Lotta allo spreco. Anche al ristorante
Too good to go: troppo buono per essere lasciato andare. O, meglio, per finire nella spazzatura. Parla chiaro l’applicazione danese ideata nel 2015, che a distanza di un anno sale alla ribalta delle cronache internazionali per la capacità di toccare la coscienza di molti e superare così i confini nazionali. Oggi il sistema è ampiamente diffuso in Germania, Francia e Inghilterra (nelle capitali Berlino, Parigi e Londra), in attesa che altri Paesi possano usufruire di un servizio di grande attualità, visto il contributo che reca alla lotta allo spreco alimentare. E così, mentre anche l’Italia si dota di una legge che incentiva a donare, favorendo il recupero di scarti ed eccedenze alimentari ancora buoni da mangiare, e il nostro Massimo Bottura si spende per la causa sostenibile e solidale di là dall’Atlantico, con il Refettorio di Rio inaugurato pochi giorni fa, la tecnologia al servizio dell’ingegno accorre in soccorso alla causa. Perché lo spreco alimentare – che gli ultimi sondaggi confermano essere duro a morire – possa un giorno trasformarsi in un lontano ricordo. Intanto l’app destinata ai ristoranti e ai consumatori che non si lasciano scoraggiare dalle apparenze cerca di limitare i danni.
Too good to go. Come funziona
Come funziona Too good to go? La start up mette in rete i ristoranti e le attività commerciali che hanno deciso di donare il cibo destinato alla pattumiera in mancanza di alternative valide. Una sorta di doggy bag acquistata a distanza, insomma: il cliente potrà comprare il cibo direttamente tramite app, selezionando attraverso una mappa geolocalizzata i ristoranti aderenti più vicini per esaminare le proposte del giorno o, ancor meglio, individuando un piatto specifico e rintracciando il ristorante che lo mette in vendita a un prezzo ribassato, come per ogni articolo “di seconda mano” che si rispetti. A Londra, per esempio, dove il circuito coinvolge già 95 ristoranti, la spesa non supera mai le 4 sterline per “piatto”, servito al cliente che si reca all’indirizzo dell’attività per ritirarlo a fine servizio in pratiche vaschette ecosostenibili (fornite dagli ideatori dell’app). Dietro all’invenzione che fa bene ai ristoratori (li aiuta a monetizzare il food cost in percentuali molto più alte, trasformando lo spreco in guadagno) e ai clienti c’è Chris Wilson, che supportato dal suo team è intenzionato a raggiungere un numero di esercenti e utenti iscritti al servizio sempre maggiore. E d’altronde le app impegnate nella lotta allo spreco si moltiplicano in tutto il mondo.
I precedenti italiani
Anche l’Italia – dove ogni anno finiscono nella spazzatura 8 milioni di euro – non sta a guardare. Da My Foody e Recup (a Milano) a Last Minute Sotto casa (a Torino), da Ratatouille (in Veneto) a Food for Good, che il cibo lo recupera tra i banchetti di catering ed eventi, l’impegno è capillare e crescente. In attesa che Too Good to go coinvolga anche i ristoranti del nostro Paese.
a cura di Livia Montagnoli