Marron glacé: storia, origini e produzione

3 Dic 2021, 10:28 | a cura di
Deliziosamente retrò, i marron glacé hanno impazzato nei banchetti aristocratici del Settecento. Ma chi è stato a inventarli? Chi li produce oggi? Ecco qualche curiosità sul prodotto.

La nascita dei marron glacé

Italia o Francia? È questo il grande dilemma quando si parla di marron glacé, probabilmente l’interpretazione più golosa dei marroni, raccolti in autunno, canditi e glassati, perfetti da portare a cena da amici o per un tè del pomeriggio. Con i marron galcé si fa sempre una bella figura, nonostante molti li ritengano eccessivamente dolci: se fatti bene, in maniera artigianale, infatti, possono regalare grandi soddisfazioni. La glassatura in superficie deve essere sottile, quasi impalpabile, scioglievole, lasciando al sapore del marrone il ruolo da protagonista. La loro paternità è da sempre contesa tra piemontesi e francesi, ma quel che è certo è che le prime tracce scritte dei dolcetti risalgono al Cinquecento. Bisogna attendere poi fine Ottocento perché l’ingegnere Clément Faugier dia il via alla prima produzione industriale di marroni canditi, garantendo un numero più alto di prodotti in tempi rapidi.

Scopri la storia dei marron glacé

I marron glacé in Francia e in Piemonte

Per quanto riguarda le origini della ricetta, i francesi sostengono che il merito sia da attribuire a François Pierre La Varenne, tra i più importanti chef del Seicento che contribuì ad aprire le porte alla gastronomia moderna. Un punto a favore dei cugini d’oltralpe lo segna il suo “Le Parfait Confiturier” del 1664, volume che ebbe un gran successo al tempo e che spiegava diverse tecniche, tra cui la canditura dei marroni. Altra teoria, ancora una volta non accreditata: secondo alcuni storici i dolcetti potrebbero essere nati grazie ai pasticceri di Lione del Cinquecento, mentre altri affermano che le radici siano da rintracciare nella zona di Cuneo, famosa per le castagne, dove probabilmente vennero inventati alla corte di Carlo Emanuele I Duca di Savoia nella prima metà del Seicento. Un’ulteriore testimonianza scritta arriva proprio dal Piemonte, con il trattato “Confetturiere Piemontese” stampato a Torino nel 1790, in cui vengono citati i diversi modi di “confettare i frutti”, castagne comprese. Non è un caso che in Francia vengano chiamati anche marron de Turin…

Agrimontana e la produzione di marroni

A Cuneo, del resto, il castagno è l’albero più rappresentativo del territorio, “qui lo chiamiamo l’albero del pane, perché un tempo nelle zone di montagna ci si nutriva principalmente dei suoi frutti”, in purezza o ridotti in polvere per ottenere una farina rustica e saporita. Un prodotto oggi costoso ma un tempo economico e democratico, popolare e a basso costo. Lo racconta Lisa Lombardo, responsabile marketing di Agrimontana, azienda nata nel 1972 grazie a Cesare Bardini, che voleva creare un piccolo opificio di frutta candita a Roccavicione, trasferito poi nell’attuale sede di Borgo San Dalmazzo. Nasce come “Eurocanditi”, proprio perché punta subito tutto sui marron glacés, affiancati ben presto dai cubetti d’arancia: il nome è cambiato, ma la qualità e l’artigianalità dell’azienda sono rimaste intatte, e oggi rappresenta un punto di riferimento soprattutto per i professionisti del settore, dai pasticceri ai gelatieri. “Il nostro business principale è quello degli addetti ai lavori, che scelgono di usare i nostri marroni canditi oppure di creare un prodotto personalizzato che riporti il loro marchio”. Si lavora quindi anche per conto terzi, senza dimenticare il consumo casalingo, “importante perlopiù nel periodo delle festività grazie alle confezioni regalo”.

Scopri la storia dei marron glacé

Marroni Agrimontana - Selezione Iginio Massari

La lavorazione dei marroni

Ma torniamo ai protagonisti, i marron glacé. Quelli del territorio, “che scegliamo appositamente per valorizzare la zona, sostenere gli agricoltori locali e lavorare sempre più in ottica sostenibile”. Fondamentale il contatto diretto con i produttori, “la nostra forza”, e l’attenzione verso i marchi d’origine, “scegliamo, per esempio, il Marrone della Valle di Susa Igp”. Rispetto alla castagna, il marrone delle valli cuneesi è più grande, dal gusto dolce e pronunciato, la polpa morbida e compatta e la buccia tendente al rosso con striature chiare, piuttosto liscia e omogenea. Oltre alle materie prime, a fare la differenza qui è la lavorazione attenta e artigianale, “basata ancora su operazioni manuali. La selezione viene fatta a mano e i marroni vengono poi aperti per subire il processo di novena o curatura”, una fase lunga nove giorni durante i quali i frutti vengono conservati in acqua per far ammorbidire la buccia e maturare meglio le note aromatiche. C’è poi la pelatura, con metodo a vapore per ridurre i rischi di rottura e mantenere inalterate le caratteristiche del prodotto.

La canditura dei marroni

Per la canditura, si utilizzano i metodi di una volta: i marroni vengono immersi in vasche d’acqua calda e zucchero, così da perdere liquidi e assorbire la parte zuccherina, per essere poi posizionati su griglie e ricoperti da una glassa di zucchero a velo. Dopo si passa in forno per fissare la glassatura e si conclude il tutto con il confezionamento, che avviene in atmosfera modificata per garantire la conservazione ottimale del dolcetto senza l’aggiunta di additivi o conservanti. Tanti marroni interi, ma anche in piccoli pezzi per realizzare la golosa crema, per un totale di circa 200 tonnellate di prodotto pelato l’anno. E ancora oggi sono i marroni il fiore all’occhiello dell’azienda piemontese, nonostante siano un po’ “retrò”. Complice anche la maggiore consapevolezza sull’alimentazione, negli ultimi anni i consumatori tendono a rifiutare prodotti molto dolci, “i marron glacé stanno un po’ invecchiando, è vero, ma quando un prodotto è di qualità viene comunque apprezzato, al di là dei gusti personali”. Proprio per questo, l’azienda ha organizzato delle degustazioni su tutto il territorio italiano, “nei punti vendita dei nostri clienti pasticceri, con cui abbiamo guidato degli assaggi pensati per far tornare alla ribalta il prodotto”.  In fondo, “che male c’è a concedersi uno sfizio in più durante le Feste?”.

Agrimontana – Borgo San Dalmazzo (CN) – via Camillo Benso Conte di Cavour, 185 - agrimontana.it/

a cura di Michela Becchi

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