Pagamenti cashless sì o no? Differenze tra Usa e Italia
Obbligo di accettare il contante. Sarà presto legge a New York, dove i ristoranti cashless non sono affatto una rarità, come verrebbe da pensare da questa parte dell'oceano. Specie in un Paese come l'Italia, che sulla necessità di implementare i pagamenti elettronici per contrastare - al di là degli altri vantaggi per tutti - la piaga dell'evasione fiscale dibatte da tempo. Non a caso, il Decreto fiscale 2020 contiene nuove regole in materia, che riguardano da vicino anche chi presta servizi professionali o svolge attività di vendita di prodotti, obbligando – tra gli altri – bar, ristoranti e piccoli artigiani a garantire la possibilità di effettuare pagamenti elettronici tramite Pos ai propri clienti. Peccato, però, che il legislatore non abbia (ancora?) previsto sanzioni nei confronti dei trasgressori, favorendo così il perdurare di un'idiosincrasia verso l'utilizzo di Bancomat e carte ancora molto diffusa. Ironia della sorte, la situazione, a New York, è speculare. Mosso sempre dall'intenzione di garantire i più comuni diritti del cittadino e contrastare la diseguaglianza sociale, il Consiglio della città ha recentemente legiferato in materia di pagamenti, ma in direzione opposta, rivolgendosi principalmente al settore della ristorazione: presto i ristoranti e le attività che somministrano e vendono cibo senza accettare l'utilizzo di contanti saranno fuori legge.
I pagamenti elettronici al ristorante. La consuetudine americana
Prima di addentrarci tra le pieghe del provvedimento, è bene sottolineare che la cultura del pagamento elettronico, nelle grandi città degli Stati Uniti, è ampiamente sdoganata, anche quando si tratta di pagare una semplice tazza di caffè (provate a fare lo stesso in un bar italiano!). Tanto che, da qualche anno, diverse attività hanno scelto la via estrema, abolendo i contanti, peraltro scomodi da maneggiare quando l'attività commerciale ha a che fare con la somministrazione di cibo. Tra tutti, il caso più celebre è quello dell'acclamato gruppo di ristorazione di Danny Meyer, l'Union Square Hospitality Group, che in diverse insegne di pertinenza (Daily Provisions o Caffè Marchio) ha aderito alla filosofia cashless da tempo.
La nuova legge: il pagamento in contanti dev'essere garantito
Il principale fautore della norma che condanna la demonizzazione dei contanti al ristorante risponde al nome di Ritchie Torres, membro del City Council di New York, che a proposito delle attività che non accettano pagamenti in contanti parla di “discriminazione nei confronti di chi non possiede carte di credito o debito” (il 12% dei newyorkesi, specialmente persone di colore, secondo un rapporto federale del 2017), e di razzismo strisciante, nascosto dietro una pratica apparentemente vantaggiosa per i cittadini. Il provvedimento avrà effetto non prima di nove mesi dall'approvazione, e garantisce a ristoranti e negozi che vendono prodotti alimentari di continuare a gestire i pagamenti online o telefonici esclusivamente tramite carta di credito o debito. Inoltre, le attività saranno autorizzate a proporre una mediazione ai clienti (pensiamo principalmente agli abituèe di catene di ristorazione veloce o caffetterie), offrendo loro la possibilità di caricare un importo in contanti su una carta prepagata, da utilizzare per gli acquisti nel locale. Con regole stringenti (notate qualche differenza con la legislazione italiana?): la sottoscrizione della carta prepagata non dovrà comportare costi aggiuntivi per il cliente, né potrà avere un termine di scadenza entro cui consumare il contante rimasto. Mentre salate saranno le sanzioni per i trasgressori, con multe comprese tra i 1000 e i 1500 dollari.
Diritti e limiti
Le prime lamentele, nel frattempo, arrivano da quelle catene di ristorazione veloce aperte all day long, che reclamano di essere maggiormente esposte al rischio di rapine nel maneggiare contante, responsabile anche di rallentare i tempi di servizio al cliente. Di fatto, però, New York non è la prima città ad approvare il bando delle attività cashless, già vietate a Philadelphia e San Francisco, in attesa che anche altre grandi città legiferino in materia (e nello stato del Massachusetts l'obbligo di accettare entrambe le forme di pagamento è in vigore dal 1978!). La scelta, dunque, spetta al consumatore, perché l'avanzare dell'economia digitale non può diventare motivo di discriminazione sociale. E l'idea ci sembra ampiamente condivisibile. Diverso è invece ostacolare i pagamenti elettronici in virtù di una diffusa tendenza a restare sotto traccia, per raggirare la legge, attribuendosi, di fatto, privilegi che limitano i diritti di chi svolge attività commerciali in modo onesto. La speranza è che, in tal senso, l'Italia faccia un passo in avanti.
a cura di Livia Montagnoli