Temakinho. Casual dining nippobrasiliano
Cinque anni fa, correva l'anno 2012, erano 300mila euro; di capitale investito con il sostegno di finanziatori privati che nel progetto dei tre giovani ideatori di Temakinho - tutti italiani, Linda Maroli, Santo Bellistri e Francesco Marconi – hanno creduto sin dall'inizio. Un anno dopo arrivavano le prime conferme: due milioni di euro. Di fatturato. Oggi, quando la raggiungiamo telefonicamente per approfondire il fenomeno temakerie in Italia, Linda risponde da Londra: “Sono qui per avviare il nostro primo locale in città”. Il giro d'affari, nel frattempo, fa registrare 14 milioni di entrate da ripartire per sei, tra Milano, Roma e Ibiza, l'ultima arrivata. Da Milano, dov'è cominciato tutto, l'onda del casual dining nippobrasiliano – il primo format del genere in Europa, che del successo planetario del fine dining Sushi Samba seguiva le orme, lavorando su una nuova fascia di target – si è perfezionata a tal punto da stimolare la nascita di un mercato di genere, che oggi, specie a Milano e Roma, conta un gran numero di “follower”, come li definisce Linda. Competitor, diremmo noi. E perché la moda del sushi brasiliano cominciasse a mietere vittime nelle principali città italiane c'è voluto poco.
Al primato del capoluogo lombardo è seguito, da un paio d'anni a questa parte, il bagno di folla capitolino. Temakinho è arrivato a conquistare un territorio vergine – dal rione Monti alla più recente apertura di Borgo, in un bel palazzetto liberty a tre piani, e nel 2017 arriverà il terzo locale – oggi il panorama è più vario, e vede in lizza realtà solide come Sambamaki e Manioka. “E non possiamo che esserne felici: a Roma stiamo crescendo tantissimo, e il merito è anche del successo di questa nicchia di mercato, che nicchia non è più. Chi si imbatte in una temakeria è curioso di sapere chi è stato il primo a portare il genere in città, e viene a trovarci”.
Nikkei Burajiru Jin. Giappone e Brasile in tavola: le origini
Fermiamoci un attimo, allora. Quando, perché e come ha preso forma l'idea? La parentesi storica è d'obbligo: oggi la cucina nippobrasiliana, come del resto quella nippoperuana incentrata sulla rilettura del ceviche, è apprezzata in tutto il mondo, ma non tutti ne conoscono le origini, che, nella fattispecie, risalgono all'inizio del Novecento, quando si data la prima ondata di sbarchi giapponesi a San Paolo (nel 1908 l'arrivo della nave Kasato Maru con 160 famiglie a bordo). All'epoca questa colonia in arrivo dalle isole nipponiche sbarcò in Brasile in cerca di fortuna, presto la comunità assunse dimensioni ingenti, attualmente è una delle più numerose nel Paese (la più grande popola il quartiere Libertade a San Paolo). La fusione tra le due culture culinarie portò a formulare una cucina nuova - poi ribattezzata Nikkei Burajiru Jin - che prendesse spunto dalla tradizione rigorosa del Giappone utilizzando gli ingredienti a disposizione e mettendo a frutto, una generazione dopo l'altra, la creatività e il colore do Brasil. Il simbolo di questa evoluzione culinaria, sdoganato oltre un secolo più tardi dal successo delle temakerie, è il caratteristico cono d'alga ripieno di riso e pesce (il temaki giapponese) arricchito con frutta e salse brasiliane. E preferibilmente accompagnato da una rinfrescante Caipirinha.
La temakeria oggi. Dal Brasile alla conquista del mondo
Ma sul menu di quelli che in “patria” sono spesso dei semplici fast food – il primo ad aprire, dopo la metà del Novecento, fu Okina Sushi - spuntano anche roll con granchio, avocado, papaya, maki, uramaki e sashimi che si arricchiscono di salse colorate e speziate, temaki “senza alga”, dov'è il pesce crudo ad avvolgere il ripieno. Mentre il saké incontra la cachaca e la frutta tropicale. In Europa e nel mondo questa variante fusion dell'onnipresente sushi esplodeva già alla metà degli anni Novanta. Perché arrivasse in Italia c'è voluto più tempo, ma la squadra di Temakinho ha saputo imporsi come prima nel suo genere, casual, per l'appunto: “Di player legati al fine dining nippobrasiliano l'Europa è piena, la nostra idea è stata quella di raggiungere tutte le tasche”. A partire da casa, Milano, e poi Roma. Per indirizzarsi in seguito verso nuovi mercati, “i tre Paesi che in Europa guidano la classifica dell'eating out: Spagna e Inghilterra, oltre all'Italia”. A Ibiza, in pochi mesi, il business è entrato a regime, ben oltre le aspettative: “La nostra proposta sull'isola funziona bene tutto l'anno, ben oltre la clientela stagionale. Ecco perché presto punteremo su Madrid”.
