E’ il non-cibo più diffuso al mondo. Demonizzata, vietata, rivalutata, sanitarizzata, la gomma da masticare ha una storia romanzesca e lunga almeno quanto l’elenco dei suoi sinonimi: chewing gum, cicca, cingomma, cicles. Perfino, riferisce Wikipedia, masticante, gommina, ciunga, ciugomma o il meraviglioso ciccigomma. Nata come stimolante, poi diventato gadget orale americanizzante (almeno da noi), infine status symbol che indicava sicurezza e talvolta indifferenza, e oggi succedaneo “ready to go” di spazzolino e dentifricio. A lei, l’amica geniale e masticabile, è stata dedicata perfino una giornata, la prima in Italia, che si celebra il 30 settembre, a imitazione di quanto negli States accade dal 2006. Il Chewing Gum Day è un’idea di Perfetti Van Melle, leader italiano della produzione di questo prodotto. E chissà se sarà un’idea usa e getta o se invece attecchirà (speriamo non alla suola delle scarpe).
I segreti del successo
Il chewing gum in fondo è un controsenso. Un alimento che introduciamo nella nostra bocca non per alimentarci, ma per fare ginnastica mascellare, da sputare non appena esaurisce il suo sapore. Chi penserebbe mai di spender soldi per qualcosa di passaggio nel nostro cavo orale? Eppure, la gomma ha un successo intramontabile, al netto di qualche fase storica di appannamento: perché ha un sapore inizialmente piacevole, perché lascia un senso di bocca più pulita, perché è un efficace antistress e favorisce la concentrazione, e in fondo da questo punto di vista è una alternativa tutto sommato innocua alla sigaretta.
Tutta colpa del generalissimo
La nascita della gomma da masticare è sorprendente e ha per protagonisti un generalissimo messicano e un imprenditore americano fino ad allora di dimenticabile successo. Il primo è Antonio Lòpez de Santa Ana, che ha guidato l’esercito del suo Paese nella battaglia di Alamo contro gli statunitensi e ne ha tratto gloria bastevole a farlo eleggere undici volte alla presidenza del Messico (roba che Putin gli spiccia casa). Santa Ana però ha anche dei periodi oscuri, di carcerazione o di esilio, e nel corso di uno di questi pit stop negli USA, attorno al 1870, cerca di arricchirsi proponendo il lattice del chicle, una pianta molto diffusa in Messico come alternativa economica alla gomma.
Una buona intuizione, che però si scontra con le difficoltà di questa sostanza a vulcanizzare. Nel frattempo, però, il commerciante Thomas Adams ha acquistato con discutibile piglio imprenditoriale le scorte di chicle in possesso di Santa Ana e non sa proprio cosa farsene. Gli viene l’idea di trasformarla in un prodotto masticabile, a imitazione di quanto avviene da sempre in molte popolazioni centroamericane. Il successo è immediato e la Adams New York Chewing Gum diventa in breve una start-up rampante.
L’arrivo in Italia e la “gomma del ponte”
In Italia, dove oggi è consumata da 8,5 milioni di famiglie, la gomma da masticare arriva durante la Seconda Guerra Mondiale con i soldati americani che la masticavano continuamente per stemperare lo stress bellico. Finita la guerra l’Italia scopre il benessere e adotta il modello americano anche nei consumi e il Dolcificio Lombardo, un’azienda fondata nel 1946 a Lainate, alle porte di Milano, dai fratelli Ambrogio ed Egidio Perfetti, decide di provare a lanciare anche in Italia il chewing gum. Siamo alla metà degli anni Cinquanta e il modello di marketing scelto è decisamente a stelle e strisce. Il prodotto si chiama Brooklyn, ovvero la “gomma del ponte”. Per i primi decenni è prodotta sotto forma di piccola lastra incartata singolarmente e l’unico gusto è la menta. Poi a terremotare il mercato arriva la Big Babol, sempre prodotta da Perfetti, che ha un successo tale da creare lunghe file fuori dai negozi riforniti di essa e da spingere l’azienda a pubblicare comunicati di ringraziamento a mezzo stampa per un tanto entusiasta pubblico. Da quel momento è un’escalation di novità: arrivano gusti creativi, poi i confetti in scatola, più pratici, quindi quelli che non si attaccano ai denti, infine quelli senza zucchero, che non solo non favoriscono la carie ma possono addirittura diventare di supporto all’igiene orale.
Una questione di (mal)educazione
Prima della beatificazione attuale, la gomma da masticare è stata anche un prodotto “maledetto”. Negli anni Sessanta e Settanta chi masticava una gomma era spesso considerato maleducato quando non ostentatamente sprezzante. Nelle scuole gli insegnanti non consentivano agli studenti il consumo di chewing gum nelle ore di lezioni. E tuttora parlare con qualcuno impegnato a “ciancicare” una gomma non mette a proprio agio. Ma mentre prima il “gommofago” aveva di che scusarsi, oggi invece è pieno di pretesti positivi. Pare infatti che masticare gomma faccia bene alla concentrazione, a tenere a bada lo stress, a ridurre il dolore, a evitare il mal di testa quando si è alle prese con la realtà virtuale e migliori addirittura le performance sportive.