I segnali c’erano tutti già a cavallo tra 2021 e 2022, gli analisti lo avevano ampiamente annunciato e anche le grandi insegne della distribuzione moderna erano pronte alla retromarcia dei consumi. Ora, dopo nove lunghi mesi in cui - tassello dopo tassello – si sono accavallate, sovrapponendosi, le conferme di un raffreddamento della crescita registrata nel biennio pandemico, il canale Gdo e retail sembra aver voltato le spalle all’industria vitivinicola. In questo, l’inflazione ha giocato un ruolo fondamentale, determinando quel temuto effetto trading down da parte del consumatore, che ha scelto di tirare la cinghia a spese del prodotto vino. Atteso da tempo, arriva tra gli scaffali l’effetto pesante della crisi economica. I dati Nielsen, elaborati da Uiv e Ismea, dicono che le famiglie sono ora meno disposte a spendere per prodotti come il vino nel canale moderno, e-commerce compreso. Non si salvano nemmeno gli spumanti.
Persi 55 milioni di bottiglie
Certamente, va evidenziato che 2020 e 2021 sono stati anni eccezionali, quasi drogati dall’effetto Covid sugli acquisti nella grande distribuzione organizzata, favorita dai semi lockdown del comparto Horeca. Non era possibile, inoltre, credere a un 2022 capace di ripetere le performance di un 2021 che è riuscito a toccare quota tre miliardi di euro di spesa nei 12 mesi terminanti a dicembre scorso. Di fatto, Gdo e retail hanno perso nei nove mesi successivi ben 55 milioni di bottiglie equivalenti. E a giocare a sfavore sono stati l’incremento delle materie prime e la crisi energetica che hanno spinto in su i prezzi scoraggiando gli acquisti. Inoltre, secondo le stime rilasciate dall’Osservatorio Uiv-Ismea, l’autunno-inverno 2022-23 non sarà molto diverso da quanto visto in questa prima parte dell’anno. Il rischio, quindi, è che la filiera si trovi in deficit, per la prima volta dopo anni, proprio sul mercato interno.
Prezzi in alto per effetto dell’inflazione
L’off trade comincia a mostrare i segni di difficoltà, scrivono Uiv e Ismea che, tra gennaio e settembre 2022, rilevano una perdita di 5,6 milioni di ettolitri – al di sotto anche dei livelli pre-Covid – equivalenti a 55 milioni di bottiglie, vale a dire un 6,9% in meno rispetto ai nove mesi del 2021. Anche la spesa nei supermercati è scesa del 3,5% a quota 2 miliardi di euro, nonostante il prezzo medio sia lievitato progressivamente del 7% nel secondo e nel terzo trimestre. Secondo l’Osservatorio, l’incremento dei prezzi, dettato esclusivamente da una spinta inflazionistica “ancora sottostimata rispetto al reale surplus di costi accusati dalle imprese del vino” (basti pensare al caro energia, ne avevamo parlato sul Tre Bicchieri del 13 ottobre) ha creato un effetto zavorra per le vendite di vino “in attesa di un inverno ancora più difficile per gli italiani”.
I vini Dop sono i più colpiti
Che cosa è successo, in particolare, alle tipologie? I nove mesi del 2022 segnano un calo dei volumi per tutti vini. Nel dettaglio, i fermi perdono il 7,5%, gli spumanti sono meno colpiti (-2,2%) grazie alla crescita in doppia cifra del segmento degli spumanti secchi “low cost”, che ha passato questo difficile periodo con un prezzo medio invariato e, soprattutto, inferiore del 30% rispetto alla media di categoria. Nel segmento specifico dei vini fermi, Uiv e Ismea segnalano perdite quasi in doppia cifra per i rossi (-9,2%), a fronte di un -6% dei bianchi e di un -3,8% dei rosati. “I più colpiti dalle riduzioni di consumo risultano i vini Dop” scrive l’Osservatorio. I primi nove mesi si chiudono, infatti, a -8,7% in quantità (che diventa -11,5% per i rossi Dop), a fronte di un -8,1% per i vini Igt, mentre i vini comuni chiudono il saldo del periodo gennaio-settembre a -6 per cento in quantità e -2% a valore.
a cura di Gianluca Atzeni
L’articolo completo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 20 ottobre 2022
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