La sentenza
Si parla già di sentenza storica, una presa di posizione – e finalmente suffragata dalla decisione di un tribunale – mirata ad arginare quel maremagnum di frodi che il web è capace di crescere in seno. Se non altro a fare il primo passo, perché la piaga delle false recensioni – di questo si parla, e colpevole è chi opera in modo fraudolento sulla piattaforma di TripAdvisor – sarà dura a morire, nonostante il precedente appena sancito dal Tribunale Penale di Lecce: la compravendita dei pacchetti di recensioni false scritte sotto falsa identità su ristoranti e strutture di ospitalità in Italia è illegale, e pertanto punibile per legge. La pena? Nel caso specifico, per una truffa ripetuta e risalente al 2015, nove mesi di prigione e una sanzione pecuniaria di 8mila euro per coprire spese e danni. A incassare il colpo è il titolare dell'agenzia di comunicazione PromoSalento, una delle numerose attività commerciali che col tempo – e la complicità della piattaforma americana, troppo spesso pronta a chiudere un occhio – si è specializzata nella vendita di recensioni a pagamento, chiaramente fake, ed estremamente dannose per chi lavora onestamente nel settore dell'ospitalità, considerando quanto la community di TripAdvisor sia numerosa e radicata in tutto il mondo.
TripAdvisor al servizio delle indagini
L'indagine era stata coadiuvata sin dall'inizio da TripAdvisor, costituendosi parte civile contro la società salentina, e aiutando gli inquirenti a raccogliere prove a supporto dell'accusa. Contemporaneamente, la piattaforma del gufo ha penalizzato le strutture che avevano pagato PromoSalento per trarne vantaggio (circa un migliaio le recensioni bloccate e rimosse, attribuite all'agenzia di comunicazione truffaldina). Ma qui il discorso si fa più complesso. Brad Young, VP Associate General Counsel di TripAdvisor, ha commentato così la sentenza di Lecce, ribadendo l'urgenza per la piattaforma di stroncare il fenomeno: “Crediamo che si tratti di una sentenza storica per internet. Scrivere recensioni false ha sempre rappresentato una violazione della legge ma questa è la prima volta che, come risultato, il truffatore è sfinito in prigione. Investiamo molto nella prevenzione delle frodi e siamo efficaci nell’individuarle, dal 2015 abbiamo bloccato le attività di più di 60 aziende di recensioni a pagamento nel mondo. Ma non possiamo fare tutto da soli ed è per questo che desideriamo collaborare con le autorità competenti e le forze dell’ordine per supportare i loro procedimenti penali”.
La lettera agli esercenti
E infatti proprio nelle ultime ore TripAdvisor si è mosso per correre ai ripari, chiedendo l'aiuto degli esercenti regolarmente iscritti: “Caro proprietario...” inizia la lettera ricevuta anche da molti ristoratori... E continua arrivando dritta al punto: “Le scrivo per aggiornarla su un importante sviluppo (con riferimento alla sentenza, ndr) nella nostra continua battaglia contro le truffe relative alle recensioni” e soprattutto, “per farle sapere come ci può aiutare”. Tra la rivendicazione orgogliosa del proprio ruolo nel processo che ha portato alla felice conclusione del caso e il riferimento al team di investigatori che “lavora indefessamente per individuare aziende di recensioni a pagamento e impedire loro di operare sul nostro sito”, la missiva scivola via fino all'accorata richiesta d'aiuto: “Non possiamo farcela da soli... Insieme possiamo fare ancora di più”. Seguono istruzioni per l'uso e l'indirizzo di una casella email dedicata, d'ora in poi, a raccogliere le segnalazioni sospette ricevute dai ristoratori decisi a collaborare, in quanto preziosi “alleati”... “Con l'augurio di celebrare presto altre vittorie come questa”.
Ma è l'anonimato il vero problema
Proprio questo tono trionfale, e la rapidità con cui l'azienda è salita sul carro del vincitore, hanno indispettito non pochi ristoratori che da tempo fanno i conti con il problema e provano a segnalarlo, inutilmente: “Dopo tre anni di recensioni false segnalate a cui hanno risposto che 'la recensione rispetta le linee guida', i gufi diventano paladini della giustizia”, scrive Pietro Cairoli di Trippa (Milano), condividendo il suo disappunto su Facebook. L'indignazione è frutto principalmente dell'indisponibilità dimostrata finora da TripAdvisor davanti alla richiesta di molte attività recensite online di abolire l'anonimato di chi recensisce sulla piattaforma. Indubbiamente il metodo più semplice per stroncare sul nascere recensioni rilasciate sotto falsa identità, eppure mai preso in considerazione dal colosso americano. Il malcontento è diffuso e generalizzato, qualcuno si spinge ad accusare la piattaforma di non prendere provvedimenti a riguardo per non subire un calo di accessi. Con buona pace della veridicità delle recensioni. Certo nessuno toglie la soddisfazione per la sentenza del tribunale, molti nel mondo della ristorazione e tra gli addetti ai lavori l'hanno accolta positivamente, con l'augurio che sia solo l'inizio. Tutti, però, concordano su un punto: serve più controllo. E l'anonimato tra cui si annidano speculatori, concorrenti sleali e persino vendicatori seriali dev'essere il primo feticcio contro il quale fare quadrato.
a cura di Livia Montagnoli