Da Melbourne al Gippsland. Ecco cosa e dove mangiare durante un viaggio in Australia

28 Dic 2024, 12:49 | a cura di
Ecco l’Australia più golosa e in fermento: da Melbourne al Gippsland tra cocktail bar, cucine e bistrot, aziende agricole e cantine da non perdere

Se l’Australia del gusto ha una capitale, questa è senza dubbio Melbourne. Accogliente e viva, il primo luogo da visitare per captarne vibrazioni e anima è il suo mercato principale: il famoso Queen Victoria Market dove batte il cuore (non solo gastronomico) della città. Al servizio degli abitanti di Melbourne da oltre 140 anni, il Vic Market (o Queen Vic, come viene affettuosamente chiamato l’anticomercato) è stato aggiunto alla National Heritage List per i suoi legami con i primi coloni e per la sua capacità restare al servizio dei cittadini fino a oggi attraversando tendenze, mode, terremoti politici e sociali. Qui sono oltre 600 le piccole imprese locali che vendono di tutto: trovate frutta e verdura australiana, pesce fresco in decine e decine di specie, carne di canguro e dei pregiati manzi locali, food truck che propongono da piatti di pesce fino alle ciambelle dolci, birrifici e perfino gelatieri italiani. Un mondo da scoprire anche attraverso la visita guidata, organizzata dal mercato stesso, con l’Ultimate Foody Tour guidato dalla voce radiofonica di Mandy Kennedy.

Un piatto di frutti di mare provenienti da Lakes Entrance

La giovane Melbourne per foodies

I ristoranti in cui tuffarsi nella colorata cucina australiana sono tanti. Ve ne raccontiamo alcuni tra i più interessanti, a partire da Parcs, animato dal trio composto da Damien Neylon e Amelia Hussey ai fuochi e dalla direttrice Shakheal. Qui la cucina è ridotta al minimo, sostenuta da un wok, una griglia a carbone e un fornello a induzione. Il resto lo fanno le fermentazioni che sono le protagoniste dei piatti di Parcs: ristorantino dove tutto, o quasi, è fatto in casa, tranne – e sono da provare – le ostriche autoctone “bloody mary” e il Polpo, caffè e farro.

Farmer’s Daughters

I piatti icona di Aru: da assaggiare al bancone

Dello stesso gruppo fa parte Aru che prende il nome dall’insieme di isole che gli antichi navigatori visitavano lungo la rotta Indonesia-Australia. Nelle mani dello chef Nico Koevoets, è il ristorante perfetto per chi ama starsene seduto al bancone fronte cucina e ammirare i cuochi a lavoro mentre si dedicano alle preparazioni su griglia e alla gestione della fiamma viva. Aru propone una cucina “raw”, quasi primordiale, che spazia dall’Asia orientale all’Australia settentrionale con piatti-icona come l’anatra stagionata a secco per 14 giorni (ispirata a quella pechinese) arricchita da ingredienti nativi australiani.

Una preparazione di chef Peter Gunn da Ides

Due tavole fuori dai menu turistici

C’è poi Farmer’s Daughters, frequentatissimo sia a pranzo che a cena da locals e turisti, sviluppato dallo chef Alejandro Saravia, è un locale su tre livelli situato all’interno del prestigioso 80 Collins Precinct. La sua forza è lavorare con agricoltori e produttori del Vic Marketper una vera esperienza “dalla fattoria alla tavola”. Ottimo a pranzo, frequentato dai “locali”.
Un altro fuori classe è il neozelandese Peter Gunn, anima di Ides. Approccio informale in un locale piccolo e dalle luci soffuse con una cucina di livello in cui l’esperienza inizia in una sala adibita a cocktail bar. Situato nel sobborgo più alla moda della città, questo ristorante offre menu degustazione vigorosi. Gli abbinamenti sono altrettanto irriverenti e spaziano dal sake alle birre e ai vini macerati.

