Paolo Zacchera da trent'anni nella sua azienda La Compagnia del Lago Maggiore a Verbania coltiva camelie e tè per scopo ornamentale. Due anni fa, ha deciso di avviare una produzione destinata al consumo. Parliamo di tre ettari di piantagione che ancora non sono in produzione: “Lo saranno tra un paio di stagioni e quando l'Asl ci darà tutti permessi per commercializzare. L'obiettivo è poter vendere un tè prodotto in Italia - il tè del Lago Maggiore! - su larga scala”. Nel frattempo, però, nulla vieta il consumo personale per poter fare tutte le prove del caso.
Il tè di Verbania
“Quando il mio amico Marco Berton (Presidente dell’Associazione Italiana Tè & Infusi e consulente, ndr) è venuto a trovarmi, ho messo all'opera quattro persone per raccogliere circa 800 grammi di punte – considerando che ci vogliono circa 1 chilo di foglie per produrre 200 grammi di tè, pensateci prima di pagare 18 bustine 2 euro! - che lui ha essiccato e trasformato in tè nero”. Aggiudicandosi il prestigioso Gold Award per la categoria dei Tè neri internazionali all'International Black Tea Tasting Competition che si disputa ogni anno in Cina. “Noi non c'entriamo nulla con questo premio! Il tè è come il vino: un conto è produrre una buona uva, un altro è fare un buon vino”. Spiega Paolo in un eccesso di umiltà. Già, perché l'intuizione di coltivare la specie pura di Camellia sinensis in questa valle è stata sua.
La coltivazione di tè in Italia
“Questo è un ambiente incontaminato caratterizzato da terreni acidi e un'acqua straordinaria e cristallina, priva di calcare e perfetta per lo sviluppo delle piante da tè. Che di fatto crescono bene anche in Europa e in particolare in Italia: ci sono per esempio due realtà in Sicilia e in Toscana già produttive”. Ovvero con tutti i permessi e i macchinari necessari per la commercializzazione. “Se tutto andrà bene, tra un paio di anni comprerò i macchinari necessari in Giappone, ovvero quelli per pressare il tè ed essiccarlo. Siamo nell'ordine di una spesa che va dai 400mila al milione di euro, quindi investirò solo se le piantagioni cresceranno rigogliose”. Conclude Paolo. Le premesse ci sono tutte.
a cura di Annalisa Zordan