A Milano, la città dove anche l’aria sembra avere un prezzo premium, il toast – semplice connubio di pane, prosciutto e formaggio che abbiamo sempre considerato il salvacena o salvapranzo per eccellenza – ha subito una metamorfosi degna di un reality show culinario. Possiamo dimenticarci il classico spuntino da bar: ora il toast è diventato un manifesto del lusso gastronomico. Prendiamo, ad esempio, il "Totost", frutto della mente creativa del panificatore Davide Longoni e dell’oste Giacomo Pavesi. Il loro toast - due fette di pane e il mondo dentro come dice il claim - che oggi potrebbe tranquillamente aspirare alla stella, sfoggia fette di pane artigianale, shokupan giapponese o Tronco San Francisco Style, e farciture d’élite come spalla cotta o stracchino di Contrada Bricconi o addirittura il caviale. Esperienza sensoriale impeccabile, ma che richiede un investimento economico degno di un’occasione speciale.
E poi ci sono le bakery italo-giapponesi come Pan, che propongono versioni raffinate del toast, con prosciutto cotto e comté francese, magari aromatizzato al tartufo o locali come Mi Casa Toasteria che offrono una vasta gamma di toast gourmet, con ingredienti ricercati e combinazioni innovative.
Deliziosi, certo, ma come vedete la semplicità non basta più.
Sorge spontanea una domanda: è una risposta reale a una richiesta del mercato o, forse, è anche colpa di noi giornalisti e food editor? Siamo noi i primi a rincorrere ogni novità come se fosse l’ultima frontiera del gusto, a elevare con le nostre parole persino un umile toast al rango di esperienza gourmet imprescindibile. Scriviamo articoli, elogi, recensioni, classifiche trasformando ciò che un tempo era un simbolo di semplicità in un fenomeno gastronomico di lusso. Il risultato? Una città dove mangiare qualcosa di "semplice" sta diventando impossibile.
Parliamoci chiaro: va benissimo celebrare la qualità. Nessuno mette in dubbio che un prosciutto allevato allo stato brado o un formaggio stagionato siano un valore aggiunto. Ma la qualità deve essere sempre inaccessibile? Sarà davvero necessario spendere cifre esorbitanti per un semplice toast? O forse stiamo perdendo di vista la bellezza della semplicità, sacrificando il nostro conto in banca sull'altare della gastronomia gourmet.
Inseguiamo sempre l’eccezionale e l’inedito, ma nel farlo secondo me stiamo dimenticando di difendere il diritto al semplice. Perché, in fondo, anche un toast a cinque euro, con un prosciutto di qualità decente e un formaggio filante che non provenga dal lato più chic dell’Alvernia, può regalare momenti di pura felicità. Non sarà glamour, ma a volte è proprio quello di cui abbiamo bisogno.