Big Esso by Mabu Mabu

Dalle influenze cinesi al cibo del bush

Society, è una nuova destinazione gastronomica nel cuore del quartiere alla moda di Collins Street: cucina contemporanea di ispirazione europea accompagnata da un’immensa proposta beverage. Una cantina di 10.000 bottiglie, tutte sbicchierabili tramite Coravin, e un’esperienza memorabile da fare al tavolo con l’arrivo del carrello dei cocktail vintage da abbinare alle sontuose bistecche di wagyu. Sentirete anche parlare di Super Normal: creato dallo chef-imprenditore Andrew McConnell, è un ristorante informale dall’atmosfera giapponese che non dovete perdere: dietro al lungo bancone un plotone di chef lavora in piena vista dalla sala da pranzo. Molta influenza cinese nel menu: un’eco del tempo trascorso da McConnell a Shanghai e Hong Kong. In ultimo, ma non ultimo, Big Esso by Mabu Mabu dove, in piena Fed Square, viene servita una grande varietà di bush tucker, ovvero del cibo originario dei nativi indigeni. Lo chef Nornie Bero è più che orgoglioso di riportare il cibo e la cultura nativi sulle rive del Birrarung, il fiume che scorre nella città e che un tempo era habitat di anguille, squali, delfini e razze. Da provare la lingua di kodal (coccodrillo) arrostita e curry rosso al tè.

La scena della mixology a Melbourne

Ci ha accompagnati alla scoperta della mixology di Melbourne Orlando Marzo (World Class bartender of the year 2018), un italiano trasferitosi da oltre un decennio e fondatore di Loro, linea di cocktail imbottigliati. Insieme entriamo nello speakeasy Mille Place Merchants: si passa da un camerino in stile vittoriano e ci si ritrova in un salone storico (dichiarato Patrimonio dell’Umanità e risalente al 1840) un posto che sa di tempi andati con cocktail rigorosamente classici abbinati a un ampio menu di cui si occupa il navigato chef Deepak Mishra. Apollo Inn all’angolo tra Flinders e Hosier Lanes, è uno spazio intimo e invitante che si ispira agli intramontabili cocktail bar europei. Cameron Parish, bar manager, vi accoglie in questo salotto fatto di eleganza anni ‘50. C’è poi la colta e innovativa proposta di Byrdi nelle mani dei pluripremiati creatori, Luke Whearty e Aki Nishikura. L’impegno per gli ingredienti autoctoni è evidente nel loro menu stagionale che cambia spesso con offerte innovative tra ingredienti affumicati, fermentati o macerati. Apriamo così l’ultima porta per far il nostro ingresso nell’unico locale inserito tra i World’s 50 Best Bars: Caretakers Cottage, del trio Ryan Noreiks, Rob Uldis Libecans e Matthew Stirling, sta in un cottage storico con più di 100 anni nel cuore di uno dei quartieri del CBD di Melbourne (Central Business District): godetevi qui la scelta musicale del dj che ogni sera presenzia dietro il bancone bar condividendolo con i bartender, e provate la proposta cocktail “House Martini”.

Il Queen Viktoria Market a Melbourne

Fuoriporta: il Gippsland e le sue 50 cantine

È giunta l’ora di scoprire l’ameno Gippsland e le sue eccellenze enogastronomiche in una che potremmo definire una “gita fuoriporta” e che dista da Melbourne un paio di ore di auto.
Con le sue circa 50 aziende vinicole, la regione si estende per 400 km da Phillip Island al confine con il Nuovo Galles del Sud: una terra verde incastonata tra foreste di montagna e il selvaggio Stretto di Bass. Qui nascono acclamati Pinot Noir ed eleganti Chardonnay, oltre a validi Riesling, Pinot Grigio e Shiraz che si dividono la “scena minore” con Viognier, Sangiovese, Grenache, Nebbiolo, Gamay e Grüner Veltliner. Il Gippsland è oggi visto come una “stella nascente” della scena vinicola australiana già nota per i vini del Sud, soprattutto McLaren Vale e Barossa Valley. La sua collocazione ed estensione ne fanno davvero una delle realtà vinicole più interessanti: è vicina a una grande città, ha un elevato know-how vitivinicolo, vive un bel fermento culturale, è molto orientata al bio… Insomma, è una terra davvero promettente e su cui si punta: i giovani viticoltori sono agevolati nell’acquisizione di terreni da coltivare, nell’affitto di vigneti già avviati, nella gestione di vigne che siano state abbandonate dai precedenti agricoltori. Molti come Bill Downie e Rachel Needoba (William Downie Wines), Marcus Satchell e Lisa Sartori (Dirty Three), Justin e Lisa Jenkins (Fleet), Al Johnson e Adriana D’Amico (Bandicoot Run), Rob e Tom Lightfoot (Lightfoot), Alysha Moscatt e Lucy Kendall (Allevare), sono nati qui, hanno studiato e lavorato all’estero e sono qui tornati.

