Se c'è una regola ferrea tra i membri dei Rolling Stones è che la prima fetta di shepherd’s pie è sempre e comunque di Keith Richards. Da buon inglese, il chitarrista impazzisce per il pasticcio di carne e patate simbolo della cucina britannica, e al rituale del primo assaggio tiene moltissimo. Al punto da arrivare a ritardare un concerto in caso contrario.
Il libro che racconta le passioni delle rockstar a tavola
Tutte le grandi star hanno delle manie legate alla tavola, e Luca Fassina, giornalista esperto di musica, ha raccolto le più bizzarre nel suo "Spaghetti", libro pubblicato da Piccola Biblioteca Oligo, il cui titolo va però letto all’americana, spaghèti, con la "e" ben aperta, come la pronunciavano i Guns N’ Roses parlando dell’album "The Spahetti Incident". In questi anni di artisti Fassina ne ha intervistati parecchi, e da italiano le conversazioni finivano sempre per coinvolgere anche il cibo: «Musica e cibo sono strettamente connessi ai nostri sensi» scrive nell’introduzione, «e sono parte importante delle nostre relazioni».
Dalle tante conversazioni nei backstage – e tantissima ricerca – è nata la raccolta di aneddoti gastronomici delle rockstar: dalla "a" di AC/DC alla "z" di Zucchero, Fassina racconta le ossessioni delle rockstar, lasciando anche qualche golosa ricetta a corredo.
Il panino di Elvis, quella barretta Mars di Mick Jagger...
Quando le parole "rock" e "cibo" si incontrano, la prima immagine che viene alla mente è sempre la stessa: il mega-panino di Elvis, una baguette con burro d’arachidi, confettura e bacon croccante, trionfo di gusto e calorie che non ha mai spaventato il re del rock. Quello che si dice sul suo amore per il sandwich - il Fool's Gold Loaf - è tutto vero, ma negli anni di leggende attorno ai musicisti ne sono nate parecchie. Per esempio, si narra che Eddie Van Halen avesse una vera fobia per gli M&M’s. Non tutti, sia chiaro, solo quelli marroni, che non dovevano mai essere presenti in camerino.
A proposito di dolci, una delle dicerie più famose del mondo della musica è quella di Mick Jagger e Marianne Faithfull, che sembrerebbero essere stati sorpresi a consumare in modo «non convenzionale» una barretta Mars durante una festa organizzata da Keith Richards. E che dire di Gene Simons, bassista e fondatore dei Kiss che nel 2014 è stato beccato a raccogliere un hamburger da terra all’aeroporto di Los Angeles, per poi rimetterlo subito in bocca seguendo la vecchia "regola dei cinque secondi".
Gluten free per Lady Gaga, salmone per Prince
Nel libro di Fassina, poi, si trovano anche tante curiosità su cantanti italiani. Ligabue, per esempio, più che "Lambrusco e popcorn" ama follemente gli gnocchi, quelli della nonna Barbarina, mentre Renato Zero ha scelto di eliminare latticini e pomodori dalla sua dieta. A proposito di decisioni insolite: senza alcuna intolleranza, Lady Gaga ha iniziato a mangiare senza glutine.
Capitolo a parte, poi, per le scelte etiche, veganesimo in primis, stile di vita condiviso da moltissimi artisti, da Paul McCartney a Morrissey. Ma c’è anche chi si ferma qualche passo prima: Greg Dulli degli Afghan Whigs è felicemente pescetariano.
Altro celebre pescetariano era Prince: «La sua chef personale, Margaret Wetzler, ha parlato con la rivista “Food & Wine” di come lo abbia conquistato cucinandogli un pasto di tre portate consistente in salmone teriyaki, asparagi grigliati e una zuppa agro-piccante accompagnata da un sorbetto al mango».
La cucina italiana è rock
Ma chi cucina per le grandi star? Nel caso dei Måneskin è stata per molto tempo Renata Laria, titolare dell’Agriturismo N’Uobo di Cassolnovo, che ha dovuto combattere un po’ per convincere i membri del gruppo, amanti dei sapori semplici, ad assaggiare il tipico risotto della zona con salsiccia e Bonarda: «Damiano lo ha definito spaziale, fenomenale, hanno tutti chiesto il bis».
Niente da fare, la tradizione italiana alla fine vince sempre. Il cantautore Tommy Prine è innamorato dell'extravergine italiano, John Garcia va pazzo per il prosciutto di Parma, Ronny James Dio preparava spesso la minestra maritata. Ma per comprendere a fondo quanto la Penisola sappia ammaliare i musicisti stranieri, basti pensare che John Corabi pagherebbe per avere in America i nostri Autogrill.