È in una notte di luna piena, con il tempio della Concordia illuminato dal suo bagliore, che Calogero Frenda sentì forte dentro di sé una sensazione che non l'avrebbe più abbandonato e che da allora si rinnova ogni volta che si reca a lavorare nel suo straordinario pistacchieto: quello che sorge all'interno del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento. In quel preciso momento quest'uomo di mezza età, nato in una famiglia da cinque generazioni di agricoltori e oggi divenuto presidente del Consorzio di tutela del Pistacchio di Raffadali Dop, capì che la vita gli aveva messo in mano una moneta preziosa, che mai avrebbe dovuto nascondere o disperdere, ma piuttosto mettere a frutto: contribuendo col proprio lavoro alla tutela di un paesaggio unico nella sua eccezionalità, per poi diventare leva nello sviluppo di un intero territorio.
Un pistacchieto contro l'abusivismo
E pensare che proprio lui, Calogero, aveva abbandonato per 7 anni la professione di agricoltore per fare l'autista di pullman, per poi però farvi ritorno, vinto da quella sorta di richiamo ancestrale che, pur senza saperlo, lo lega da sempre a questa terra. La concessione che ricevette dei tre ettari che circondano il sito patrimonio Unesco - nata all'interno del più grande progetto Diodoros su terreni tolti all'abusivismo - risale a una decina di anni or sono. Attraversato com'è dalla Via Sacra e situato, in linea d'aria, a 150 metri dall'iconico tempio della Concordia, la sosta àncora il visitatore che vi giunge a un passato che lo riporta agli albori della civiltà. Comprensibile che dinanzi a tanta bellezza Calogero Frenda non si sia più tirato indietro, ma anzi da quel giorno abbia cominciato a darsi da fare e non poco sia per coltivar le sue piante, ma anche per insegnare alle nuove generazioni - che a dire il vero non si sono mostrate indifferenti al suo richiamo - come l'oro verde di Raffadali possa rappresentare una fonte concreta di reddito. A patto, certo, che venga coltivato senza compromessi a partire da quella cultivar ammessa dal disciplinare, la Bianca (o Napoletana), che a dispetto degli ibridi nati anche di recente nei laboratori americani impiega più tempo (una decina d'anni circa) per produrre, ma di sicuro poi i suoi frutti - o meglio: i semi contenuti nelle sue drupe - sanno, eccome, fare la differenza.
L'oro verde di Raffadali
Il pistacchio di Raffadali si presenta di forma più allungata rispetto al famoso cugino di Bronte. Al palato ha gusto più dolce. La resa d'olio si attesta tra il 45 e il 53 per cento. A definirlo è il terreno su cui cresce che è un misto di terreno sabbioso, argilloso e calcareo. Pianta caparbia, dall'apparato radicale profondo, il pistacchio è longevo e può vivere fino a 300 anni, ha chioma folta ed è straordinariamente resistente a temperature estreme che vanno dai -20 ai +50 gradi. Ben 29 sono i comuni della provincia di Agrigento, più due in quella di Caltanissetta, che ospitano la coltivazione del pistacchio di Raffadali Dop, per 250 ettari di pistacchieti che coinvolgono oggi 17 aziende certificate tra produttori e trasformatori e un raccolto che lo scorso anno ha raggiunto i 15mila kg con un giro di affari attorno agli otto milioni di euro.
Il rilancio del territorio
Ora che la raccolta del pistacchio - che avviene per bacchiatura sulle reti o per brucatura, utilizzando panieri o ceste - giunge quasi a conclusione ed è stata celebrata da una straordinaria festa di popolo, il Fastuca Fest giunto all'ottava edizione, questo frutto siciliano dal nome arabo è oggi al centro di un'attenzione crescente che coinvolge il mondo della pasticceria, ma non solo: quasi trenta giovani panificatori provenienti da tutta Italia hanno raggiunto Raffadali durante la festa misurando la propria arte proprio con il pistacchio. E un network di aziende del territorio ha aderito a un progetto altrettanto identitario dal titolo Il Mito e la Terra (nell'ambito del Gal Sicani 19.2_16.4) che promuove la filiera corta e il chilometro zero.
Il Museo Vivente del Pistacchio
Ma è al futuro, guardato con ottimismo e giusto orgoglio, che si rivolge un progetto interessante come quello del Museo Vivente del Pistacchio. Una realtà, per ora solo agli inizi, che coinvolge direttamente il Parco della Valle dei Templi di Agrigento che gestisce 40 siti culturali e che copre l'intera provincia: «A Raffadali e attraverso il nostro concessionario che è Calogero Frenda - spiega il direttore del Parco, Roberto Sciarratta - abbiamo piantato e pianteremo tutte le cultivar di pistacchio che troveremo nel mondo, anche quelle che non rientrano nel disciplinare del Pistacchio di Raffadali Dop così da far percepire la differenza e costruire una memoria vivente del nostro eccezionale patrimonio di biodiversità».