Torna a Torino sabato 22 e domenica 23 febbraio, negli spazi aulici del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano a Palazzo Carignano, il Salone del Vermouth. Un salone in un museo storico, nel palazzo barocco dove è nato Vittorio Emanuele II, fra statue e dipinti, non è cosa abituale, ma in questo caso è una sede ideale visto che Torino è la città del vermouth, amatissimo alla corte sabauda. Una targa in piazza Castello celebra Antonio Benedetto Carpano che nel 1786 nella sua bottega vicina al Palazzo Reale avrebbe inventato quello speciale vino bianco con spezie e piante aromatiche, prima fra tutte l’artemisia, in tedesco Wermut.
Da allora sono passati più di due secoli, sono nate e scomparse aziende di produzione - nell’800 a Torino, specie in borgo San Donato e dintorni non si contavano le aziende - e il vermouth ha via via consolidato la sua immagine legata al Piemonte e soprattutto a Torino. Martini con il suo socio Rossi, il farmacista ed enologo Carlo Gancia, gli eredi Cinzano, e poi Anselmo, Bosca, Mulassano, Cora, Giovanni Chazalettes con il vermouth dedicato alla Regina Margherita, amato dalle signore. Nomi diventati famosi anche all’estero, spesso seguendo i percorsi dell’emigrazione piemontese verso l’America, del Sud e del Nord. E oggi anche un Consorzio del Vermouth, costituito nel 2019 per tutelare, promuovere e valorizzare il vermouth di Torino IGP. Con cinque milioni di bottiglie prodotte, un export in più di 80 Paesi, consumi in crescita il vermouth fa sempre più tendenza, in Italia e nel mondo.

Il Salone è preceduto da una settimana di fuori salone con degustazioni e cene sparse in tutta la città, ed eventi nei luoghi culto del vermouth: il Museo Carpano all’interno di Eataly Lingotto, il Museo Lavazza, la Nuvola Lavazza, l’Officina della Scrittura, Casa Martini, i caffè storici. Nelle sale di Palazzo Carignano, il Salone vero e proprio vedrà 37 produttori fare cultura intorno ai propri prodotti, con racconti e degustazioni ad hoc, dalla mixology - il Vermouth è ingrediente base di molti cocktail internazionali, dal Negroni all’Americano al Martini – al vermuttino liscio, una riscoperta dalla tradizione sabauda.

Nuovi vermouth, anche no alcol
Il vermouth è più creativo che mai. Tra i produttori al Salone si scoprono nomi meno noti di aziende innovative. Come Mancino che punta all’innovazione con il Marino, il primo vermouth raffinato sott’acqua a -52m nelle acque di Portofino, Baldoria Vermouth, giovane distilleria di Boves in provincia di Cuneo con l’edizione limitata del Wild Plum, vermouth che utilizza le prugne secche del Parco Naturale delle Alpi Marittime. Il vermouth più nuovo è Canone Occidentale dell’azienda torinese di Spirits Rhodia, fatto con vino ed erbe del territorio, e ancora il Vermouth di Torino Rosso Tetti Battù, la prima linea di vermouth ufficiale del ristorante Opera Ingegno e Creatività, realizzato da Cascina Tetti Battuti di Chieri, storica azienda della famiglia Cometto, già proprietaria del ristorante. Altra novità è Mu,vermouth preparato con botaniche della Val di Susa dal biologo nutrizionista Andrea Balestrini. E pure un vermouth no-alcol, VRMH, prodotto in Francia da Inps Spirits.
Il vermouth ritrovato
Particolarmente interessanti e affascinanti le storie di vermouth perduti che rinascono. Come Ballor azienda fondata nel 1856 a Torino da tre francesi, Paul Ballor, Emilie Roussette ed Henri Freund. Molto presto la Ballor & C.IA sposta il proprio stabilimento a Cambiano lungo la tratta ferroviaria che collegava Torino a Genova. Una mossa strategica per movimentare più velocemente le spedizioni. Così il vermouth Ballor diventa famoso, prima a Casa Savoia (il Re nomina Ballor “Sovrintendente del Re d’Italia”) e poi a Firenze, Londra, Dublino, Parigi, Chicago, New York. Oggi la famiglia Bonollo di Padova ha recuperato il marchio ormai perduto e lo ha fatto rinascere, riprendendo una tradizione di produzione antica, dalla ricerca delle botaniche alle fasi di lavorazione. Risultato un vermouth intenso e vivace, con note speziate di chiodi di garofano, cannella e sentori fruttati di dattero, arancia candita, note marsalate conferite dal vino. Come nella ricetta di Paul Ballor che ottenne per il suo vermouth 13 medaglie d’oro e 12 diplomi d’onore.

Altra riscoperta è il Vermouth Trinchieri, grande vermouth torinese perduto. Una storia particolarmente affascinante. In Barriera di Lanzo, in via Tesso 8, si trovavano i locali della fabbrica di liquori Trinchieri. Forse nata già nel 1904, si costituisce come Società Anonima nel 1906, e ha tra i suoi azionisti altri importanti imprenditori come Gustavo Talmone, della celebre azienda di cioccolato, ma anche impiegati, artigiani, commercianti. L’industriale Annibale Trinchieri e il figlio Ulisse utilizzano inizialmente gli immobili di via Tesso come deposito merci per i locali che possedevano in centro a Torino, fra i quali anche il famoso caffè San Carlo: la barriera era fuori della cinta daziaria eretta nel 1853, e quindi non soggetta all’imposta daziaria sulle bevande. Tra il 1906 e il 1907 si apre persino una filiale a Milano (ma chiude dopo un anno) e viene ampliato il fabbricato in via dove nel 1911 lavorano 57 operai. Qui viene prodotto il vino chinato, must dell’azienda, esportato soprattutto in Sud America dove sono presenti numerose comunità di emigrati piemontesi, e il vermouth.

Poi per la concorrenza dei grandi gruppi industriali del settore e le difficoltà del dopoguerra, Trinchieri chiuderà i battenti negli anni Cinquanta. La sua riscoperta si deve a un giovane imprenditrice, Irene Fusi che per caso –suo padre, collezionista, aveva recuperato l’edificio di via Tesso per tenervi mobili, quadri e oggetti vari – si imbatte nelle tracce della Fabbrica di Liquori Trinchieri e decide di far rinascere il vermouth della casa. Con la collaborazione di esperti, come Fulvio Piccinino, il vermouth Trinchieri, bianco e rosso, prodotto da Bordiga di Borgo San Dalmazzo nel Cuneese, è oggi una realtà, nelle bottiglie con la storica etichetta. Ma il progetto di Irene Fusi non si ferma qui: c’è l’idea di riaprire lo spazio della vecchia fabbrica di via Tesso e fare uno spazio di socialità, fra degustazioni, narrazioni, spettacoli, cinema, eventi. Nello spirito originale del vermouth, che oggi torna a fare tendenza.