Dagli chef nomadi ai ristoranti con cocktail bar di livello, dagli impiattamenti “brutti” agli hotel aperti non solo agli ospiti (ma a tutti), al ritorno in grande stile dei carrelli, che siano del pane, dei formaggi o dei dolci. Ecco le tendenze, più qualche desiderata, di questo 2024 appena cominciato.
I trend del 2024 a tavola
Ristoranti senza chef e chef nomadi
Funziona un po' come nei club dove ogni weekend suona un dj differente. Il locale mette a disposizione cucina e servizio, i cuochi la propria cifra stilistica. A una prima lettura potrebbe sembrare un deal win-win, con il ristoratore che si risparmia un contratto fisso, il cuoco che è libero di girovagare senza l'incombenza del business plan e senza farsi risucchiare dalla routine, il cliente che ha la felice possibilità di provare diverse cucine.
È una delle carte vincenti di Ronin, ad esempio, e del suo Omakase Roulette che in assenza del “resident” Katsu Nakaji vede susseguirsi gli chef più interessanti dell'attuale panorama ristorativo. Spostandoci a Roma, ha da poco aperto Bar Sota che organizzerà “ospitate” nel weekend, proprio come i club.
Unico dubbio: è un modello di ristorazione destinato a durare nel tempo? Forse no, considerando che i cuochi che stanno sperimentando questa modalità, lo stanno facendo in attesa di aprire un loro ristorante. Pensiamo ai ragazzi di Feg (Francesco Capuzzo Dolcetta e Guglielmo Chiarapini) o di NØØNË (Silvano Toscani e Gioele Vacchina), o ancora ai The Fooders, alias Marco Baccanelli e Francesca Barreca, che poi alla fine il loro Mazzo a Roma lo hanno (ri)aperto per davvero.
Cena alle sette
Non è una punizione, è un modo di essere sostenibili. Così il ristoratore ha la possibilità di liberare cucina e sala prima (e tutti ne guadagnano in vita) e, se il tipo di ristorazione lo consente, può tranquillamente applicare la regola del doppio turno. È l’evoluzione, baby, non solo della ristorazione ma del mondo del lavoro in generale. In linea, sempre più ristoranti chiudono nel weekend, Milano sta facendo da apripista.
Obbligo di prenotazione, ma con riserva di walk in
Quest’anno prenotare nel ristorante preferito è stata un’impresa, pur se affrontata con largo anticipo. Ora molti locali hanno mantenuto l’obbligo di prenotazione (alcuni lo hanno adottato e mai abbandonato in seguito alle rigide regole Covid) ma con alcuni coperti destinati agli avventori dell’ultima ora, o minuto.
Ristoranti con cocktail bar
C’è stato un tempo in cui i cocktail bar si sono dotati di cucina (ne scrivemmo nel mensile di ottobre 2020), ora sempre più ristoranti aprono muniti di bancone. Pensiamo a Gloria o a Manna a Milano, a Aspro di Qafiz a Santa Cristina d’Aspromonte o anche alla galassia bolognese formata dal ristorante Calmo, il cocktail bar Scuro e la bakery Allegra.
Il privè o il ristorante nel ristorante
Salette e salettine con menu dedicati, per clienti allenati. È la nuova frontiera, che va oltre lo chef table, dei ristoranti fine dining, pensiamo al Pagliaccio o al San Domenico, o più recentemente la Stua de Michil, che appronta un ristorante nel ristorante con un menu a mano libera creato da Simone Cantafio. Certo, l’idea non è del tutto nuova – già nel lontano 1977 Gianfranco Vissani si inserì nel ristorante paterno in una sala separata dove serviva la sua cucina – ma forse i tempi ora son maturi. Noi optiamo per la saletta senza “sequestro di persona” dove il degustazione non duri più di due ore e mezza. Altro desiderata: vogliamo indicata nel menu anche la durata del degustazione.
Colazione mania
Specie nelle grandi città la colazione rappresenta il nuovo miraggio. Gli indirizzi che propongono croissant (il cubico? Inflazionato) e specialty coffee sono da un po’ di tempo a questa parte presi d’assalto, specie nel weekend. Una tendenza ancora abbastanza democratica. Non una tendenza ma un desiderata: prossimo step, le colazioni salate.
Open Hotel
Una tendenza che racchiude un po’ di tendenze: quella dell’ospitalità che si è resa conto di quanto i servizi “accessori” siano redditizi. E così punta su cocktail bar di livello, colazioni fantasmagoriche, una ristorazione sempre più sul pezzo, magari associata a “firme” conosciute come Ciccio Sultano, Fabrizio Fiorani e Pier Daniele Seu al W Rome, Sarah Cicolini al The Hoxton o Claudio Sadler a Casa Baglioni. Il tutto aperto a tutti, non solo agli ospiti dell’hotel.
Impiattamenti brutti
O brutalismo visivo. Che mette in primo piano l’ingrediente principale del piatto e fa a meno di tutti gli orpelli: via i fiori eduli, via la carotina arancione scintillante avvolta su stessa, via ogni tipo di distrazione, per lasciar spazio al gusto, meglio se verticale. Ora, non sappiamo se questa nuova corrente sia dovuta a brigate sempre più smilze o a una volontà ben precisa, fatto sta che ci si doveva pur evolvere dal mero piatto instagrammabile.
Sempre più vegetale
Non una tendenza vera e propria, ma il risultato di un approccio messo in campo dagli chef di ultima generazione da un po’ di anni. A questo si accompagna un lavoro sulle fermentazioni, non gridato e maturo, che coinvolge pure il pairing con kombucha e succhi. Quest’ultima una tendenza? Forse più una scommessa che sta animando sempre più pizzerie (che forse hanno fatto da apripista) e ristoranti fine dining.
Il ritorno dei carrelli
Una delle evoluzioni sul lavoro del pane supera a destra il vecchio cestino e la moda delle pagnottine tagliate in quattro, con il carrello del pane: lo abbiamo visto, solo per fare un esempio, da Heros De Agostinis all’Ineo dell’Anantara (Miglior pane in tavola nella guida Ristoranti d’Italia 2024). A proposito di carrelli, sempre più diffusi quello dei dolci, specie da credenza, e dei formaggi, forse quest’ultimo mai tramontato nei ristoranti classici ma in gran rispolvero nei fine dining, pensiamo a quello formidabile dell'Imàgo dell'Hotel Hassler.