Valencia, il giorno dopo: l'agenzia meteorologica spagnola ha finalmente allentato l'allerta sulla città, mentre il fronte si è spostato verso Barcellona dove per fortuna Dana non pare aver provocato lo sfacelo di Valencia: strade allagate, treni e aerei soppressi, scuole e università chiuse; «A Barcellona danni minimi» ha dichiarato il sindaco Jaume Collboni.
A Valencia è il tempo dei soccorsi e delle critiche
Nel frattempo, però, nell'area più colpita dalla pioggia e dalle alluvioni, è stato il giorno della visite ufficiali, delle contestazioni anche cruente sulla tempistica dell'allerta e dei soccorsi, della corsa contro il tempo per trovare qualche sopravvissuto o dare giusta sepoltura ai defunti scongiurando il pericolo igienico sanitario legato a malattie e infezioni, contaminazioni di acqua e cibi. Il tutto con il peso sul cuore di una drammatica conta: quella del numero delle vittime - al momento oltre 200 – che pare destinato inesorabilmente a salire visto che i dispersi sono almeno cinque volte di più. Anche per questo i lavori procedono senza sosta con tantissimi volontari impegnati ognuno come può per portare aiuti e ristoro a chi si trova nelle zone devastate. Molti gli sfollati o le persone senza accesso all'acqua. E proprio in questa circostanza la macchina della solidarietà si è messa in moto con una partecipazione spontanea che ha superato di gran lunga, per dimensioni e tempestività, quella ufficiale: i mezzi pesanti dell'esercito necessari per rimuovere ammassi di rottami sono arrivati dopo tre giorni dopo, mentre all'indomani della devastazione si sono mosse carovane di aiuti: in tantissimi, a piedi, hanno raggiunto i centri più colpiti portando attrezzi per scavare e liberare strade ed edifici, ma anche acqua e cibo.
Le cucine improvvisate
Hanno fatto il giro del mondo le immagini di alcuni migranti che hanno improvvisato fuochi tra le macerie per preparare pasti caldi per chi ne aveva bisogno. Sfollati tra gli sfollati, arrivati da paesi difficili – tra gli altri Afghanistan e Sira – hanno usato le scorte di un hotel che li ospitava, anch'esso allagato, per sfamare tutti. Una versione meno strutturata di quanto fa José Andrés, il cuoco che con il suo World Central Kitchen porta cibo ovunque ce ne sia bisogno con le sue cucine da campo che monta in quattro e quattr'otto in mezzo mondo. Un progetto meritevole e premiatissimo (è stato persino candidato al Nobel per la pace), ma non esente da rischi. Oggi Andrés, da anni stabilitosi negli Stati Uniti, torna nella sua Spagna con un punto di distribuzione a Paiporta, tra le città più colpite.
Non è l'unico: la città è un punto di riferimento gastronomico e in molti chef sono scesi in campo per aiutare, anche Quique Dacosta (cui Dana ha distrutto il ristorante alle porte di Valencia) e Ricard Camarena sono impegnati in prima persona per provvedere alle esigenze della popolazione più colpita. Dopo i primi momenti di cordoglio, sono subito scesi in campo per fornire cibo e assistenza a chi ne ha bisogno. Basta guardare i loro canali social per vedere le operazioni in corso: richieste di aiuto e raccolta fondi e generi di prima necessità; e poi tantissimo lavoro negli stabilimenti industriali di Costa Brava Mediterranean Foods messi a disposizione per preparare pasti per quante più persone possibile, un lavoro enorme di decine di persone coordinate da Camarena: 3mila razioni di polpette, chili e chili di lenticchie, milioni di crocchette, 3mila porzioni di pollo fritto e «tutto quello che il tempo ci permette di cucinare».
Tutti sono coinvolti: non solo i molti ristoranti della città, ma anche il Mercado Colon e il Central che si sono messi a disposizione dei cittadini con il sostegno di chi quei mercati li abita quotidianamente. Un'ondata di partecipazione che fa dire allo chef che «non possono gestire più cibo o volontari».