Brillat-Savarin lo definiva il diamante della cucina. Per Alexandre Dumas era il sacrum sacrorum dei gastronomi, tanto da annoverarlo nel suo Grande dizionario di cucina attraverso 23 ricette - alla cenere, allo champagne, al vapore, in insalata o come farcitura - non di meno Pellegrino Artusi che nella sua bibbia gastronomica dedica al tartufo un’ampia sezione su come impiegarlo crudo e cotto, come ingrediente principe in una succulenta salsa tartufata; nelle perine di riso, ma anche per guarnire la cotoletta alla bolognese. Gualtiero Marchesi dedica tre pagine al tartufo nel suo ‘Almanacco in cucina’, scritto insieme a Fabiano Guatteri (Rizzoli-2012), consigliandone l’uso in diverse modalità, ma anche mettendoci in guardia dal riconoscere eventuali imperfezioni qualitative:
Un ingrediente prezioso in cucina, soprattutto in un Paese - come l’Italia – dove si sviluppano durante l’arco dell’anno la maggior parte delle specie di tartufi commestibili. In questo contesto è sorta a Savigno, sulle colline bolognesi, Appennino Food Group: una società che opera nella scelta e nella distribuzione del tartufo, frutto dell’intuizione di Luigi Dattilo. Appassionato di funghi e tartufi, la sua storia personale si interseca con quella dell’attività imprenditoriale che ha fondato nel 1994, portandola in pochi anni a diventare la terza realtà del settore in Italia per dimensioni, che nel 2020 ha lavorato oltre 32 tonnellate di tartufo. Ma tutto inizia quando Luigi Dattilo - appassionato come il fratello Angelo di natura, boschi, funghi e tartufi - in occasione del suo compleanno si fa regalare dai genitori un cane da tartufi di nome Geo, preferendolo a una Golf GTI. Sarà l’inizio di un’avventura straordinaria.
La stagionalità del tartufo
“Grazie a cinque specie disponibili in natura possiamo disporre di tante varietà nel corso dell'anno: da settembre a dicembre c'è il famoso tartufo bianco pregiato, denso di aromi importanti ma di difficile reperibilità e costi elevati; da dicembre a fine marzo-inizio aprile, c’è il tartufo nero dolce o tartufo del Perigord, disponibile per tre mesi, di fianco a lui c’è un tartufo minore, il ‘Bianchetto’, meno pregiato del bianco, intenso e agliaceo, grazie alle pinete da cui riceve le sue note resinose; fino ad arrivare al tartufo nero d’estate, che in realtà si divide in due con il Tuber estivum, varietà estivum, che parte a maggio per terminare a settembre e il tartufo nero uncinato. Dodici mesi in cui è sempre possibile disporre di tartufo fresco” spiega Dattilo, che poi annuncia“L’obiettivo che ci siamo posti è promuovere il tartufo tutto l’anno”.
Il progetto: tartufo tutto l'anno
L'obiettivo di Luigi Dattilo è rendere il tartufo fruibile in tutte le stagioni, valorizzandone la qualità. E per farlo ha sviluppato un sistema che si preannuncia innovativo: “Quello che abbiamo creato è un micro habitat che mantiene il prodotto come se fosse appena colto, consentendo al fungo di mantenere le sue proprietà organolettiche e l’inconfondibile aroma, e che permette al tartufo di potersi evolvere”. In che modo? “Poniamo il carpoforo in una teca a vista dove vi sono le condizioni ideali per proseguire la sua attività e definire meglio il profumo e le sue caratteristiche”. Il tutto a vista “Il cane” spiega “percepisce il profumo perché ha un olfatto sette volte superiore al nostro, ma noi potremo dover attendere e dobbiamo farlo in sicurezza”. Per questo serve uno strumento adatto: “Se teniamo male il tartufo, come qualche volta mi accade di vedere, conservandolo in un contenitore pieno di riso in frigorifero ad esempio, dovremo buttarlo via, perché il riso gli avrà tolto tutta l’umidità, disidratandolo, trasferendo il suo amido e danneggiandolo”.
