San Gostanzo da l’occhio adorno, famme l’occhiolino sinnò n’ci artorno. San Costanzo dai begli occhi, fammi l'occhiolino altrimenti non torno più. Così recita un antico detto perugino legato ad una delle tradizioni umbre più antiche, profondamente radicata nella vita cittadina. Il rito si compie il 29 gennaio di ogni anno, durante la festa di San Costanzo, primo vescovo e uno dei tre patroni cittadini insieme a San Lorenzo e Sant’Ercolano; secondo l’usanza, le ragazze nubili si recano nella chiesa dedicata al santo per chiedere se si sposeranno entro l'anno: se l'occhio della statua del santo, per un particolare gioco di luci, fa l'occhiolino, significa che la ragazza si sposerà entro l'anno, altrimenti, si dovrà accontentare del regalo di consolazione del fidanzato: il Torcolo di San Costanzo. Oggi nell’era del politically correct, la credenza si applica ad ogni tipo di coppia ma resta comunque il dubbio che forse, se uno dei partner attende l’approvazione del santo per fare la proposta di matrimonio, probabilmente è non la persona giusta. Ovviamente si tratta di una credenza giocosa dedicata ad un beato molto benvoluto dai perugini che nella sua vita ha subito atroci sofferenze.
Dal calidarium al forno
Costanzo vive intorno al II secolo d. C. Era un uomo dedito alla fede, alla bontà e generosità verso i poveri e un grande senso del dovere verso la Chiesa Cristiana soprattutto durante le persecuzioni dell’imperatore Marco Aurelio. Si racconta che il religioso, fu martirizzato e perseguitato con ferocia dall’imperatore che prima lo fece rinchiudere nel calidarium (antiche terme romane) a temperature altissime, da cui uscì miracolosamente, indenne, poi lo costrinse a camminare più volte sui carboni ardenti ma nemmeno questo scalfì la fede di Costanzo. La persecuzione terminò intorno all’anno 178 con la decapitazione a Foligno.
La salma fu portata a Perugia dove trovò riposo in quella che sarà poi la prima Cattedrale di Perugia, fuori le porte di San Pietro e oggi conosciuta come Chiesa di San Costanzo. Questo è quanto si legge nella raccolta storica delle vite dei santi “Mille Santi del Giorno” dell’agiografo Piero Bargellini. Alla storia tragica si affianca la volontà di un popolo di omaggiare il santo dedicandogli grandi festeggiamenti e il Torcolo che si consuma il 29 gennaio ma ormai prodotto tutto l’anno, a casa come nei forni e nelle pasticcerie. Si tratta di un dolce che, come la Ciaramicola, la Rocciata e il Torciglione, è a forma di ciambella che sembra rifarsi alla corona di fiori che fu apposta sul corpo del santo dopo la decapitazione mentre i cinque tagli obliqui sulla superficie della ciambella rappresentano le porte di accesso ai cinque rioni del centro storico di Perugia: Porta Sole, Porta San Pietro, Porta Susanna, Porta Eburnea e Porta Sant'Angelo. Altre ipotesi sostengono che la forma rappresenta la collana del Santo ricca di pietre preziose (da qui il cedro candito) che si è sfilata al momento della decapitazione oppure, più semplicemente, il buco serviva per infilare il dolce nei bastoni per trasportarlo alle fiere e ai mercati.
Nel 1500 le ricche congregazioni ne comperavano grosse quantità per distribuirle ai poveri. Il torcolo era a tutti gli effetti un vanto per la città, tanto che ben presto i fornai perugini iniziarono una competizione alla ricerca del dolce perfetto. Alla fine della gara, i prodotti venivano regalati ai passanti. Ancora oggi il dolce resta il fulcro dei festeggiamenti cittadini: dalla festa patronale a Borgo XX Giugno, accanto alla Chiesa dedicata al Santo, dove è allestita la storica Fiera Grande, una mostra mercato con banchi di prodotti tipici e artigianato, fino a Corso Vannucci, davanti a Palazzo dei Priori, dove sono organizzati banchi di degustazione di torcolo preparate dai fornai e pasticcieri della città.
La ricetta ufficiale del Torcolo di San Costanzo
Il Torcolo di San Costanzo è nato come dolce povero con ingredienti semplici che si trovavano in casa, infatti, per l’impasto di base si usava la pasta del pane e, come il pane si distingue per la sua crosta fragrante e dorata, ma soffice all’interno. Il risultato è una ciambella aromatica diventata simbolo della tradizione perugina, arricchita dalle note di cedro a pezzi grossi, uvetta e pinoli, profumata lievemente di anice. Come tutte le ricette poco complesse richiede un'attenzione meticolosa per ottenere il gusto originale. È un dolce che si adatta ad ogni occasione, imbattibile come “pausa di meditazione”, servito con del vino dolce liquoroso. È di queste ore la notizia che la ricetta del Torcolo di San Costanzo, grazie all’impegno dell’Accademia Italiana della Cucina (AIC), diventa ufficiale con il deposito, presso la Camera di Commercio dell’Umbria, dell’atto notarile in cui gli ingredienti del dolce perugino vengono dettagliatamente descritti con le relative dosi, come anche le varie fasi della preparazione.
