La tradizione del cioccolato a San Valentino
Fiori, gioielli, romantiche cene al ristorante, ma anche tanti cioccolatini. Confezionati in scatole a forma di cuore, nascosti all’interno di peluche e orsacchiotti dallo sguardo languido, sfusi in ceste addobbate o disposti ordinatamente in lussuosi pacchi dallo stile elegante, i cioccolatini sono un grande classico da regalare a San Valentino, uno di quei doni che non passa mai di moda, da molti considerato un cliché ma da altri ancora apprezzato. Del resto, quando si punta alla gola difficilmente si sbaglia, ancor meno se si azzeccano i gusti del partner, ricercando cioccolate pregiate e aromatizzate in maniera diversa. Praline, tavolette, creme spalmabili: le scelte sono molte, senza dimenticare gli intramontabili Baci della Perugina, che proprio grazie ai cioccolatini a forma di cupola ha decretato il suo successo. Quelle praline nate quasi per caso nel 1922 dalle mani di Luisa Spagnoli, che ideò la ricetta per utilizzare la granella di nocciole avanzata dalla lavorazione di altri prodotti; si chiamavano Cazzotti, in principio, per via della forma un po’ tozza e irregolare che ricorda quella di una mano chiusa a pugno, e furono ribattezzati poi da Giovanni Buitoni, che trovò più carino chiedere un Bacio anziché un Cazzotto.
Il cibo come pegno d’amore e il rituale del maritozzo romano
Oggi rappresentano il regalo perfetto per la persona amata, ma i cioccolatini non sono stati sempre l’unico pegno d’amore da mangiare: sono molti gli antichi rituali che prevedevano di nascondere un anello all’interno dei cibi, a cominciare dal maritozzo romano, oggi famoso nella versione con la panna montata ma un tempo presente solo nella variante storica del maritozzo quaresimale, di pezzatura più piccola e colore scuro, arricchito con uvetta, pinoli e canditi. Era uno dei pochi peccati di gola concessi durante il periodo di digiuno e sembra che le donne usassero prepararlo per i futuri mariti, chiamati affettuosamente “maritozzi”. All’interno veniva inserito un anello o un altro oggetto d’oro, ma c’è anche chi sostiene che fossero invece le ragazze in età da marito a farli e offrirli al giovane più bello del paese, che avrebbe poi preso in sposa la donna con migliori doti culinarie.
Il cioccolato, da prodotto comune a bene di lusso…
Un prodotto popolare, povero, fatto con ingredienti allora facilmente reperibili anche dalle famiglie più povere e da chi viveva in campagna. Ben diverso invece è il valore di pregio rappresentato dal cioccolato, un prodotto sì antichissimo ma per molto tempo assaporato solo da una cerchia ristretta di persone. Della sua storia e delle leggende che si porta dietro, della sua trasformazione da bevanda speziata a cibo dolce -anzi, il dolce per antonomasia – si è già scritto molto. Più curiosa è invece l’evoluzione del commercio del cioccolato, un processo lento e graduale: per secoli è stato riservato ai più ricchi e considerato un prodotto di nicchia. Ma non è sempre stato così, non quando il re Hunahpu sviluppò, secondo la tradizione Maya, la coltivazione del cacao, e nemmeno quando gli aztechi raccontavano di aver visto la pianta nascere dal sangue di una principessa morta per difendere il tesoro del marito (a pensarci bene, era già il frutto di una grande dimostrazione d’amore…). A quel tempo il cioccolato era una bevanda scura, densa e amara, che solo dopo secoli, una volta arrivata in Europa, si è trasformata in una pasta dolce e suadente, diventando cibo esclusivo di nobili di mezza Europa.
… E da bene di lusso a prodotto comune
È stato un prodotto di lusso per molto tempo, il cioccolato, prima di entrare nell’uso comune. Poi ci sono state le botteghe di caffè della Venezia del Settecento, piccoli tempi del gusto dove si assaporava l’oro nero ma si vendeva anche cioccolato. Da quel momento tutto è cambiato e il commercio del cioccolato, divenuto uno degli alimenti più amati di sempre, ha avuto inizio. Fino ad arrivare ai tempi nostri, che possono vantare un’offerta talmente vasta da riuscire a sedurre anche i palati più difficile. Facciamo, però, qualche passo indietro: prezioso e costoso, prima della sua diffusione massiccia il “cibo degli dei” veniva usato anche come merce di scambio, per via del prezzo alto legato al trasporto delle fave di cacao dall’America centrale e meridionale. Prodotto d’élite destinato solo alle classi agiate, il cioccolato rappresentava quindi un dono dal valore incommensurabile, lo stesso che oggi si potrebbe attribuire a un diamante, che è infatti una pietra preziosa considerata simbolo dell’amore più puro e, soprattutto, duraturo.
Il valore del cioccolato e l’esempio delle uova di Pasqua
Non è difficile, a questo punto, immaginare quanto potesse sentirsi corteggiata una persona a cui veniva donato questo cibo pregiato, ma per rendere meglio l’idea è bene spiegare la nascita di un altro classico da ricorrenza a base di cioccolato: l’uovo di Pasqua. Da sempre uno dei regali più utilizzati dalle popolazioni antiche (i persiani, per esempio, le consideravano segno di benvenuto alla stagione primaverile), le uova erano un tipico pegno d’amore tra le coppie nel Medioevo, oltre che trofeo per gli sportivi. Nel Trecento diventano un simbolo della Pasqua, in versione dolce e rivestite da una foglia d’oro, e nel 1887 vengono abbellite dall’orafo alla corte dei Romanov Peter Carl Fabergé, che le dipinse con degli smalti e vi inserì un gioiello all’interno su ordine dello zar Alessandro III di Russia. Non è ben chiaro quando vennero rimpiazzate da quelle al cioccolato, probabilmente attorno all’Ottocento, ma è certo che il primo a farle realizzare fu Luigi XIV. Il re incaricò David Chaillou, primo mâitre chocolatier francese, di creare delle uova fatte interamente di cioccolato (piene, non cave come quelle attuali): per comprendere meglio il valore del prodotto, è bene specificare che l’artigiano era l’unico ad avere il diritto esclusivo di vendere cioccolato in tutta Parigi. Un mestiere da veri maestri!
Il cioccolato non è un cibo afrodisiaco
Insomma, scambiarsi cioccolatini a San Valentino è un rito legato, puramente, al valore economico che il prodotto aveva in passato e non, come spesso si pensa, alla moda dei cibi afrodisiaci che molti consumatori sembrano continuare a ricercare. Nonostante molti ci credano ancora, la scienza si è già espressa più volte sull’eventuale esistenza di cibi dell’amore (risposta: non esistono), ma in fondo credere che un pizzico di cannella rinvigorisca la passione non fa male a nessuno: atmosfera giusta, una buona bottiglia di vino, un po’ di sana leggerezza e l’effetto placebo è assicurato. Al di là di fantomatiche proprietà afrodisiache, secondo il luogo comune presenti anche nel cioccolato, l’atto di condivisione di un pasto è senza dubbio intimo e romantico. E poi profumi, colori intensi e sapori hanno un impatto positivo sui sensi, che potrebbe aiutare a rallegrare lo spirito. Il consiglio, comunque, è sempre lo stesso: potete scegliere del cioccolato al peperoncino se preferite, ma solo se è ciò che piace al vostro partner, senza fare affidamento su credenze popolari che vedono mescolati insieme due potenziali filtri d’amore. Per fare colpo ci vuole ben altro (magari un maritozzo con tanto di anello, proprio come un tempo!).
a cura di Michela Becchi