Cosa rende un piatto, un pezzo di storia della gastronomia? È la capacità di incarnare lo spirito dei tempi o di rompere gli schemi? È l'estro? Il genio? La creatività? O è quando innesca una trasformazione anche al di fuori dell'ambito ristorativo, entrando nella vita comune? Oppure c'è qualcosa di imponderabile che ha a che fare con dei cortocircuiti che parlano alla testa al cuore e ai sensi delle persone? Sono queste riflessioni che hanno dato il là al corposo volume firmato da un team di critici gastronomici internazionali. Che raccontano aneddoti storie, genesi, padri e madri, antenati dei piatti che hanno segnato la gastronomia mondiale: 240 creazioni narrate attraverso parole, illustrazioni e ricette. La base per definire un moderno canone culinario.
Quando un piatto fa storia
Un viaggio che attraversa i confini del tempo e dello spazio, per intercettare quei cibi diventati capisaldi della gastronomia mondiale: si tratti di ricette casalinghe o pietanze d'autore, di creazioni originali o interpretazioni famose, sono tutti entrati nell'immaginario comune.
Si pensi al Risotto oro e zafferano di Gualtiero Marchesi, che negli anni '80 prese il classico meneghino e lo riempì di nuovi significati, perfetta espressione di un'epoca, dei suoi rimandi culturali e di una certa vocazione all'edonismo. Ma ci sono anche i Panini ripieni di carne di maiale di David Chang, che ha portato lo spuntino tipico di Taiwan in giro per il mondo dalle tavole di Momofuku. E che dire del Pommes purées di Robuchon? L'umile purè di patate nobilitato da uno dei più grandi cuochi di tutti i tempi. Sono piatti che esprimono più del loro valore organolettico, diventando simboli eduli di un mondo, insieme significati e significanti. Ma guardando più vicino a noi, ci sono nomi che hanno indicato una svolta nella ristorazione moderna. Ferran Adrià? Sì, lui c'è, ovviamente, con la Spuma di fumo e la Minestra di verdure in diverse consistenze, e poi Massimo Bottura, con il suo elogio della memoria gastronomica (La parte croccante delle lasagne; Oops! Mi è caduta la crostata al limone) e poi Thomas Keller (Cornetti), Niko Romito (Assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano tostato), Andoni Luis Aduriz (Pietre commestibili), Alex Atala (Formiche e ananas, what's else?) e molti altri. Grandi nomi che appartengono all'Olimpo della cucina.
Dalla dedica al marchio registrato
Ma non è stato sempre così: c'è stato un momento in cui le ricette e le loro ispirazioni contavano più del cuoco che le realizzava. Quando si titolavano i piatti con il nome delle persone cui erano dedicate – senza andare troppo lontano, basti pensare alla pizza Margherita – consegnate così a imperitura memoria. Anche quelli sono piatti che hanno fatto la storia, ben prima che i cuochi fossero consapevoli del proprio ruolo autoriale, creatori di un'opera cui imprimere la loro identità. È da Bocuse in poi, che il culto della personalità dello chef è cresciuto, di pari passo con l'emancipazione della cucina e il suo ingresso a pieno titolo nell'élite della società.
Ma quelli che hanno fatto storia non sono solo piatti di haut cuisine, ci sono anche cibi pop alla portata di tutti. Il Cronut® – uscito sul mercato con tanto di marchio registrato, a riprova dell'operazione mediatica e commerciale che aveva alle spalle – o il Taco di costine di Kogi Bbq e persino il Big Mac – non vi scandalizzate: “Big Mac is a Big Mac” (cit. Pulp Fiction). A volte bastano pochi spiccioli per addentare la propria porzione di mito.
Estetica e tecnologia
Come un ready made, talvolta è l'intenzione a trasformare una minestra in un'icona. Confermata, però, dal favore riscontrato nel tempo. E aiutata dalla capacità di gestire la comunicazione e promuovere la propria immagine. La cura dell'estetica, la ricerca di nuove forme, hanno un ruolo fondamentale, ma non sono necessarie. Così come accade per l'innovazione tecnologica e l'effetto sorpresa (come in certi piatti di Heston Blumenthal, per esempio Meat Fruit). Talvolta il fulcro è l'apertura a culture gastronomiche nuove (è il caso della cucina nordica e di René Redzepi, qui con Scampo e sapori dell'Oceano e Ravanello, terra ed erba), altre il recupero di preparazioni classiche (pensiamo ai Rigatoni cacio e pepe in vescica di Riccardo Camanini). Valori e intuizioni diverse, anche contrastanti: in questo racconto tutto è importante, niente indispensabile.
Torna allora la domanda: quando è che un piatto fa storia? Quando accende la fantasia, stimola la riflessione o un pensiero critico, provoca gioia, disorienta, conforta, piace. Quando è capace di parlare alla collettività coeva o futura. Tanto più oggi, “che consumiamo foto come consumiamo cibo”. Ecco allora che un gruppo di superesperti – Susan Jung, Howie Kahn, Pat Nourse, Andrea Petrini, Diego Salazar, Richard Vines – sono chiamati a selezionare e raccontare i piatti imperdibili della storia del mondo contemporaneo. Quelle pietanze che sono iconiche, simboliche, significative, vere coordinate gastronomiche capaci di raccontare la nostra storia e tracciare una direzione per il futuro. A corredo delle loro parole, le illustrazioni di Adriano Rampazzo.
Quando un piatto fa storia – L’arte culinaria in 240 piatti d’autore - Pat Nourse, Susan Jung, Andrea Petrini, Diego Salazar, Howie Kahn, Christine Mulhke e Richard Vines - illustrazioni: Adriano Rampazzo - Phaidon L’ippocampo - 448 pp. - 39,90€
a cura di Antonella De Santis