Rinasce in Sicilia, sulle pendici dell'Etna, il vino come veniva prodotto secondo i dettami di agronomi ed enologi latini. Un esperimento che riprodurrà un vigneto, nelle colline siciliane, seguendo in maniera fedele le istruzioni contenute nei testi romani dal I secolo a.C. al II d.C., in particolare il secondo libro delle Georgiche di Virgilio e il De Agricultura di Columella. Tutto si svolgerà secondo metodi antichi: dal prelievo delle talee alla vendemmia, dalla distanza tra i filari allo scavo delle fosse e all’utilizzo di strumenti ricostruiti.Il progetto è dell’Istituto beni archeologici e monumentali del Cnr, in collaborazione con l’Università di Catania.
“Grazie ai testi di Columella è stato possibile ricostruire, ad esempio, la ‘cicogna’, strumento utilizzato dai proprietari terrieri per verificare che i lavori di scasso preparatorio per la piantumazione delle vigne fossero ben eseguiti dai contadini”, spiega Mario Indelicato, esecutore del progetto e proprietario dei terreni vitati “la fonte è stata chiara anche indicando nelle foglie di canna e di ginestra il materiale più opportuno per legare le viti novelle al tutore: conoscenze e pratiche oggi destinate a scomparire nelle campagne siciliane e italiane”.
Il progetto (che darà origine a una tesi di laurea dal titolo “Archeologia del vino in Italia: un esperimento siciliano”) vuole verificare la fattibilità delle istruzioni dei nostri antenati, e comprendere se queste conoscenze tecnico-pratiche possano essere utili anche oggi. I risultati dello studio saranno anche comparati con quelli delle indagini archeologiche condotte in Sicilia e nel resto d’Italia.
In cinque anni l’area vitata, piantata nella primavera 2012, raggiungerà i 5mila metri quadrati. Fra tre anni è prevista la prima produzione utile per la vinificazione. Le viti (a bacca bianca e rossa) provengono dalla collezione ampelografica dell'Uos 2 di Marsala. Il primo raccolto dovrebbe dare un quintale di uva, da cui 70 litri di vino.“Quantità raddoppiabili già dall’anno successivo”sottolinea il direttore dell’Ibam-Cnr e coordinatore del progetto, Daniele Malfitana“fino a una previsione di raccolto ottimale di circa 50 quintali per l’estensione completa del vigneto”. Le spese (non alte) per l'esperimento ricadono nei fondi per la ricerca a disposizione di Cnr e Università. "L'idea di produrre un vino come per i Romani riveste un fascino particolare" conclude Malfitana "e magari potrebbe suscitare la curiosità e l'interesse di qualche azienda vitivinicola disposta a partecipare attivamente all'iniziativa".
a cura di Gianluca Atzeni