Prima paventate, poi minacciate e, infine, ufficializzate. Le dimissioni di Teresa Bellanova dalla carica di Ministra per le Politiche agricole arrivano in concomitanza con lo strappo annunciato dal segretario di Italia viva, Matteo Renzi, che ha ritirato la sua delegazione dal governo guidato da Giuseppe Conte. Con una lettera inviata via mail, assieme alla Bellanova, hanno fatto un passo indietro anche Elena Bonetti (Ministra per le Pari opportunità e famiglia) e Ivan Scalfarotto (sottosegretario agli Esteri). “Abbiamo deciso di rimettere il nostro mandato in nome della dignità e della nobiltà della politica e della nostra libertà e responsabilità individuale”, ha scritto la ministra annunciando sui social la lettera consegnata alla presidenza del Consiglio dei ministri.
Gli scenari del dopo dimissioni della ministra Bellanova
I vari scenari che si aprono da qui in avanti, mentre l’Italia è ancora in piena pandemia da Covid e deve votare un nuovo scostamento di bilancio, pongono molti interrogativi sulla tenuta della maggioranza ma anche sui provvedimenti attesi dalla filiera produttiva in relazione alle sfide che attendono l’Italia in questo 2021. “Non è stata una decisione facile quella di dimettersi. Fare la ministra” ha detto ancora la Bellanova in un video su Facebook “è un grande onore e l'ho fatto con tutto l'impegno possibile. Il mio è un incarico importante ma lo è veramente solo se hai la possibilità di incidere”.
Il passo indietro dell’esponente di Italia viva (che appena un mese fa rilasciava al Gambero rosso questa intervista) lascia aperte diverse questioni. In Europa, per esempio, perdiamo il suo forte contributo nell’ambito della discussione sull’etichettatura degli alimenti, su cui la ministra ha dato battaglia nei mesi scorsi in sede Agrifish, proponendo il logo nutrizionale facoltativo Nutrinform battery e schierandosi apertamente in difesa delle Dop, contro lo schema nord-europeo a semaforo (Nutriscore). Ma, soprattutto, rischia di restare nel limbo il grande lavoro – da fare – sulla definizione della nuova Pac e sui progetti del Recovery plan (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che, come ha ribadito più volte la stessa ministra dimissionaria, dovrebbe vedere l’agricoltura tra le protagoniste nell’ambito degli obiettivi europei definiti dal Green deal europeo.
Dimissioni Bellanova: risultati e fallimenti
Dal 5 settembre 2019, data del suo insediamento (ne abbiamo tracciato un profilo all'indomani della nomina), sono diversi i provvedimenti su cui ha lavorato il dicastero a guida Bellanova. A novembre 2019, la ministra fece un primo e breve bilancio di quanto fatto illustrando un programma ambizioso (di cui abbiamo parlato nelle nostre pagine) che, partendo dall’azzeramento dell’Irpef agricola per il 2020, ha coinvolto, nei mesi a venire, l’universo femminile col progetto “Donne in campo” (rifinanziato per il 2021), poi i giovani attraverso agevolazioni creditizie per l’avvio di nuove attività, fino alla semplificazione burocratica nel settore primario e alla lotta al caporalato, in collaborazione coi Ministeri del Lavoro e dell’Interno, che mette in pratica i principi della legge del 2016 in un piano nazionale triennale di contrasto all’illegalità che deve ancora partire.
Il Covid ha dettato l'agenda della ministra Bellanova
Il programma della Bellanova per il settore primario ha dovuto, purtroppo, fare i conti con la pandemia da Covid-19, scoppiata improvvisamente a febbraio 2020, costringendo il Governo e il Mipaaf a operare in regime d’emergenza e rinviando molti obiettivi di partenza. Nonostante ciò, del mandato a guida Bellanova si segnalano altri importanti interventi come quelli per affrontare la Xylella in Puglia nel settore olivicolo, grazie a un massiccio piano straordinario da oltre 300 milioni di euro, che comprende anche la rigenerazione degli ulivi monumentali; l’impegno a livello internazionale tra febbraio e marzo 2020 per evitare i blocchi degli alimentari alle frontiere in una fase di diffusione rapida del Coronavirus in cui l’Italia veniva additata come untrice d’Europa; i finanziamenti a tasso agevolato erogati dalla primavera scorsa attraverso l’Ismea per le imprese agricole in crisi di liquidità; il lavoro a favore degli indigenti per garantire ai bisognosi l’accesso al cibo durante i primi mesi di pandemia (50 milioni di euro nel decreto Cura Italia); il fondo da 600 milioni di euro per affrontare la crisi del settore ristorazione penalizzato dalle chiusure disposte dal Governo per evitare la diffusione del Covid-19 (a gennaio 2021 sono state oltre 46mila le domande pervenute con richieste per 350 milioni di euro); i 150 milioni di euro a favore del comparto vitivinicolo per favorire la distillazione, il contenimento delle produzioni e le misure di decontribuzione fiscale; il miliardo di euro stanziato per l’agricoltura nell’ultima Legge di bilancio.
Il lavoro per il settore vitivinicolo
In particolare, il settore vitivinicolo rimane in attesa del protocollo unico nazionale di sostenibilità, guarda all’approvazione definitiva da parte del Parlamento della legge sul biologico, deve affrontare per vie diplomatiche il rischio dazi a carosello negli Usa e le eventuali ritorsioni per l’entrata in vigore della digital tax e guarda alla convocazione dell’atteso Tavolo vino in vista della campagna di promozione sui mercati esteri, in un’azione congiunta che prevede il coinvolgimento dei ministeri degli Esteri e delle Politiche agricole. Del lavoro della ministra Bellanova per l’agricoltura in circa 15 mesi, infine, non va dimenticato l’impegno per la regolarizzazione del lavoro nero (“oltre 200 mila le persone sottratte all’invisibilità”) e il contrasto allo spreco nella filiera agroalimentare. Quella che la ministra ha sempre voluto chiamare “filiera della vita” e che, a meno di clamorosi ripensamenti del suo partito, non avrà l’opportunità di sostenere più dalla più alta poltrona di Via XX Settembre che ha preferito liberare.
a cura di Gianluca Atzeni