Il Siepi ha trent'anni. E li ha festeggiati a Londra, nel corso di una degustazione nel ristorante di famiglia The Petersham a Covent Garden, guidata da Giovanni Mazzei, figlio maggiore di Filippo, che con il fratello Francesco guida l'azienda di famiglia la cui storia risale addirittura al lontano 1435, al Castello di Fonterutoli. La storia del Siepi è più recente e si deve a Lapo Mazzei, il primo a intuire le potenzialità di questi terreni in un angolo del Chianti Classico nel 1985 e a capire che Merlot e Sangiovese avrebbero potuto comunicare “con una sola voce”. La prima vendemmia è del 1992, l’ultima in commercio è quella del 2022.
Vino iconico
Il Siepi, uno dei vini iconici della Toscana, inserito qualche anno fa dal Gambero Rosso tra i 150 vini che hanno fatto la storia dell’enologia italiana, è un blend di uve Sangiovese e Merlot (50 e 50 per cento) prodotto a Castellina in Chianti, nel cuore del Chianti Classico, dove Lapo Mazzei decise di mischiare le carte della tradizione, sfruttando l'intuizione suggerita dal terreno prevalentemente pietroso e roccioso, difficile ma adatto alle grandi sfide. Le uve che contribuiscono al Siepi sono coltivate in vigne che vanno dai 22 ai 35 anni che si trovano tra i 240 e i 330 metri sul livello del mare, con un’esposizione Sud Sud-Est che garantisce un’insolazione ideale, che garantisce la perfetta maturazione delle uve. La vendemmia, rigorosamente manuale, è divisa in due fasi: a inizio settembre si raccoglie il Merlot, a fine mese il Sangiovese, tipologia più tardiva. La vinificazione avviene in acciaio per tre mesi, seguono diciotto mesi di “formazione” in botti di legno di rovere francese da 225 litri per il 70 per cento di primo passaggio. L’idea dei Mazzei è quella di non correggere il vino inseguendo una uniformità stilistica ma lasciare parlare il terroir e la stagione, mantenendo inalterata la formula Fifty-Fifty anche nelle annate in cui una delle due uve si comporta meglio dell’altra e potrebbe suggerire aggiustamenti. Ma lo stile Siepi è questo, prendere o lasciare.
Dodici annate differenti
La degustazione londinese, seguita da molti critici e degustatori locali apparsi francamente colpiti dall'evoluzione del vino, è partita dal Siepi 2007, l’unica annata di quelle presenti nata prima della nuova cantina, che risale al 2008. Un vino al naso piacevolmente balsamico e in cui la parte acida e gli zuccheri sono in perfetto equilibrio. L’annata 2010 è considerata tra le grandi del Siepi e in effetti in bocca appare destinata ancora a una notevole longevità. Il naso è scuro, chinato, la bocca sostenuta da una vibrazione elettrica che lo rende irresistibile. Notevolissima anche la 2013, frutto di un’annata difficile ma alla fine soddisfacente: il risultato è un vino vivo e rotondo. E’ però la 2015 a conquistare per la sua franchezza, che la pone forse su un gradino inferiore sul piano della complessità rispetto ad alcune annate precedenti ma che dona grande bevibilità. Un vino amichevole.
Poi la 2016, che dà il meglio di sé in termini di aromaticità e potenza ma resta comunque un’annata di passaggio rispetto alla 2018, la prima condotta con la nuova filosofia aziendale più spinta sull’eleganza e meno sull’estrazione. Tra le migliori della batteria. Le ultime annate sono le più difficili da valutare perché ancora lontane dall’esprimere il loro meglio: la 2019 si giova di una maturazione perfetta e al naso esibisce una nota vegetale, come di peperone, che con gli anni potrebbe evolvere in aromi terziari molto seducenti. La 2020 è un’annata di scuola, piena e strutturata. La 2021 ritrova un naso balsamico e note affumicate ma va ancora attesa, mentre la 2022, pur essendo la più giovane, sembra destinata a fare grandi cose in futuro. Segue un pranzo in cui vengono proposte anche la 2012 e la 2017 (quelle del 20° e del 25° anniversario) che mostrano la vocazione gastronomica del Siepi, che accompagna il pasto con grande discrezione.