprattutto, come dice il nome, per la sua cucina a base di pollo e waffles. Il Los Angeles Times ha definito Roscoe's "un'istituzione di L.A., tanto che non fa neanche più effetto lo strano abbinamento". La specialità della casa è infatti croccante pollo fritto servito su un waffle condito con sciroppo d'acero. Un insieme di cibi che naturalmente solleva qualche sopracciglio, ma che una volta provato convince, e si conferma pilastro della cucina afroamericana.
La fama di Roscoe's si deve a Stevie Wonder
Poco dopo l'apertura del primo Roscoe's a Hollywood, gli amici del fondatore che lavoravano alla Motown Records e alla televisione, fra i quali Stevie Wonder e Natalie Cole, hanno parlato del posto ad altre celebrità, che nel tempo hanno a loro volta sparso la voce al proprio pubblico sull'incredibile menu di Roscoe's. In anni più recenti, altri VIP, come Snoop Dogg, Shaquille O'Neal, Quentin Tarantino e persino Barack Obama, hanno apprezzato il piatto della casa, rendendolo ancora di più un classico intramontabile della città degli angeli.
Pollo fritto e waffle hanno salvato We Are The World
Quella fatidica notte del 28 gennaio 1985, Roscoe's era a soli sei minuti di macchina dagli studi di registrazione. Ancora una volta Stevie Wonder ha suggerito il locale agli amici radunati a cantare. Quando alle 3 di notte sono arrivate le confezioni di pollo fritto e waffle, gli animi si sono calmati e si è ritrovata l'energia per continuare. «Richie mangiava le ali di pollo fritto come un principe» ricorda uno dei cameramen chiamati a documentare la serata. «Spolpava e poi allineava gli ossicini in maniera ordinata sul piatto.» Quel pasto strano e frugale ha traghettato gli artisti fino all'alba, quando si sono registrati tutti i cori e gli assolo, quando si sono finalmente spenti i microfoni. Ed è cambiata per sempre la storia della musica pop.
Il documentario su Netflix
Questi ed altri episodi di quell'epica notte sono narrati nel nuovo documentario su Netflix The Greatest Night in Pop, un esclusivo dietro le quinte della realizzazione del brano musicale più famoso del mondo. Per la regia di Bao Nguyen, i 97 minuti alternano filmati d'archivio a interviste esclusive a Lionel Richie, Bruce Springsteen, Huey Lewis, Cyndi Lauper e molti altri.