“Rimango, non ho paura” dice Roberto Armaroli, ristoratore italiano dal 2014 a Odessa. La città portuale sul mar Nero fino a poco tempo fa nota principalmente per quella scalinata che scende fino al faro Vorontsov, celebrata da Ėjzenštejn nella sua pellicola più celebre. Lo scenario, oggi, riserva le stesse nuvole cupe, in una guerra ugualmente fratricida segnata dall'invasione russa dell'Ucraina.
Non ha incertezze Armaroli, che a Odessa ha tre ristoranti: Nonna Letizia, “come mia nonna, una grandissima cuoca” dove propone una cucina italiana anni 50-60 di Bologna e del nord italia, Antica Cantina, “un fine dining con scuola di cucina”, e l'ultimo nato, Boccaccio, una steak house americana aperta solo un paio di mesi fa in un importante hotel. “So che dopo bisognerà ripensare tutto, immagino che non ci sarà spazio per locali più lussuosi, ma ci penseremo a tempo debito”.
La vita sotto assedio
In tre settimane di assedio si contano più di due milioni di profughi: la più grande crisi per l'accoglienza di rifugiati in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale. “Chi ha potuto è scappato, anche perché dopo 4 giorni è entrata la legge marziale per cui gli uomini non possono abbandonare il territorio, ma in tanti hanno fatto in tempo fuggire”. Dei suoi 80 dipendenti ne sono rimasti appena una manciata: “sono andati via, soprattutto chi ha i figli piccoli, lasciando il paese o anche solo la città rifugiandosi nei centri più piccoli, altri si sono arruolati: sono rimasto sorpreso dagli ucraini, magari avevano problemi a lavorare sui dettagli in cucina, ma non c'è stata nessuna esitazione nell'entrare in esercito”. La popolazione vive tra continui allarmi “aspettiamo una notte in cui non suoni la sirena, ma i radar intercettano ogni aeroplano che si avvicina, anche se non è diretto verso Odessa, così scatta l'allarme: c'è appena il tempo di nascondersi”. Una situazione sfibrante certo, che non ha del tutto piegato gli animi: “Putin è riuscito a formare la nazione ucraina” fa deciso: “ti faccio un esempio: a Odessa si parlava solo russo, perché storicamente nella vecchia unione sovietica nei posti chiave delle varie regioni dell'Unione c'erano russi e oggi, almeno il 30% degli ucraini ha familiari russi, e viceversa: i due popoli si consideravano come cugini. Ebbene: qualche giorno prima della guerra i ragazzi in cucina hanno cominciato a parlare ucraino. Non solo” aggiunge “in tutti i paesi dell'est Europa i russi non possono più entrare in un ristorante perché non li servono, non riescono più neanche a fare benzina”. Per il resto? “Siamo tranquilli, per quanto possibile”.
Roberto Armaroli: "riapro il mio ristorante. Me lo hanno chiesto le persone"
Per questo ha deciso di aprire uno dei suoi locali, Antica Cantina, almeno a pranzo. “Me l'hanno chiesto le persone, è sotto e si può stare tranquilli. Credo di avere, in un certo senso, un ruolo sociale: sono uno degli chef di riferimento del paese e voglio dimostrare che sto qui. E che ci credo. So che l'Ucraina in questo momento sta difendendo l'Europa e la libertà. E la gente è in cerca di un po' di serenità, ci saranno pizze, insalate, zuppe, pasta. Niente vino: in questa situazione di allarme, gli alcolici sono proibiti, li ho proprio tolti dagli scaffali per non dover dire di no alle persone”. Non apre con una prospettiva di guadagno: “anche solo mettere in moto tutto, sarà una perdita. Ma devo farlo: l'Ucraina mi ha dato moto di più di quanto gli abbia dato io”. Per questo tutti i proventi, si legge sulla sua pagina Facebook "se ci saranno", andranno a sostegno della città. Ma come fa per le materie prime? “Nei miei ristoranti ho ancora prodotti per oltre un mese, i problemi li ho più con il personale, quasi tutto scappato o arruolatosi. Ma in generale il menu cambierà ogni giorno perché tutto dipende dai prodotti che troviamo”. Sono difficili gli approvvigionamenti? C'è carenza di cibo? “Per adesso non ci sono problemi perché in città ci sono ancora scorte, i supermercati sono pieni. Ma qui ancora non si spara” spiega. Odessa non è solo una città turistica, ma anche uno tra i maggiori porti del mar Nero, “da qui passa il 70% del traffico merci dell'est Europa, ecco perché, come Mariupol', è così importante”, questo consentiva ad Armaroli di avere prodotti importanti: “astici vivi, branzino pescato all'amo, vongole, carni di importazioni da tutto il mondo”. A che prezzo? “Per i dazi siamo parificati all'Europa”.
Tutto quasi bene, dunque? “Naturalmente ci sono parecchie difficoltà, cui però la nazione ha reagito con un grande spirito comunitario”. Puoi farci un esempio? “Le tre principali aziende di retail hanno messo il magazzino a disposizione delle altre, così da avere dei depositi in città. Ci sono anche problemi con i contanti, ma a qualsiasi cassa del super dai la carta di credito e ti danno cash. Poi” aggiunge “c'è stata una immediata reazione di solidarietà da parte di tutti, si tratti di banche, trasporti, logistica. Chi può dare una mano lo fa. Enti, soldati, volontari, c'è gente che va a mangiare alla Caritas o alla Croce Rossa. Chi può, aiuta”.
Roberto Armaroli: ecco com'è la situazione vista da Odessa
Di italiani siete rimasti in pochi: vi tenete in contatto? “Con qualcuno, per esempio ho sentito Stefano Antoniolli prima, che sta a Kiev”. Come Antoniolli, che ha aperto una raccolta fondi, ad andarsene non ci pensa proprio: “Ci sono già passato per una guerra, non è la prima volta: prima di arrivare qui ero in Crimea, mi sono spostato nel 2014 quando Putin l'ha invasa, questa situazione non mi scompone. E poi” racconta “io voglio dare un po' di serenità alla città". Ma quale è lo stato d'animo ora? Sono ormai passate oltre 3 settimane da quel primo attacco, che ha dato il via a una guerra che si prospetta ben più lunga di quanto qualcuno avrebbe potuto supporre. “I russi sono inaspettatamente impantanati” dice Roberto, che aggiunge “non so quanto dall'Italia se ne abbia percezione, ma qui lo abbiamo capito tutti. Hanno pensato che avrebbero avuto vita facile, che sarebbe stata quasi una scampagnata. Non è stato così, e ora sono arrabbiatissimi”. Un errore strategico, insomma? “Hanno mandato la metà del contingente, 200mila uomini, soprattutto soldati di leva, ma l'Ucraina è grande”. Come è la situazione a Odessa? “Salvo qualche incursione di aeroplani, per lo più intercettati, non siamo toccati dalla guerra per ora: siamo fortunati rispetto ad altri posti”. Si vive in un'atmosfera sospesa, tra continui allarmi aerei, consapevoli della possibilità di un attacco imminente. “Vediamo le navi che si avvicinano ma poi tornano indietro: ci sarebbe un tiro al bersaglio contro di loro. Sempre che” aggiunge “non comincino ad attaccare i civili”. Ma la città vive uno stato di assedio? “C'è un coprifuoco dalle 7 di sera alle 6 di mattina, quindi ogni cosa si è spostata indietro di qualche ora, anticipando alcune attività per rispettare il coprifuoco, mentre molte altre sono ferme” per esempio i ristoranti. Ma lui ha deciso diversamente.
a cura di Antonella De Santis