Non solo formaggi, burro, ricotta, yogurt. Con il latte si possono fare molti altri prodotti, come per esempio il kefir o i distillati. Ecco una lista di quelli presenti in commercio, così, per dare qualche input a chi, come molti pastori sardi, è legato a un unico acquirente.
Latte fermentato
Si tratta di un derivato che nasce dall’unione del latte con alcuni batteri che attivano la fermentazione. Il più conosciuto è lo yogurt, dove entrano in gioco lo Streptococcus thermophilus e il Lactobacillus bulgaricus (gli unici due riconosciuti in Italia per poter mettere in etichetta la dicitura “yogurt”), il quale diventa probiotico con l'aggiunta di Lactobacillus acidophilus e Bifidobacterium lactis, batteri in grado di sopravvivere all'attacco dei succhi gastrici e di arrivare vivi nell'intestino, aiutando a rafforzare in modo più incisivo le difese immunitarie. In tutti gli altri casi il prodotto della fermentazione viene genericamente definito “latte fermentato” o assume altri nomi, come per esempio kefir, buttermilk o yakult.
Il kefir
È un latte fermentato tipico dell’Est Europa la cui caratteristica principale sono dei piccoli granuli di colore bianco e dalla consistenza gelatinosa. Questi si possono reperire presso aziende specializzate nella produzione di microrganismi oppure contattando i donatori (qui la mappa di quelli italiani). Una volta reperiti i granuli, farsi il kefir a casa è un gioco da ragazzi: basta metterli in un barattolo di vetro pulito e aggiungere il latte di vacca, capra o pecora, coprendo il barattolo con stoffa o carta. Man mano che la coltura fermenta il latte, queste strutture si sviluppano generando nuovi grani. Ogni produzione di kefir cambia a seconda della temperatura, del tipo di latte usato, dei tempi della fermentazione, ma in ogni caso (anche se lo si compra al supermercato) questo prodotto contiene ceppi di batteri utili per il nostro organismo, in una sola parola: probiotici.
Buttermilk o latticello
Così come il siero è lo “scarto” della produzione del formaggio, e residuo del processo di coagulazione della caseina, il latticello, un tempo, era il sottoprodotto della trasformazione della panna in burro, dunque un latte con molto meno grasso e lattosio. Oggi quello in commercio non è più prodotto assieme al burro, ma lo si ottiene aggiungendo direttamente al latte batteri che fanno fermentare il lattosio. Da qui il sapore acidulo e il colore più chiaro e trasparente del latte. Anche il latticello è considerato un alimento probiotico, pertanto risulta benefico per la salute dell'intestino crasso; ma ancora non è ben chiaro quanti batteri siano in grado di oltrepassare la barriera acida dello stomaco.
Lo yakult
Prima di essere una marca, lo yakult è semplicemente un latte fermentato con il Lactobacillus casei Shirota, dal nome dello scienziato e microbiologo che nel 1935, dopo anni di ricerca, lo riuscì a selezionare e coltivare. Questo fermento lattico è in grado di resistere ai succhi gastrici e quindi di giungere vivo nell’intestino in quantità sufficiente per poter esercitare il suo effetto benefico.
I distillati di siero o latte
Solitamente i distillati sono bevande che traggono origine dalla distillazione di sostanze vegetali fermentate. Ma ci sono delle eccezioni, come per esempio i distillati a partire dal latte o dal siero, diffusi soprattutto in Asia centrale. Uno dei distillati di latte più conosciuto è l'araga, una specie di vodka ottenuta dal latte di yak, vacche o capre fermentato. Ha origine nella Repubblica Popolare di Tuva (nell'attuale Russia) e tradizione vuole che si produca all'interno di un tronco vuoto di pioppo, messo in un paiolo sul fuoco. Al termine della prima distillazione l'araga raggiunge una gradazione alcolica del 5-20%. Da questa, distillando ulteriormente, si ottiene una bevanda più alcolica (arriva ad una gradazione dell'80%), chiamata dan zarya.
Vodka da latte vaccino
Tornando più vicini all'Italia, in Inghilterra, nel West Dorset, c’è un’azienda che produce vodka da latte vaccino. Si chiama Black Cow. Nasce da un'intuizione dell'allevatore Jason Barber, che invece di buttar via il siero - sottoprodotto della produzione del suo Cheddar Barber’s 1833, grazie al quale ha anche ricevuto dei riconoscimenti – ha iniziato ad usarlo per creare il distillato. Un'idea che ha avuto così successo da permettere a Barber di investire nella Black Cow's home dove i visitatori possono pranzare o partecipare a una lezione di mixology, oltre ovviamente poter fare un tour della distilleria. Quel che si dice diversificare.
a cura di Annalisa Zordan