Basta dare un’occhiata ai menu dei principali ristoranti italiani per rendersi conto che sempre più spesso alla voce carne si trova il termine Angus o Hereford. Allora ci siamo chiesti: perché in Italia si mangia così tanta carne irlandese? La prima risposta è semplice: siamo un Paese di carnivori. E, banalmente, non produciamo carne a sufficienza per soddisfare la domanda (il 50% del fabbisogno resta fuori). Al contrario, l’Irlanda esporta il 90% della produzione nazionale. Il pairing è presto fatto. Tant’è che la carne di manzo irlandese è la seconda più consumata in Italia tra quelle europee e l’export di questo prodotto solo in Italia vale 460 milioni di euro. Con il 17% dei consumatori che afferma di acquistarla regolarmente.
Le caratteristiche della carne irlandese
Ma c’è di più. E ce lo siamo fatti spiegare dal nuovo brand ambassador della Irish Beef, lo chef Roberto Valbuzzi del ristorante Crotto Valtellina. “Sono due le caratteristiche principali della cosiddetta carne grass fed (carne di bovini allevati al pascolo e nutriti ad erba; ndr): il colore borgogna intenso e il grasso dorato (golden fat) che, insieme alla marezzatura (distribuzione uniforme del grasso) la rende saporita, tenera e corposa, con un gusto deciso che solo soddisfa il palato, oltre a essere ricca dal punto di vista nutrizionale". Dello stesso avviso Giorgio Pellegrini della storica bottega milanese Macelleria Equina Pellegrini: “La marezzatura è una delle caratteristiche che un macellaio cerca sempre nella carne, e in quella irlandese l’ho trovata in un modo accentuato grazie al suo grasso dorato che, infiltrandosi all’interno, fa sì che la carne abbia un sapore delicato”.
Il sistema di certificazione nazionale
Colore, grasso e tenerezza a parte, c’è anche un altro “ingrediente segreto” della carne irlandese, ovvero la sua sostenibilità. L’Irlanda è, infatti, l’unico paese in Europa ad essersi dotato di un sistema di certificazione nazionale di sostenibilità gestito da Bord Bia, l’ente governativo per la promozione del food & beverage irlandese, che ha creato il Programma di Qualità e Sostenibilità Assicurata per la carne bovina e ovina irlandese: il Sustainable Beef and Lamb Assurance Scheme (SBLA). Così come l’Italia sta cercando di fare con il vino, tramite lo Standard nazionale di sostenibilità (ancora in attesa del bollino distintivo), anche Dublino ha puntato tutto sul suo prodotto per eccellenza e oggi il 90% della carne irlandese esportata proviene da allevamenti certificati. Inoltre, la stessa Bord Bia ha lanciato lo Standard Grass Fed. “Si tratta del primo standard al mondo su scala nazionale che consente di tracciare e verificare la percentuale di erba consumata nella dieta delle mandrie di bovini irlandesi” spiega Francesca Perfetto, market specialist di Bord Bia. “Affinché le mandrie possano qualificarsi per lo Standard Grass Fed, il bovino deve assumere un’alimentazione costituita almeno al 90% da erba o foraggio a base d’erba, e pascolare all’aperto per una media di 220 giorni all’anno, per tutta la sua vita. Per questo ci piace parlare di allevamenti irlandesi estensivi”.
I vantaggi nutritivi della carne allevata al pascolo
Azioni che, oltre ad avere effetti benefici sull’animale, ne hanno anche sui consumatori: “È dimostrato che la carne degli animali allevati al pascolo è sette volte più ricca di betacarotene, tre volte più ricca di Vitamina A e di Vitamina E, e fino a 5 volte più ricca dei preziosi acidi grassi Omega 3” conferma il tecnologo alimentare ed esperto di nutrizione Giorgio Donegani. Tornando alla domanda iniziale, quindi, non c’è da stupirsi se sempre più chef nostrani finiscono per scegliere l’Irish beef. Nessun tradimento alla sovranità alimentare ma, per dirla con lo chef Filippo Saporito (La Leggenda dei Frati di Firenze): “Penso che se un prodotto è stato fatto in maniera etica, debba essere acquistato anche quando proviene da un Paese lontano”. E l’Irlanda non è poi così irraggiungibile.