Passion in business è stato il fil rouge di questa 53esima edizione di Vinitaly, a sottolineare il lavoro fatto in questi anni da Veronafiere per migliorare sempre più l’aspetto b2b e moltiplicare le occasioni di incontro tra gli operatori del settore. Eppure la prima cosa che salta agli occhi, anche ai neofiti della Fiera di Verona, sono le tante incursioni da parte di altri mondi. Da una parte la passerella politica – ogni anno sempre più affollata - dall’altra la presenza massiccia dei grandi chef tra gli stand delle cantine. Insomma, Vinitaly ormai is the place. Il luogo dove, attorno al vino, si riunisce l’Italia che conta. Una metamorfosi, da quando era solo un insieme di banchetti del vino, che rende l’idea di quanto il comparto sia ormai diventato trainante per la nostra economia.
Il mondo politico a Verona
Partiamo dalla politica. Che già lo scorso anno, in attesa del nuovo Governo, aveva occupato gran parte della scena vitivinicola. Quest’anno a sfilare è stato sia il mondo istituzionale italiano, sia europeo. D'altronde il prossimo appuntamento elettorale è dietro l'angolo: per l'Italia, il 26 maggio con la scelta del nuovo Parlamento europeo.
Così, dopo il taglio del nastro di OperaWine 2019 (sabato scorso al palazzo della Gran Guardia), affidato al sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico Michele Geraci, il primo giorno di fiera ha visto una scaletta molto serrata. La star è stata senz’altro il vicepremier Matteo Salvini che non ha rinunciato alla divisa a tema: felpa rossa con la scritta Vinitaly, a favore di telecamere e selfie. Dal palco del talk show di inaugurazione, condotto dal giornalista e produttore vitivinicolo Bruno Vespa (una sorta di sede staccata di Porta a Porta), il ministro degli Interni non ha perso occasione per più di una stoccata diretta ai soci di Governo pentastellati: “Il vino, come le persone, ha bisogno di spostarsi e se non si muove la Tav, noi il vino lo teniamo in cantina. Porto qui in dote la promessa che l’alta velocità Brescia-Verona-Padova sarà presto sbloccata. Noi siamo il Governo del sì e del fare: non ho mai visto nessuno decrescere ed essere felice”. Non solo. Salvini è anche ritornato sul tema dell’autonomia: “Il vino è territorio e l’Italia è bella perché è diversa. Motivo per cui c’è bisogno di autonomia”.
Le altre missioni, invece, sono state annunciate dal ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio (sempre in quota leghista): “Vogliamo promuovere il brand Vinitaly nel mondo. Tra i prossimi step: la stesura di un decreto che tuteli i vigneti eroici e storici e il riconoscimento delle zone del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene come Patrimonio dell’Unesco”. Sul fronte europeo, il titolare del Mipaaft si è detto soddisfatto per il mantenimento “dei finanziamenti dell’Ocm vino, aspetto che alla vigilia non era così scontato e che assegna all’Italia le maggiori risorse finanziarie”.
E a proposito di politica europea, ha risposto all’invito di Veronafiere anche il commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan: “L’Unione europea esporta oltre 20 miliardi di euro di vino” ha ricordato “dei quali oltre 6 miliardi vengono dall’Italia. Sono convinto che i viticoltori avranno ancora più successo nei prossimi anni. Come Unione europea stiamo lavorando per costruire rapporti commerciali in tutto il mondo e la diplomazia economica sta dando grandi risultati, dall’Asia ai nuovi mercati emergenti come l’Australia”.
Presente in Fiera anche la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati e il premier Giuseppe Conte, che in quel di Verona è stato insignito del titolo di sommelier onorario dell’associazione nazionale Fisar. Giro di stand anche per il vicepremier Luigi Di Maio, arrivato nella città degli innamorati (in compagnia della nuova fidanzata) per il secondo giorno della manifestazione. “Questo è il mio quarto Vinitaly” ha detto “e mi sembra che cresca e migliori sempre di più. Qui sono presenti aziende che producono da decenni e giovani start up, inoltre avanza sempre più il vino biologico, grazie alla maggiore responsabilità nei processi di produzione”. Giro di calici e pace fatta con il sindaco Federico Sboarina, dopo il botta e risposta a distanza in occasione del Family Day della scorsa settimana.
I grandi chef incontrano i grandi vini
Politica a parte, a tenere viva l’attenzione mediatica ci hanno pensato anche i grandi chef italiani. Un vero tripudio tra gli stand della fiera: in molti casi dei testimonial, in altri i protagonisti dei pranzi in fiera. Comunque, un’attrazione che ha garantito per i quattro giorni dell’evento l’effetto spettacolarizzazione.
Partiamo dalle Marche, dove si son ritrovate sotto lo stesso “tetto” due eccellenze regionali: la cantina Velenosi e lo chef di Senigallia Moreno Cedroni, un connubio vincente che ogni giorno, nello stand della cantina picena, all’ora di pranzo, ha allietato le visite di operatori e buyer. Allegrini si è, invece, affidata a Carlo Cracco, che oltre a curare la cena di gala della cantina veneta, si è occupato dei pasti allo spazio in fiera. Stessa regione, altro stand e altro nome di peso: la famiglia Zenato ha scelto come testimonial Gianfranco Vissani che, per celebrare il territorio, ha proposto un risotto alla zucca gialla con farina di Amarone. Formula light lunch per la cantina Motelvini che, per il “pranzo della domenica” e per presentare la sua nuova bottiglia di Asolo Prosecco Superiore Docg limited Edition 1881 (realizzata dalla designer Chiara Andreatti), si è affidata allo chef Graziano Prest del ristorante Tivoli di Cortina d’Ampezzo.
Duca di Salaparuta ha, invece, approfittato di Vinitaly per presentare la partnership tra la linea Corvo e lo chef Bruno Barbieri: sarà l’inizio di un percorso di sinergia per promuovere il rosso siciliano in giro per il mondo.
Nel Lazio, anche la storica azienda Gotto d'Oro (solitamente associata a vini da largo consumo) ha lanciato la nuova linea d Vinae Domini. Lo sponsor di questo nuovo progetto? Il ristorante Pipero di Roma con il patron Alessandro Pipero e lo chef Ciro Scamardella, che lunedì ha proposto una “merenda” in abbinamento ai vini della cantina.
In Puglia, anche la cantina Varvaglione 1921 ha scelto un abbinamento di tipo autoctono: tre chef del territorio per i tre giorni clou dell’evento. Nell’ordine, Agostino Bartoli del Gatto Rosso di Taranto, Stefano D’Onghia di Osteria Botteghe Antiche di Putignano e Francesco D’Aprile del ristorante Le Macare di Alezio. Sempre in Puglia Gianfranco Fino ha chiamato invece Gianfranco Pascucci che ha presentato i rigatoni con lo stracotto di tonno e sempre Gianfranco Pascucci ha reinterpretato gli scampi in vapore d'erbe da Filette.
E l’elenco potrebbe continuare, soprattutto se si considerano anche le cene di gala al di fuori del perimetro fieristico (da quella dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini affidata allo chef Errico Recanati a quella di Cantine Pasqua, con Chicco Cerea). Ma quello che conta è che a Verona c’erano tutti. Davvero tutti. Forse quel mantra del fare sistema e di legare il vino italiano alla cucina, oggi ha trovato una sua concretezza, facendo di Vinitaly – senza timore di smentita - il Salone del vino a più alta densità di cucina d’autore.
a cura d Loredana Sottile