L’epoca delle birre artigianali in Gran Bretagna è al tramonto. A confermarlo è un approfondimento del Guardian, che ha intervistato diversi produttori britannici per capire quali sono le principali problematiche di un settore che qualche anno fa ha vissuto la sua epoca d’oro e ora si trova in grande crisi. Rispetto al 2019, è stato registrato un calo di oltre il 10% della produzione media di birra da parte della Society of Independent Brewers, di cui oltre il 60% dei membri dichiara di avere come obiettivo la semplice sopravvivenza.
In UK hanno chiuso oltre 100 birrifici artigianali
Sono oltre 100 i piccoli produttori di birra che sono stati costretti a chiudere l'attività negli ultimi 18 mesi, colpiti da una combinazione di fattori come Brexit, pandemia e aumento del costo della vita, a cui vanno aggiunte le recenti modifiche alle leggi sulle accise sulla birra. Infatti, dal primo agosto sono entrate in vigore in Gran Bretagna le nuove imposte su birra, vino e superalcolici, che godevano di un regime agevolato ma che ora subiscono una tassazione in base al contenuto di alcol. La conseguenza è un aumento del prezzo che la British Beer and Pub Association stima intorno al 10%, con conseguenze più gravi sulle birre artigianali più forti e alcoliche.
La crisi riguarda i piccoli produttori
A giugno Mazars, una società di contabilità, ha dichiarato che 45 piccoli produttori di birra sono stati messi in liquidazione, mentre molti altri erano già stati venduti o assorbiti dai rivali. Steve Dunkley, fondatore del birrificio Beer Nouveau di Manchester, dopo aver monitorato la chiusura delle attività simili alla sua in tutto il 2022, ha dichiarato al Guardian che sono 83 quelle che hanno cessato di esistere nello scorso anno e almeno 33 quelle chiuse nel 2023. Il problema riguarda soprattutto i piccoli produttori, che faticano a sopravvivere, mentre le aziende di dimensioni maggiori – come Brewdog, Camden Town Brewery e Beavertown – hanno registrato aumenti delle vendite fino al 25%.
Le conseguenze delle ultime crisi sul settore
Tra i vari produttori, il Guardian ha intervistato Kimi Karjalainen e suo fratello Mark, proprietari della Bone Machine Brewing Co prima a Pocklington, nell'East Yorkshire, e poi nella città di Hull. “Dopo la Brexit è diventato tutto insostenibile – hanno spiegato i due fratelli – eravamo fortemente orientati all’export, vendevamo in Finlandia, Svezia, Norvegia, Irlanda, Paesi Bassi, Italia e Spagna e avevamo in programma di espanderci verso l’Ungheria. E tutto è scomparso con la Brexit”.
Tra le tante conseguenze dell’uscita dall’Unione Europea c’è stato l’aumento delle pratiche burocratiche, che sono dispendiose sia a livello economico che in termini di tempo. “In termini di produzione pura, si trattava di circa il 30-40% di ciò che abbiamo realizzato. In termini di reddito, probabilmente era più della metà”. La pandemia e le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, come l’aumento dei prezzi di orzo e luppolo, hanno portato la situazione a un livello ancora più complesso per i produttori. Una delle ripercussioni più evidenti per gli appassionati è quella della diminuzione della scelta al momento dell’acquisto, un fattore molto sentito in un settore che ha una forte cultura incentrata sul continuo alternarsi dei prodotti e dei produttori.