Come conservare il tartufo
“Il tartufo va seguito e curato, soprattutto durante la conservazione, perché ha un equilibrio delicato”. Per prima cosa va pulito: “occorre toglierli la terra e quella sabbia che lo circonda, lavandolo in acqua fredda con una spazzola in modo delicato ma fermo. Ricordiamoci che vive nel sottosuolo, ha a che fare con gli agenti atmosferici come il sole e la pioggia, vive in un ambiente contaminato come la terra. Inoltre” continua “viene preso in bocca dal cane. Al termine della pulizia va asciugato lasciandolo all’aria un'ora circa, oppure aiutandosi con uno stracciolino di carta, ricoverandolo infine in un contenitore con della carta assorbente, che andrà riposto in frigorifero tra i 2° e i 4°”. A casa si può conservare in frigo, “dovremo aprire il contenitore ogni giorno, cambiando la carta e l’aria: il ricambio di ossigeno è fondamentale, in questo modo potremmo consumarlo anche dopo un mese”. Ma attenzione: “il tartufo non è un salame, non deve invecchiare”. Si può però conservare il tartufo sott’olio “allora è meglio scegliere l’olio di semi di girasole o quello di vinacciolo, ideali perché ospitano il prodotto in modo pulito e neutro rispettandolo e perché hanno un punto di fumo più alto dell’olio di oliva”. Durante la conservazione, inoltre, occorre tenere conto di un calo fisiologico a cui il tartufo è naturalmente sottoposto, che ha un peso soprattutto nel caso del tartufo bianco, che ha un costo di 3.500€ al kg., ovvero 3,50€ al grammo.
Tartufo e la conservazione nella teca refrigerata
Questo in linea generale. Ma c'è un nuovo strumento, inventato da Luigi Dattilo, a disposizione dei ristoratori: “Abbiamo creato una teca refrigerata a ultrasuoni, dove conservare il tartufo in modo che possa proseguire la propria attività e conservarsi al giusto grado di umidità per almeno dieci/quindici giorni, avendo cura ogni 2-3 giorni di rabboccare l’acqua nel contenitore interno, che consente di creare l’effetto nebbia”. La teca refrigerata, realizzata in krion - materiale antibatterico, non poroso, che può essere usato a contatto con i cibi, eco-friendly perché 100% riciclabile e dall’elevata resistenza agli attacchi di sostanze - è frutto di due anni di sperimentazione, e di una felice collaborazione con Enrico Bianchini di Italproget, società umbra tra le aziende leader nella produzione di vetrine refrigerate e arredi personalizzati.
L’intento è di ricreare perfettamente il microhabitat del bosco consentendo così al tartufo di vivere e conservarsi come se fosse in natura, mantenendo gli 85° di umidità ideale di cui necessita. Nella teca si produce freddo e con un sistema a ultrasuoni si diffonde una leggera nebbiolina benefica, scindendo la molecola dell’acqua e rendendola leggera, accarezzando il tartufo che è costituito per l’80% di acqua, compensando l’umidità che in maniera naturale perde, creando le condizioni ideali per l’evoluzione del tartufo e la sua conservazione, rispettando il prodotto e mantenendolo sempre fresco. Inoltre viene regimentato l’oneroso problema del calo peso, che ad Appennino Food incideva nella misura dell’8% e ora è stato ridotto al 2%. Le teche prodotte - strumento di lavoro e di design - sono per ora 20, ispirate al sistema di conservazione del tartufo delle celle frigo di Appennino Food, di cui cinque andranno sul mercato di Hong-Kong, cinque a Riahd e dieci saranno posizionate in Europa a clienti selezionati, tra cui il ristorante La scogliera de La maddalena (SS), dove in luglio è stato lanciato il progetto. Uno strumento brandizzato Appennino Food, che non verrà venduto, ma dato in comodato d’uso. “Siamo orgogliosi di poter dire di essere stati i primi ad aver ideato questo progetto così rivoluzionario, e lo abbiamo fatto per tutti quei ristoratori che vogliono proporre le varie specie di tartufo tutto l’anno” conclude Dattilo.
Come riconoscere e utilizzare il tartufo di qualità
“Deve possedere profumo, consistenza e colore, tre elementi legati indissolubilmente l’uno all’altro. Il carpoforo deve avere una consistenza soda, non molle, non deve essere troppo secco e avere un colore non opaco, ma brillante”. Il bianco va impiegato esclusivamente crudo e si presta a impreziosire risotti, tagliolini e uova, il nero può essere consumato cotto o crudo. Non solo: “Ogni carpoforo ha un differente grado di maturazione, se si hanno 4 o cinque tartufi il mio consiglio è di mescolarli utilizzandoli insieme in modo che le diverse caratteristiche che derivano dai diversi alberi con cui è stato a contatto, come quercia e pioppo, possano dare maggiore armonia al piatto”.
a cura di Luca Bonacini