Temakinho a Londra
Intanto però tra un paio di settimane si apre a Londra, nel cuore di Soho, a Old Compton street: “Un centinaio di posti a sedere, un masterchef a guidare il team, e la nostra proposta di sempre, anche se in ogni città ci piace variare il tema con grafica e loghi – presi in prestito dal vernacolare brasiliano – sempre diversi”. In tavola arriveranno i best seller della casa, ma anche piatti adattati al gusto locale, pietanze più sapide e speziate. E una corposa carta dei cocktail, necessaria per conquistare i londinesi. Nessun timore della concorrenza (a Londra Sushi Samba è un'istituzione)? “In città ci sono competitor molto forti in fatto di know how, a differenza di quanto vedo a casa nostra. Però molti sono posizionati in fascia di prezzo più elevata, tanti altri specializzati nella variante peruviana. Noi dalla nostra abbiamo un controllo rigoroso della qualità a una politica di prezzo molto conveniente, Ci stiamo dentro risparmiando un po' sul servizio. Ecco perché non temiamo il mercato”. Del resto Temakinho ha recentemente ottenuto la certificazione Friend of the sea (“per la sostenibilità della nostra filiera e l'etica del lavoro che rispettiamo scrupolosamente”) e i risultati in patria sono un ottimo incentivo a proseguire.
La moda romana. Da Monti a Prati...
Prendiamo il caso romano: “A Roma, rispetto a Milano, soffriamo un po' il servizio del pranzo, ma in serata l'affluenza è altissima. Per prenotare un tavolo verso le 21 è ancora necessario muoversi con una settimana d'anticipo”. Il target che non può più fare a meno di un temaki brasiliano? “Quello dei Millennials. Apprezzano lo stile informale, l'approccio tecnologico, i cocktail in abbinamento alla cucina. I più attenti anche la nostra etica sostenibile: in tre anni abbiamo perfezionato uno studio sul prodotto e sulle aziende fornitrici di cui andiamo orgogliosi”. Ecco perché presto arriverà la terza apertura in città, in zona altrettanto centrale ancora top secret, mai in franchising: “Preferiamo avere il controllo, l'ipotesi di partnership la vaglieremo solo quando tenteremo la strada del Middle East”. Nel frattempo però, a confermare l'analisi di Linda, la Capitale si è popolata di competitor.
Sambamaki in primis: nato dall'incontro tra l'imprenditore italiano Riccardo Di Salvo e il giovane chef brasiliano Ricardo Takamitsu (che ha studiato al fianco di Eduardo Inoue, fondatore di una celebre catena di temakerie in Brasile), il locale ha già bissato il successo della prima apertura, e dopo aver espugnato il quartiere Salario, nel 2015 è sbarcato a Prati, in via Vittoria Colonna.
… All'Aventino
Chi invece ha appena intrapreso il raddoppio è Manioka. Dopo via Ofanto, dove il locale ha inaugurato poco più di un anno fa, con buon riscontro di pubblico, l'ultimo brand nippobrasiliano arrivato in città si è mosso alla conquista di viale Aventino. Da una settimana questo boteco do sushi brasileiro dispone di un secondo locale più spazioso – un centinaio di coperti all'interno, 20 su strada – e replica la formula che gli ha portato fortuna: non solo temakeria, ma anche “trattoria” brasiliana, tra polpette, picana e dolci tradizionali. “Dietro al banco lavorano 8 chef, due cuoche brasiliane e un team di giapponesi. Il pesce arriva intero al locale , la carne invece ce la prepara la macelleria Feroci. Sui prodotti vogliamo essere competitivi”. Puntando soprattutto sul pescato locale, dalla ricciola ai gamberi rossi. In abbinamento cocktail d'ordinanza, per una spesa che anche in questo caso va incontro a tutte le tasche, 30-40 euro in media, anche se in parte cambia il target, “lavoriamo a pranzo con i dipendenti brasiliani della Fao, la sera con la movida dell'Aventino”. Che a quanto pare fa gola a molti: tra pochi giorni, a pochi metri da Manioka, aprirà São. La soffiata è apparsa qualche tempo fa sul blog Gugsto, ora che l'inaugurazione si avvicina (il 23 novembre) ricapitoliamo le - poche – informazioni in merito: il nuovo nippobrasiliano prenderà il posto di Bistreet, spazio informale su strada del palazzetto liberty di The Corner. Dal cantiere dei lavori in corso già si intravede la carta da parati che l'architetto Giorgia Cerulli ha scelto per personalizzare il locale; la gestione, invece, dovrebbe essere affidata ad Aldo Nascimbeni, già ideatore di Somo e art director di The Deer Club al Dom Hotel. Nessun dubbio sul menu: temaki, crudi di pesce, roll e cocktail tropicali. Finché la moda impazza, perché non cavalcare l'onda?
Temakinho | Roma | via dei Serpenti, 16 / Borgo Angelico, 30 | www.temakinho.com
Temakinho | Milano | corso Giuseppe Garibaldi, 59 / Ripa di Porta Ticinese, 37 / via Boccaccio, 4
Temakihno | Ibiza | Puerto de Marina Botafoch
Temakinho | Londra | Old Compton street | prossima apertura
Manioka | Roma | via Ofanto, 35 / viale Aventino, 40 | www.ristorantemanioka.com
Sambamaki | Roma | viale Regina Margherita, 168 / via Vittoria Colonna | www.sambamaki.it
Sao | Roma | viale Aventino, 123 | dal 23 novembre | www.facebook.com/saobraziliansushibar/
a cura di Livia Montagnoli