La pasta in Calabria e la ricetta degli strangugliaprieviti
Ricca di sfumature e contrasti, la cucina calabrese è il frutto della capacità di sopravvivenza dei contadini, del loro innato spirito di adattamento che ha permesso loro di creare ricette sostanziose e golose divenute oggi simbolo della tavola locale. Tutte accomunate dalla stessa origine umile, dettata da condizioni economiche avverse e complicate. Caratteristica che si rispecchia soprattutto nei primi piatti, nei tanti formati di pasta della tradizione, ritratto unico di una terra sfaccettata, divisa fra mare e montagna. Fra i primi piatti più famosi, gli strangugliaprieviti (strozzapreti), una pasta acqua e farina ideale per accogliere anche i sughi più robusti.
Gli strangugliaprieviti o scialatielli calabresi
In Campania, gli scialatielli sono delle striscioline di sezione rettangolare, più corte e larghe rispetto agli spaghetti classici, preparate con farina, acqua o latte, sale e formaggio grattugiato. La leggenda fa risalire l’origine di questa pasta al 1978, per opera dello chef Enrico Cosentino, che preparò questi spaghettoni – oggi fra i prodotti simbolo della Costiera Amalfitana – in occasione di un concorso culinario. In Calabria, invece, il termine è sinonimo di stranugliaprieviti, ovvero gli strozzapreti, antica pasta corta caratteristica dell’Italia Centro Meridionale citata più volte nella letteratura romanesca, in particolar modo nei Sonetti di Gioachino Belli.
Le variazioni degli strangugliaprieviti
Detti anche salatielli, scilatelli o scivadeddi, gli strangugliapreviti sono delle tagliatelle di acqua e semola arrotolate su ferretto e strofinate sulla spianatoia fino a ottenere un lungo bucatino. Il nome allude alla proverbiale golosità dei preti, ma a consumare questa pasta un tempo erano tutte le famiglie di contadini più umili. In alcune aree della Calabria, con lo stesso termine si indica invece uno gnocchetto trascinato sulla spianatoia con una o due dita, oppure un fusillo ottenuto arrotolando una fettuccina di pasta sul tradizionale ferretto chiamato roncu.
La ricetta degli strangugliaprieviti
400 g. di farina di semola
1 pizzico di sale
210 g. di circa acqua tiepida
Mescolare la farina con il sale e formare la classica fontanella con buco al centro. Aggiungere l’acqua un po’ alla volta e impastare fino a ottenere un panetto liscio e omogeneo. Dividere l’impasto in otto parti e lasciarlo riposare per mezz’ora a temperatura ambiente. Prelevare un pezzo di pasta e ricavarne un cordoncino del diametro pari a quello di una matita. Tagliare lo spaghetto in pezzi di circa 3,5 cm di lunghezza. Posizionare la pasta sul ferretto e, poggiando una mano sull’estremità del ferretto, esercitare una pressione leggera sulla pasta. Sfilare delicatamente la pasta dal ferretto e disporre gli strangugliaprieviti su una teglia infarinata.
a cura di Michela Becchi
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