Suino nero: la storia
La produzione di salumi ottenuti dai suini neri si sta ritagliando uno spazio sempre più importante. È un fenomeno di supernicchia, certo: piccole quantità per prodotti presenti solo nel mercato locale e nell’alta gourmandise. Si tratta di maiali rustici che un tempo sgambavano e grufolavano nelle campagne italiane, prima di essere sostituiti nel secondo Dopoguerra dai suini del nord Europa. Sono queste razze cosiddette migliorate, i maiali rosa adatti all’allevamento intensivo, a crescere in fretta e a fare carne, ad aver mandato in pensione i nostri maiali dal mantello generalmente scuro. Una pratica che ha radici già nell’Ottocento e che ha rischiato di portare all’estinzione i suini neri, più piccoli e abituati a crescere allo stato brado o semibrado.
Già nel 1805, in Inghilterra, iniziò la selezione della specie Large White, o Yorkshire, ufficializzata nel 1860, dopo vari tentativi di incrocio con specie cinesi e siamesi, con la fissazione dei caratteri tipici come fertilità, grande pezzatura e scheletro di ridotte dimensioni, che garantiscono una resa maggiore. Quando poi è stata introdotta in Italia la razza Large White, più produttiva e adatta agli incroci con altre razze, si è arrivati a una contrazione del numero di suini neri, di cui sono rimaste solo poche razze, sopravvissute solo grazie a interventi di recupero e salvaguardia.
Suino nero: le razze
È significativo il fatto che sta crescendo, soprattutto nel sud d’Italia, il numero di aziende agricole che hanno ripreso ad allevare i maiali neri. Di questo suino rustico della tradizione italiana sono sopravvissute all’estinzione poche razze, ufficialmente riconosciute nel registro anagrafico dei tipi genetici autoctoni tenuto dall’Anas (Associazione Nazionale Allevatori Suini):
- la cinta senese, una antichissima razza suina che prende il nome dalla fascia bianca che risalta sul mantello nero, adatta agli ambienti più impervi e in grado di utilizzare le risorse alimentari disponibili nelle zone della macchia mediterranea.
- la mora romagnola, che ha una storia particolarmente travagliata, dal momento che è stata molto vicina all’estinzione: dagli oltre trecentomila di inizio secolo, negli anni ’90 il numero totale era sceso a soli diciotto esemplari nell’allevamento di Mario Lazzari a Faenza. Poi la mora romagnola è stata salvata grazie a un progetto di recupero di WWF Italia e dell’Università degli Studi di Torino.
- la casertana, già sul finire del Settecento la casertana era allevata in uno dei territori più popolati del regno borbonico, dove era apprezzata per la sua grande capacità di produrre grasso. Ha il mantello color grigio ardesia e quasi privo di setole, da cui il nome pelatella con il quale è conosciuta.
- il nero siciliano, detto anche Suino Nero dei Nebrodi o Nero delle Madonie, allevato nelle zone boscose dell'isola, ha visto negli anni ridurre la sua presenza a causa della graduale scomparsa dei boschi che anticamente coprivano buona parte dei rilievi siciliani.
- la sarda, possiede caratteristiche uniche, dalla varietà del colore del mantello (nero, grigio, marrone o maculato) alla tipologia delle setole (assenti oppure lunghe e numerose simile al vello delle pecore); l’allevamento estensivo in aree impervie ed isolate, oltre alla natura isolana della Sardegna, hanno garantito la preservazione dell’ampia variabilità genetica di questa razza.
- l’apulo-calabrese, frutto di un’azione di recupero iniziata negli anni ’90 del tipo locale calabrese, discendente dalla più antica varietà pugliese, che è stato poi esteso ai suini riconducibili al medesimo tipo genetico presenti nelle regioni centro meridionali.
A queste sono state aggiunte negli ultimi anni quelle di nuova costituzione: il nero di Parma e il nero di Lomellina.
I prodotti derivanti da suino nero
I suini neri sono ricoperti da uno spesso strato adiposo, contraddistinto da un luminoso grasso roseo e traslucido che, per genetica, stile di vita e alimentazione, è ricco di acido oleico, monoinsaturo, con caratteristiche simili all’olio extravergine d’oliva. Quelli di suino nero sono quindi salumi più sani e da esperienza gourmet. Ma perché la carne di suino nero è così saporita? Tra i motivi c’è sicuramente la tecnica di allevamento e lo stile di vita brado o semibrado di questi suini, che vivono in spazi ampi con poche limitazioni. Per quanto riguarda l’alimentazione, considerata la grande libertà di movimento, è composta soprattutto da cereali, erbe, tuberi, frutti di bosco e ghiande, con una scarsa integrazione da parte degli allevatori.
La presenza di grasso nei tessuti e la ridotta ritenzione idrica conferiscono molto sapore alla carne, rendendola ideale per la realizzazione di salumi. La marezzatura – ovvero l'infiltrazione e distribuzione di grasso all'interno del tessuto muscolare animale dovuta alle caratteristiche genetiche di questi maiali e alla tecnica di allevamento brado – permette di ottenere salumi pregiati. I suini neri danno il meglio in lardi, pancette e guanciali e anche in coppe e prosciutti per chi non si fa intimidire dalla presenza del grasso.
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