Lo sfaccettato mondo del vino abruzzese non smette mai di regalare sorprese. Non solo per le novità che spuntano fuori qua e là, segno tangibile di un settore che, pure in mezzo a mille difficoltà, resiste e tiene duro; ma anche perché spesso veniamo concretamente in contatto con i cambiamenti che avvengono all'interno delle aziende, rivoluzioni che, magari lentamente, vengono alla luce e portano a cambiamenti di stili e di obbiettivi. Fa parte di quest'ultimo caso la parabola dell'azienda della famiglia Spinelli.
Il cambiamento inciso nel Dna
«Non nasciamo come vignaioli» inizia a raccontarci Vincenzo Spinelli, che gestisce la parte commerciale, «siamo arrivati al mondo dell'uva piano piano». A questo punto è necessario iniziare a familiarizzare con la carta geografica dell'Abruzzo: «siamo in piena Val di Sangro, ad Atessa, oggi una vallata che si divide tra agricoltura e industria, ma che nel Secondo dopoguerra era quasi esclusivamente dedicata alla coltivazione di ortaggi e piante da frutto. Mio nonno Vincenzo era un mezzadro; quando il sistema della mezzadria cessa di esistere, gli vengono concessi dei terreni, pochi in realtà». È qui che inizia a mettersi in moto il tutto e l'innesco è fornito da una caratteristica peculiare della famiglia Spinelli: «Non riusciamo a stare fermi, dobbiamo cambiare pelle, innovare, fa parte del nostro Dna» confessa Vincenzo.
Con il fratello e le rispettive famiglie, nonno Vincenzo continua a fare l'agricoltore e inizia un proficuo commercio con le zone dell'entroterra montano. «Tra le merci vendute c'era anche l'uva con cui i montanari si producevano il vino. A quel punto mio nonno si accorge che si guadagna più così che con gli ortaggi». E poi la prima intuizione: "ma perché non gli vendiamo direttamente il vino?". Da qui la scommessa, il salto nel vuoto, anche in contrasto con la famiglia: «Non aveva terreni né abbastanza denaro, ma decise ugualmente di investire tutto nell'acquisto di vigneti, abbandonando le altre attività agricole. Fortunatamente tutto ha funzionato». I vigneti nel tempo sono cresciuti e si è avuta quella tipica evoluzione dell'azienda vinicola italiana: prima lo sfuso e poi, con l'ingresso dei figli in azienda, Carlo, il padre di Vincenzo, e Adriano, suo zio, si è passati alle bottiglie.
Una presenza capillare sui mercati
Sono i primi passi di una storia di successo che ha portato l'azienda a muoversi su diversi piani commerciali così come su diversi palcoscenici, tanto quello del mercato interno quanto quello dell'export: «Ci siamo concentrati su tante tipologie di mercato, ho.re.ca. ma anche Gdo, e dalla metà degli anni Ottanta ci siamo avvicinati all'estero. Negli anni Duemila il nostro fatturato era suddiviso tra il 60% dei mercati esteri e il 40% del mercato interno. Negli ultimi tempi però abbiamo voluto cambiare prospettiva. Dal 2008 abbiamo iniziato un progetto sul mercato italiano: è vero che nessuno è profeta in patria ma noi crediamo nel mercato interno e ci abbiamo voluto puntare. Oggi il fatturato è equamente diviso tra Italia ed estero».
La collaborazione con i viticoltori
Attualmente gli ettari di proprietà sono un centinaio situati tra Atessa e Lanciano. Ma l'attenzione piano piano si è spostata anche alla parte più meridionale della provincia di Chieti. Per riuscire a coprire efficacemente i vari ambiti commerciali, la famiglia Spinelli si avvale da tempo della collaborazione di fidati conferitori: «Abbiamo copiato dai più bravi – spiega Vincenzo -, dalle cooperative alto-atesine. Siamo una struttura privata ma lavoriamo con diversi viticoltori. Abbiamo chiesto loro di sposare la nostra causa e sono diventati dei veri e propri partner. Durante tutto l'anno li supportiamo dal punto di vista agronomico, ma non solo; li affianchiamo anche quando per esempio hanno bisogno di consulenze amministrative o burocratiche; diciamo loro che tipo di prodotto vogliamo e cerchiamo di garantire il miglior prezzo dell'uva. È una collaborazione molto profonda, fanno parte a tutti gli effetti dell'azienda».
Un progetto ambizioso
«La nostra forza è quella di avere la flessibilità di un'azienda familiare – continua Vincenzo - ma con la solidità di un'organizzazione molto strutturata». Caratteristiche che hanno permesso all'azienda di mettere in atto processi che hanno portato, qualche anno fa, alla creazione di una nuova linea, "Le Stagioni del Vino", di cui fa parte il Trebbiano '21 che ha portato per la prima volta i Tre Bichieri in azienda. «Il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare a un'ampia fetta di pubblico un vino buono da consumare quotidianamente. Questo è stato il nostro focus, il nostro mantra. Negli anni però abbiamo sempre aggiunto delle linee "alte", selezionate in base ai vigneti o ad annate particolarmente felici. Stavolta volevamo qualcosa in più. Una sfida ancora più stimolante. Volevamo concentrarci in particolar modo sui vini bianchi, ai quali ci eravamo dedicati un po' meno. Volevamo un vino che avesse il Dna abruzzese ma fatto con una mano, con un'idea e una scuola diversa. Per questo abbiamo deciso di coinvolgere Enrico Paternoster, un consulente enologo alto-atesino al quale abbiamo affidato la realizzazione di questa linea. Lui è stato un po' il nostro navigatore satellitare su una strada che non avevamo mai percorso. Volevamo creare una linea che lasciasse il segno e speriamo di esserci riusciti».
Il Trebbiano Le Stagioni del Vino e il primo Tre Bicchieri
Di sicuro ha lasciato il segno, almeno per quello che riguarda le nostre degustazioni, il Trebbiano d'Abruzzo Le Stagioni del Vino: il 2021 si presenta con un'elegante tratto affumicato, leggiadro, su cui poi si innestano sensazioni di erbe aromatiche e tratti piacevolmente agrumati. La bocca sfoggia un sorso di vibrante sapidità, teso, lungo e dal finale luminoso. «Non mi aspettavo il Tre Bicchieri – chiude Vincenzo - ma li abbiamo sognati tanto. Proponiamo questa linea sul mercato da tre anni, ma ci stiamo lavorando da dieci; non eravamo mai usciti in commercio perché non erano ancora i prodotti che volevamo. Quando ci siamo sentiti pronti, ci siamo buttati. Sapevamo di avere in mano una linea valida, ci credevamo tanto. E con il premio abbiamo avuto un'ulteriore conferma».