Tra Toscana e Liguria si prepara ancora un antichissimo formato di pasta che ricorda le crepes

2 Feb 2025, 14:18 | a cura di
I testaroli sono una ricetta povera e antica, sopravvissuta ai secoli e oggi presidio Slow Food. Ma ogni paese della Lunigiana ha la sua variante (e si contende aspramente la paternità)

Farina, acqua e sale. Bastano pochi ingredienti per portare in tavola i testaroli, uno dei piatti più antichi d’Italia, dalla caratteristica forma a losanghe, considerato l’antenato della pasta. Ma per rispettare la tradizione servono anche il testo, la pesante piastra in ghisa, il camino, dove arroventarla e una generosa dose di pesto (che per questa ricetta vuole il basilico tagliato grosso). Così si prepara ancora oggi nelle case e nelle trattorie della Lunigiana, dove Pontremoli e Bagnasco si contendono il primato di questa specialità che dal dopoguerra ha conquistato anche la produzione industriale.

Che cosa sono i testaroli

I testaroli hanno un’origine incerta, ma si dice che siano nati in epoca romana, quando probabilmente si utilizzava la farina di farro invece di quella di grano. Ma la loro storia è legata solidamente ai territori della Lunigiana e dell’estremo levante ligure: da Pontremoli a Castagnetoli, da Fosdinovo ai piccoli borghi arroccati sulle colline. L’area comprende le province di Massa Carrara e La Spezia, alla sinistra del fiume Magra. Racchiusa tra Appennino, Alpi Apuane e mar Ligure, la Lunigiana prende il nome dall'antica colonia romana di Luni, il comune ligure conosciuto fino al 2017 con il nome di Ortonovo (da qui anche il nome della contesa denominazione tra Toscana e Liguria, Colli di Luni). Un tempo i testaroli erano il piatto dei contadini e dei pastori che, con pochi mezzi e tanta ingegnosità, riuscivano a cucinare un pasto caldo anche lontano da casa. Oggi sono un simbolo della tradizione locale, e il loro valore è stato riconosciuto anche da Slow Food, che ne ha fatto un presidio con tanto di ricetta ufficiale.

Il segreto è (anche) nel testo

Non tutti sanno che il nome testaroli deriva dal testo, la particolare piastra che serve per la loro preparazione. Un attrezzo dalle origini antiche, un tempo in terracotta e oggi in ghisa, che veniva utilizzato soprattutto dai pastori e dai contadini per cucinare all’aperto. L’impasto, liquido come quello delle crepes, viene versato sul testo rovente, dove cuoce senza bisogno di essere girato: il calore diffuso uniformemente permette alla parte superiore di rapprendersi, creando una consistenza spugnosa perfetta per assorbire i condimenti. Una volta pronto, il disco viene tagliato a losanghe e immerso in acqua bollente per pochi secondi, prima di essere servito con il tradizionale pesto, olio e parmigiano o con altri sughi.

Varianti e condimenti

Nonostante la ricetta certificata da Slow Food, ogni paese della Lunigiana ha la sua versione dei testaroli. A Fosdinovo, ad esempio, la tipica forma a losanga è più piccola, con un diametro di 15-20 cm, mentre a Pontremoli le losanghe di pasta raggiungono i 40-45 cm. Cambia anche la consistenza dell’impasto: in alcune zone è più fluido, in altre più denso. E se il condimento più classico è il pesto, non mancano alternative più rustiche: pecorino, sugo ai funghi, pomodoro fresco, stracchino o addirittura salumi.

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