Ecco la ricetta ufficiale AIC
Persone: 6
Ingredienti:
600 gr di farina, 330 gr di acqua, 170 gr di zucchero, 170 gr di cedro candito, 85 gr di olio extravergine d'oliva, 85 gr di burro, 170 gr di uvetta sultanina, 170 gr di pinoli, un uovo, 25 gr di lievito di birra, semi di anice a piacere.
Preparazione:
Porre la farina a fontana in un'insalatiera, sgretolarvi il lievito e impastare tutto con acqua tiepida; lavorare la pasta (che dovrà risultare della consistenza della pasta del pane) per qualche minuto, porre l'insalatiera in un luogo caldo e al riparo dalle correnti d'aria. Qua
ndo la pasta avrà raddoppiato il suo volume, rovesciarla sulla spianatoia, spianarla leggermente con il palmo della mano, unire alla pasta il cedro candito tagliato a dadini, l'uvetta, i pinoli, l'olio, il burro, lo zucchero e due cucchiai di semi d'anice. Lavorare la pasta per una decina di minuti, arrotolarla e porla a ciambella in una tortiera bene imburrata. Porre la tortiera in un luogo caldo al riparo dall'aria e per facilitare la lievitatura, dove si mette a lievitare il torcolo, aggiungere una pentola con l'acqua bollente. Dopo tre ore, la pasta sarà ben lievitata. Indorare la superficie con il tuorlo d'uovo e con un coltello a punta incidere lievemente centinando la pasta. Passare la tortiera in forno caldo (180°) per tre quarti d'ora.
Dove acquistare i migliori Torcoli di San Costanzo a Perugia
Nonostante il “santo torcolo” sia un semplice pane dolce aromatico con una lista di ingredienti limitata, è pur sempre una ciambella e, come recita il detto, potrebbe non riuscire con il buco. Sono diverse le insidie da superare. La più delicata è il controllo della lievitazione in base alle temperature poiché, se è vero che è banalmente pane, chi ha detto che sia facile preparalo? Se non vi siete mai cimentati nell’esercizio dell’arte bianca, desistete. Ci sono poi alcune diatribe aperte sugli ingredienti in conflitto anche con la ricetta ufficiale dell’AIC. I puristi, in questo caso i fornai che a Perugia sono depositari della tradizione più antica, usano esclusivamente il cedro tagliato a mano in pezzi grossi (come gli smeraldi della collana di san Costanzo): bandita altra frutta candita, meno che mai le amarene. Altra questione spinosa è sul tipo di lievito da utilizzare che in origine, quando fu ideata la ricetta, era la pasta madre, non esisteva il lievito di birra. E per concludere, trattandosi di un dolce che parte dall’impasto di pane, non è previsto l’uso delle uova, come spesso accade nei Torcoli di pasticceria ma anche come indicato nella ricetta, appena ufficializzata, dell’Accademia Italiana della Cucina. Per chi non ha tempo di preparare il dolce a casa, ecco tre proposte alternative dove acquistare il Torcolo. Tre prodotti molto diversi tra loro ma tutti eccellenti per materie prime e gusto.
Faffa dal 1851 il fornaio
Uno dei forni più antichi di Perugia che da 164 anni serve i perugini con pane, focacce e dolci della tradizione cotti, ancora oggi, nell’antico forno a legna. Il Torcolo di San Costanzo, pluripremiato anche dal Comune di Perugia, è diventato uno dei cavalli di battaglia del locale tanto da creare nei giorni della ricorrenza del santo patrono, file di clienti che attendono pazienti per poter acquistare uno dei più gustosi torcoli. La ricetta che seguono è quella storica “purista”, senza uova. Sul loro sito c’è una versione “semplificata” da fare a casa ma, a differenza della ricetta fai-da-te, nel laboratorio usano il lievito madre. La ciambella si presenta come una delle più imponenti del mercato, con pezzettoni di cedro e uvetta che spuntano dalla crosta friabile, di un bel colore nocciola. L’interno è molto morbido grazie all’altezza dell’impasto, perfettamente lievitato mentre i semi di anice conquistano naso e palato, in armonia con gli altri ingredienti.
Piazza Settevalli
Nicola Antonacci è uno degli esponenti di spicco della pasticciera d’avanguardia. È sempre complicato cimentarsi nella rielaborazione di ricette tradizionali, nella migliore delle ipotesi si rischia di creare un nuovo prodotto, scollegato dalla storia. Ma, se alle conoscenze tecniche si abbinano garbo e misura, si possono ottenere risultati interessanti e quasi geniali come il mini-Torcolo di 150 grammi. Il nuovo formato 2025 che affianca il formato classico dall’impasto leggero e giusto mix di ingredienti, è destinato a quei single che non hanno ottenuto l’occhiolino di San Costanzo e forse nemmeno cercano un partner; una ciambellina (nemmeno tanto -ina) elegante, più lieve e ariosa del formato magnum da consumare nel sano egoistico piacere del gusto.
B&B Caffè
Se la versione da forno è troppo tradizionale e l’interpretazione contemporanea è troppo spinta, B&B caffè propone il giusto compromesso. La pasticceria è tra le mete preferite dei perugini che da oltre vent’anni trovano un’offerta di pasticceria italiana tradizionale pasticceria alleggerita da ogni eccesso ma non nel gusto. Stessa filosofia per il Torcolo di San Costanzo, una versione sontuosa ma ingentilita rispetto a quella del forno che resta fedele al gusto originale. Il morso è morbido e goloso, ricco di uvetta e cedro che ben si integrano con il sentore dei semi di anice.