Al centro di La Cocina, film diretto dal regista Alonso Ruizpalacios, c'è una storia d'amore tra Pedro, un cuoco del ristorante The Grill interpretato da Raúl Briones Carmona, e Julia, una cameriera col volto di Rooney Mara. La trama si svolge in un'atmosfera grottesca e satirica, con tocchi di commedia ed elementi noir. Mancano dalla cassa del ristorante ottocento dollari, una somma simile a quella necessaria per interrompere la gravidanza di Julia. Tutti vengono interrogati, lavoratori particolarmente fragili perché perlopiù migranti irregolari. Le indagini interne e il rapporto fra il cuoco e la cameriera sono il motore dello storytelling, il tutto durante il servizio del pranzo di un giorno qualunque a Manhattan.
Un po' The Bear, un po' Iñarritu
La cinepresa sempre in movimento, fa immergere lo spettatore nei corridoi, ufficetti e nelle viscere della cucina di dimensioni industriali del ristorante a Times Square, un hub multiculturale e caotico, che mette lo sguardo della cinepresa al centro di una serie di sfide e situazioni. In cucina si muove disordinatamente una varia umanità, lavoratori migranti e non per lo più sfruttati, tra relazioni disfunzionali, piatti orripilanti, e tante diverse lingue. L'ambientazione melting pot e parolacce richiama The Bear, come i piani sequenza febbrili ricordano Birdman.
Cosa c'è nella cucina
Basato su The Kitchen, acclamata pièce teatrale del 1959 di Arnold Wesker, il film ambientato nell'arco di una sola giornata, è un tributo tragicomico alle persone invisibili che preparano il nostro cibo. Girato in un bianco e nero intensamente realistico, il film smantella i canoni tradizionali della narrazione, creandone una che oscilla tra il caos e la riflessione, offrendo uno sguardo acuto sulla condizione umana, riflettendo la febbrile inquietudine dei personaggi e dell'ambiente. La cucina diventa il luogo simbolico in cui si manifestano le tensioni sociali, le passioni e le disillusioni umane. Ruizpalacios porta il film al parossismo con sequenze cariche di contrasti e tensioni, culminando in un finale anarchico che rompe le barriere tra i mondi della cucina e della sala, destinate a non incontrarsi mai, rivelando un'umanità frantumata ma resiliente.
I piatti del film
In una ripresa che in contrasto con la frenesia del servizio sembra girata a ralenti, come a sottolineare l'isolamento e l'esistenza dei protagonisti – come il rapporto tra Messico e Stati Uniti, uniti e per sempre separati – un aiutante su una scala rovescia in un acquario delle aragoste vive sotto lo sguardo vitreo dei personaggi interpretati da Mara e Briones, pagati per cucinare e servire piatti stranieri dall'identità debole: pollo al curry, tortellini, pizze margherite, scaloppine e aragoste. Quello del ristorante è un menu interminabile degno di una clientela di turisti distratti e senza palato. «Adesso dico, quale stronzo di CEO ha deciso che tutti devono poter mangiare l'aragosta? Cioè, non tutti erano destinati a mangiare l'aragosta in questa vita, in questo mondo, sai? Lo sapevi che un tempo erano considerate la carne dei poveri? Meno di cent'anni fa, l'aragosta era il pollo del mare», sussurra il cuoco messicano alla cameriera americana.
Il regista lavapiatti
«Volevo mostrare l'altra parte dell'industria alimentare dove l'opportunità è più importante della qualità del cibo», racconta il regista messicano Ruizpalacios. «È una metafora del capitalismo aziendale. Ho iniziato a fantasticare su questo film quando da studente lavoravo come lavapiatti e cameriere al centralissimo Rainforest Cafè di Londra. È stato allora che ho letto per la prima volta l'opera di Wesker. Leggere quel libro mentre lavoravo in una cucina industriale è stato interessante (e ha reso il lavoro sopportabile). Sono rimasto colpito dal complesso sistema di caste che ancora esiste nelle cucine e che è una parte essenziale del loro funzionamento. Come per l'equipaggio di una nave, la gerarchia non è da prendere alla leggera dietro le porte oscillanti della cucina di un ristorante».
Al momento, l'immigrazione rappresenta uno dei temi più rilevanti dal punto di vista elettorale in vista delle prossime elezioni. La pellicola non piacerà certo ai sostenitori di Trump, ma è stato certamente uno dei film più belli in gara a Berlino.