La svolta e la modernità in vigna e cantina

Ma da dove è partito tutto? Ci sono alcune famiglie pioniere del Gippsland che producono ancora vini da vigneti che hanno iniziato a piantare dalla fine degli anni ‘70 fino agli anni ‘90, come Ken e Juliet Eckersley (Nicholson River), Harry Friend (Narkoojee), John Ellis (Bellvale) e Tony e Fleur Dawkins (Glenmaggie). Veri e propri pionieri, hanno provato molte varietà prima di capire cosa ben attecchiva e prosperava. Gran parte del vino prodotto inizialmente rifletteva anche i gusti dell’epoca: cabernet sauvignon, merlot e chardonnay concentrati e d’impatto. A guidare la strada che ha portato il Gippsland a ritagliarsi un posto sulla mappa vinicola del mondo è stato Phillip Jones (conosciuto come Bass Phillip): il suo eccezionale Pinot Noir è stato un faro e ha attirato l’attenzione da parte di tutto il mondo, Borgogna in primis.

Giovani viticoltori, chef e professionisti dell’ospitalità hanno iniziato a (ri)scoprire questa terra che offre spiagge deserte, il richiamo selvaggio dei boschi e la possibilità di potersi permettere un appezzamento di terreno fertile. Oggi il Gippsland ha una delle culture gastronomiche più vivaci della nazione, con una comunità di agricoltori, viticoltori, macellai, fornai e chef che lavorano insieme per creare una nuova regione-destinazione dal grande valore edibile.

Cucina povera nel regno della musica

In particolare, merita una visita la graziosa cittadina di Meeniyan, conosciuta anche come la capitale della musica del South Gippsland: qui ci sono i fratelli Laera a deliziare nel loro Trulli Cucina Povera. Come è facile intendere, i due vengono dalla Puglia, Francesco il maggiore arrivò qui ormai oltre un decennio fa e il più giovane Claudio ha provato come tanti italiani a scommettere su una vita australiana e qui è restato. Un ristorante accogliente dove le ricette della cucina italiana (soprattutto quelle delle loro origini) sono proposte fedelmente per la felicità degli italiani che passano da qui ma soprattutto per i tanti locals e turisti che possono godere di pizze cotte nel forno a legna, pane sfornato quotidianamente, latticini freschi e saporiti, primi piatti di livello e calorici e gustosi cannoli ripieni di ciocciolato e crema.

Sodafish a Ninety Mile Beach: qui giunge il meglio del pescato giornaliero dalla costa. Foto di Ben Savage

Dal sidro di mele ai sapori della cucina marinara

Poco distante c’è un posto che vale parecchio la pena visitare, la Curneys Cidery: questo, dove si vedono i monti da un lato e il mare del Wilsons Promontory National Park dall’altro, è il regno della famiglia Gurnett emigrata dall’Inghilterra oltre 20 anni fa e appassionata della produzione di sidro. Dopo anni di ricerca del terreno perfetto per i loro alberi di mele, trovarono i perfetti 70 acri dove oggi vive la loro sidreria che ospita la più grande cantina sotterranea di sidro al mondo, The Arches.
Procedendo ancora verso est, il Gippsland si trasforma in una regione acquatica: da un lato il mare, dall’altro i Gippsland Lakes, il più esteso paesaggio lacustre ininterrotto di tutta l’Australia, si tratta di un’enorme riserva ecologica con molte isole. Sulla Ninety Mile Beach, il lago e il mare arrivano quasi a toccarsi. Dovrete quindi appuntare il nome del ristorante Sodafish dove giunge il meglio del pescato giornaliero di Lakes Entrance.

Loch Brewery & Distillery

Le sperimentazioni di due giovani vignaioli

Trovate del tempo per visitare anche la Lightfoot Wines caratterizzata dal suo ricco terreno rosso dove viene svolta un’agricoltura biologica e una vinificazione tradizionale. Rob e Tom Lightfoot hanno studiato all’estero prima di metter mano all’azienda di famiglia. Il loro approccio alla vinificazione è un connubio tra tradizione ed esplorazione, la vinificazione classica viene rispettata ma le sperimentazioni per capire fin dove la terra possa spingersi permette loro di divertirsi e provare sempre qualcosa di nuovo.

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