Il grande bistrot contemporaneo in uno dei più bei borghi dei Castelli Romani

10 Feb 2025, 09:17 | a cura di
Insegna giovane, che convince per proposta e servizio, Tinello ha portato una ventata d'aria fresca a Castel Gandolfo

Agli occhi dei tanti turisti che arrivano a Castel Gandolfo per visitare il palazzo papale o il giardino Barberini – aperti da qualche anno al pubblico da Papa Francesco - il borgo deve apparire come un compendio ideale dell’Italia: un tranquillo corso pedonale con botteghe artigiane che si schiude su una piazza di impianto medievale e rinascimentale. Tra i palazzi storici, ogni tanto fa breccia la vista (pazzesca) sul lago di Albano, con le colline verdissime del Parco Regionale dei Castelli Romani, l’antico Vulcano Laziale. Quello che i turisti - o perlomeno, molti di loro - non sanno è che in questi quadretti pittoreschi della Penisola spesso a mancare sono proprio delle valide esperienze gastronomiche, valide sia per rapporto qualità-prezzo sia per personalità che superi il binomio Romanella + porchetta.

Ma ecco, che da qualche tempo dobbiamo ricrederci, grazie a un gruppo di talentuosi professionisti che, insieme ad altri, stanno riscrivendo l’immagine gastronomica della zona intorno ai Colli Albani, da Frascati ad Ariccia. Nella stradina, che, limitrofa alla villa pontificia di piazza della Libertà, porta verso Villa Barberini, Tinello Bistrot è un bel locale accogliente, ampio e luminoso, voluto, nel 2023, dalle stesse teste che stanno dietro al ristorante Sintesi di Ariccia: Sara e Carla Scarsella e Matteo Compagnucci. E il fatto che dietro ci siano giovani protagonisti del fine dining di nuova generazione, si vede innanzitutto nella cura dei dettagli e nella “non ingessatura” dell’accoglienza, affidata a professionisti sorridenti e preparati su ogni versante del menu o della cantina (ce ne vorrebbero così in ogni ristorante).

La proposta di Tinello Bistrot

Come scritto da più parti quando il locale è stato inaugurato, la carta del bere di Tinello è incentrata su vini artigiani selezionati con passione e perizia, senza manicheismi (e nemmeno per moda, appare evidente). Qui nel tardo pomeriggio ci si può anche fermare per un aperitivo, accompagnato da piccole proposte, chiamate “morsi”. Il menu è abbastanza stringato, senza una divisione precisa delle portate, la cucina stagionale, attenta al territorio, ma senza farne un limite. Molti sono i fuori carta giornalieri sulla lavagnetta che viene portata al tavolo, soddisfacendo varie tipologie di gusti. Ce n’è per gli amanti del comfort food, ad esempio, con i pici al ragù di pecora, saporiti ma leggeri, e fettuccelle ai porcini.

Gli amanti dei piatti vegetali trovano il loro optimum con samosa di broccoli e taggiasche o cardoncelli fritti (strepitosi), così come per chi ama le contaminazioni, ci sono i dumpling di pollo e gamberi con dashi, il bun con costine sfilacciate o, perché no, il persico marinato del Lago di Nemi. La selezione di formaggi la dice lunga sul pensiero dietro all’insegna: da un casaro della Valpolicella a un altro di Montecompatri, essenziale ma con grande personalità. I dolci sono di una golosità d’altri tempi: colpo al cuore la torta di rose servita calda con crema inglese allo zafferano. E c’è anche il panettone (con lo zabaione).

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram