Se il buongiorno si vede dal mattino, bisogna decidere da quale parte orientarsi per decidere che giornata sarà... Certo, quando la navetta ci lascia sul vialone che porta a Vinitaly, l'effluvio di salsicce, wurstel e hamburger che ci avvolge all'ingresso non fa bene sperare! Sembra di arrivare a un mega raduno rock o allo stadio Olimpico... non certo di entrare nel tempio del made in Italy a tavola. Però ci proviamo ugualmente a cercare qualche eccellenza tricolore da riportare a casa, visto che siamo qui per trovare chicche da bere, si, ma anche da mangiare.
In cerca di cibo al Vinitaly
Facciamo un giro per capire quello che si può mangiare nella cittadella internazionale del vino italiano. Passiamo e ci fermiamo subito di fronte al ristorante del Piemonte dove ogni giorno si alterna uno chef stellato... Ieri - ci hanno informato - c'era Maurilio Garola del Ciau del Tornavent. Ci avviciniamo e leggiamo il menù. Ci allontana un po' il prezzo, 70 euro. Va beh, niente di scandaloso, ma tutto sommato non abbiamo né il tempo per 5-6 portate, né ci va di impegnare il budget di tutta la giornata per un pranzo in Fiera. Anche perché abbiamo trovato una trattoria abruzzese per la cena dove a 60 euro ci stappano un Trebbiano 2021 di Emidio Pepe e stasera puntiamo a tornarci, proprio a due passi dalla Fiera. Si chiama Frékt... Niente di più azzeccato nel simpatico dialetto che si parla all'ombra del Gran Sasso.
Da Cangrande il via
Passiamo davanti al "polo gastronomico" alle spalle dell'ingresso principale, Cangrande, ma sembra di stare tra le vaschette pronte e fredde di un supermercato e i sentori di una mensa aziendale, tra fragranze di formaggio industriale sbruciacchiato sulle piastre per i panini e altri odori che ci riportano ai sughi e brodi grassi e finti del refettorio di quando avevamo il tempo pieno alle elementari. Idem per la “mensa” alias self service al centro del padiglione dove sta lo stand del Gambero.
L'immagine di Massimo Bottura
Passeggiamo ancora un po' tra le eccellenze enologiche tricolori - ne assaggiamo pure qualcuna - e cerchiamo un altrove gastronomico. Ci blocchiamo di fronte all'immagine di Massimo Bottura che reclamizza il Tortellante e i suoi tortellini burro e Parmigiano. Per 12 euro decidiamo di assaggiarli. Certo, non possiamo dire che facciano schifo. Forse è parte del meglio che puoi trovare qui, dove tutti gli amici ci dicono che non vale la pena di provare a mangiare. Al primo impatto sono gradevoli, molto sapidi... Però poi cominciamo a storcere un po' la bocca quando s'inizia a sentire la crosta di Parmigiano della salsa e uno sgradevole sapore di pane nel ripieno. Anche la pasta ce la aspettavamo più sottile e delicata. Non che al ristorante vicino di Rana avremmo mangiato di meglio, ma neppure molto peggio!
L'illusione del pulled pork
Ci proviamo ancora col panino del food truck Al Toskano che è salito in Fiera da Sinalunga. Carne di maiali italiani marinati 24 ore e cotti a bassa temperatura, lavorate in un laboratorio di Vicenza e pronte all’uso. Profumo accattivante. Certo, nulla di leggero, così ci risparmiamo le salse e andiamo “al naturale”. La delusione si materializza col bolo che si ferma a metà, colpa del pane che era di “grani antichi” ma decisamente non molto ben lavorato. E la carne in bocca non è all'altezza del profumo iniziale.
Ci salvano gli espositori
Alla fine, cogliamo l’invito di Paride, patron di Ascolive, ad assaggiare di nuovo ravioli alla farina di foglie di olivo, ascolane e un sorso di Trebbiano ancestrale di Ciù Ciù … e pensiamo che per fortuna qualcuno che a livello di industria tiene alto il tricolore ancora c'è…