La verticale di cinque annate di Brunello della cantina Pietroso si è tenuta nella sala degustazione vetrata con vista sul versante più selvaggio di Montalcino: unico tocco glamour in una cantina spartana ed essenziale, dove i mosti fermentano spontaneamente – con una macerazione di circa tre settimane – e l’affinamento avviene nelle classiche botti grandi di rovere austriaco di Garbellotto. L’esito è abbastanza sorprendente: al di là di 2019 e 2015, entrambe figlie di stagioni fortunate, convince più del previsto la 2018, più fragile e appena diluita ma di finezza stregante. Bene la 2013, solida e potenzialmente molto longeva. Leggermente evoluta la 2010: è l’annata della svolta, che in molti casi si è rivelata più adatta al consumo nel medio termine che ai lunghi invecchiamenti.
La verticale di Pietroso, però, è anche l’occasione giusta per scoprire una novità da una quinta vigna, acquisita da Gianni e Cecilia di recente. In precedenza la gestivano in affitto e ne ricavavano il Villa Montosoli, vino declassato ad IGT per via della presenza nell’appezzamento di piante vecchie di altri vitigni autoctoni: di fatto un antesignano di molti Brunello targati “Montosoli” che sono usciti negli ultimi anni.
La nuova etichetta dalla vigna Montosoli, che proviene dal nuovo impianto e rende omaggio a Domenico Berni, esce un anno prima del Brunello e ha trascorso il secondo anno di affinamento in contenitori più piccoli (botti da 1.000 litri e tonneaux con una capienza di circa la metà); eppure rispecchia le caratteristiche di quello che – per posizione non eccezionalmente elevata ma in prossimità del confine nord della denominazione, in una zona ventosa e caratterizzata da escursioni termiche notevoli – sta diventando il Cru più importante di Montalcino.
L’esperienza del Montosoli fa insorgere qualche riflessione più complessiva, a partire dal dubbio sull’effettiva necessità di continuare a tenere il vino a riposo per cinque anni in un’epoca in cui il clima sempre più torrido mitiga da solo le asperità in eccesso. Mentre, aspettando troppo, si finisce alle volte per perdere il frutto meraviglioso del Sangiovese nella sua fase giovanile. Rappresenta un passo ulteriore in avanti nella ricerca di soavità ed eleganza: doti indispensabili per contrastare la tanto lamentata crisi dei rossi strutturati, un’ombra che a Montalcino s’intravede solo estremamente lontana all’orizzonte, ma che non può essere totalmente trascurata.
95/100
Brunello di Montalcino 2015
Annata molto quotata, ma un po’ calda. Lo si evince dall’esordio scuro di legno arso, cuoio e sottobosco; guadagna progressivamente delineazione e lascia emergere ciliegia candita, erbe spontanee e pot-pourri. Avvolgente, con frutto più carnoso e maturo rispetto alle annate precedenti, ma anche un guizzo rinfrescante di arancia sanguinella che sostiene l’allungo notevole, in bilico tra balsamicità soave e ritorni più profondi, ematici e terragni.
94/100
Brunello di Montalcino 2019
Trasmette la ricchezza tipica del millesimo, ma in un contesto di grande finezza ed equilibrio, con un soffio terragno che anticipa profumi delicati di frutti di rovo croccanti, arancia amara, viola mammola e qualche accenno balsamico. Di medio peso, ma energico e incisivo; il tannino asciuga senza graffiare, acidità incalzante e ritorni ematici delineano una progressione trascinante. Da abbinare subito alla canonica bistecca di chianina o lasciar riposare in cantina.
94/100
Brunello di Montalcino 2013
Timido sulle prime e quasi più giovanile del ‘15. Erbe disidratate, fiori in appassimento e qualche sfumatura ematica prevalgono sul frutto scuro e ancora acido. Tonico e senza orpelli, quasi severo se paragonato al precedente, ma ugualmente accattivante, con tannino magistralmente estratto e acidità reattiva, rimandi boschivi e balsamici a siglare la chiosa sontuosamente austera.
93/100
Brunello di Montalcino 2018
Completamente diverso dal 2019: dolcezze floreali e di gelatina di lamponi s’intrecciano con pepe bianco, cannella e un accenno vegetale. Delicato e composto, sicuramente meno articolato, ma convincente per equilibrio tra tannino educato, acidità integrata e frutto di splendida succosità che sfuma in un finale arioso, dagli intarsi balsamici e floreali.
92/100
Brunello di Montalcino 2010
L’unico della cinquina che mostra segni chiari di evoluzione: humus, tartufo nero e scatola da sigari incorniciano durone e gelso. L’acidità è vispa e il tannino puntuale, ma è un po’ più scuro e asciutto dei precedenti, con toni di cacao in polvere e sottobosco a dare spessore, finale ematico e un po’ autunnale. Da stappare adesso in accoppiata con qualunque pietanza della tradizione toscana.
Le altre etichette
95/100
Berni Domenico Toscana Sangiovese IGT 2020
Scomoda subito paragoni ostinati con la Borgogna: colore chiaro e scintillante; corredo ammaliante di lampone, susina, rosa canina, legno di sandalo e incenso, con la parte selvatica del Sangiovese ilcinese che fa capolino nelle retrovie. Ugualmente soave in bocca: balsamico, arioso, carico di frutto rosso goloso che dà ampiezza ed armonia, inglobando tannini ben estratti e acidità vibrante, e sfumando un finale ampio e lieve allo stesso tempo, in pieno stile Montosoli.
92/100
Rosso di Montalcino 2022
Delicatissimo di violetta,ribes ed erbe aromatiche, con un soffio vegetale a rafforzare il senso di freschezza. Leggero ma non fragile, imperniato su acidità guizzante e tannini sottili che accarezzano il frutto succoso e danno grinta al finale preciso e invitante. Perfetto con la cucina di tutti i giorni.