Attorno al Botìro, che nel dialetto della valle del Primiero e del Vanoi significa burro, c'è una di quelle storie di resilienza in cui gli uomini e il territorio hanno combattuto per mantenere viva una tradizione secolare fatta di gesti, conoscenze e abilità.
Cos'è il Botìro
Fin dai tempi della Serenissima infatti era considerato il miglior burro in circolazione, usato come merce di scambio nelle contrattazioni tra mercanti e consumato sapientemente nei banchetti dei signori dell’epoca.
Un burro speciale che nasce da panna cruda e latte d’alpeggio, prodotto da mucche che si nutrono unicamente di fiori e di erba dei prati del territorio e per un periodo limitato, quello dei mesi estivi. È la combinazione fra luogo, tempo e vegetazione che dona al latticino personalità e sentori unici. Queste caratteristiche, insieme ai particolari metodi di lavorazione, lo rendono oggi un prodotto di nicchia molto ricercato da chef e appassionati. Speciale a tal punto da dover essere prenotato con settimane di anticipo per avere la certezza di poterlo assaggiare.
Le caratteristiche del burro Botìro, presidio SlowFood
La produzione originale del burro, profumatissimo, giallo paglierino e dal gusto e consistenza unica, stava per essere perduta, soppiantata dalle tecniche moderne di lavorazione ma la caparbietà di un gruppo di casari e la lungimiranza di un territorio lo hanno riportato in vita facendolo diventare il prodotto speciale che è oggi. “Il lavoro per recuperare questa tradizione casearia è stato lungo e complesso” racconta Gianandrea Calaresu del Caseificio sociale di Primiero che riunisce le sessanta famiglie che conferiscono ogni giorno il latte di malga “ma ha dato i suoi frutti e si è concluso con la redazione di un severissimo disciplinare e il riconoscimento del Botìro come presidio SlowFood”.
Come si produce il Botìro
Ogni giorno e per tutta l’estate il caseificio riceve oltre novanta quintali circa di latte d’alpeggio che viene fatto separare per affioramento, dividendolo così la panna. Questa poi viene raccolta e convogliata nella zangola che lavora per separare il latticello e creare il burro.
Lo stampo, di forma quadrata e con il simbolo dei fiori di montagna, viene riempito unicamente a mano per formare pezzature da 250 o 500 grammi, incartato e confezionato.
“Tutto il burro che produciamo è prenotato ormai da mesi e per averlo bisogna mettersi in coda” sorride soddisfatto Calaresu “è stata una sfida lunga ma il tempo ci ha dato ragione. Oggi il Botìro insieme agli altri formaggi che produciamo, è diventato un vero e proprio volano per far conoscere il territorio, si viene nel Primiero o nel Vanoi anche per questo”.
Per capire l’unicità del burro e la qualità di vita elevata degli animali che lo producono basta percorrere uno dei tanti sentieri della valle, quello del Cacciatore ad esempio, che parte da passo Rolle e arriva a Malga Pala, una di quelle che ogni giorno conferisce il proprio latte al caseificio. "Il Botìro noi lo abbiamo sempre fatto" racconta Giorgio che assieme alla figlia Monica e a tutta la numerosa famiglia gestisce il rifugio “e a detta di tutti è sempre stato uno dei migliori”.
Tra le stanze della malga è possibile riconoscere anche i vecchi strumenti di lavorazione in una sorta di museo contadino accessibile a tutti.”Noi usavamo il battilatte, e avevamo stampi in legno, ognuno con il proprio simbolo, il nostro era la mucca”. Ogni giorno Giorgio munge le mucche - bruna alpina, pezzata rossa e pezzata nera - e porta tutto il latte al punto di ritiro dove verrà raccolto dal caseificio e lavorato. “Questo burro per me e per molti ha un sapore unico” sorride Giorgio “è il sapore della memoria e sono davvero felice di poter contribuire oggi alla sua realizzazione”.
Il Botìro in cucina
Pochissima acqua, una alta percentuale di grassi e sentori di fiori ed erbe molto accentuati. Sono queste le caratteristiche che rendono unico il Botìro anche in cucina. “È un vero onore per me poter lavorare questo prodotto così speciale” spiega lo chef Michele Corona del ristorante Da Anita di San Martino di Castrozza una forchetta per la Guida dei Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso “e faccio di tutto per valorizzarlo al meglio e farlo conoscere ai miei clienti”. Corona lo utilizza dall’antipasto al dolce, “preparo ad esempio uno spaghetto spadellato al Botìro su un fondente di pomodoro fresco e scaglie di grana Trentino, oppure lo utilizzo per nappare una sella di vitello con finferli o anche nel dolce, creando una cialda croccante al Botìro da appoggiare su un gelato al burro o crema insieme a frutti di bosco, meringhe e cioccolato”. Il Botìro, grazie alla sua consistenza morbida, si degusta preferibilmente in purezza, su pane fresco magari accompagnato da un bicchiere di bolle trentine o da un pinot nero. E per rendere ancora più esclusiva l’esperienza gustativa si può passare per il Volt un vecchio birrificio della valle trasformato oggi in formaggeria che lo propone in abbinamento alle birre Bionoc’, prodotte solo a qualche chilometro di distanza, sempre nel Primiero. E il cerchio si chiude.
Caseificio Sociale del Primiero - Mezzano (TN) - via Roma, 179 - www.caseificioprimiero.com