Un tempo era un appuntamento fisso in tutte le case, oggi è una consuetudine che sta tornando in auge, complici la passione per il buon cibo e un ritorno all'autoproduzione: la preparazione della passata o del concentrato di pomodoro è una tradizione che accomuna tutte le regioni italiane. Ma fra le conserve salate in dispensa si trovano anche pesti pronti all'uso per insaporire primi piatti, timballi e altre pietanze.
Passata di pomodoro: l'arrivo del frutto in Europa
Consistenze setose e vellutate, sapori dolci, aciduli, profumi di orto e memorie estive: la passata di pomodoro è un prodotto immancabile nella cucina tricolore, base insostituibile per ragù e sughi corposi, ma anche per piatti di pesce, zuppe, senza dimenticare la pizza. Si tratta di una salsa più o meno densa prodotta a partire da diverse varietà di pomodoro (per saperne di più: I migliori pomodori da passata), cotto e passato fino a raggiungere una consistenza cremosa, spesso con aggiunta di qualche fogliolina di basilico fresco. Prima di arrivare alla passata, però, occorre tornare indietro nel tempo, all'approdo del pomodoro in Europa: un viaggio che comincia nell'America Latina, in particolare Messico e Perù, con lo xitomatl - nome azteco che ha dato poi vita al termine inglese “tomato” - e che prosegue in Europa dopo la scoperta del Nuovo Continente nel 1492.
Dal pomodoro alla passata
Inizialmente considerato non commestibile secondo la classificazione del 1544 dell'erborista senese Pietro Andrea Mattioli, comincia a essere consumato per la prima volta nel Sud Italia, dove veniva fritto. Fra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, diventa oggetto di studio degli alchimisti, che ritenevano avesse delle proprietà afrodisiache, fino a diventare parte integrante della cucina dell'Europa meridionale – Inghilterra e Francia in primis – a partire dal Settecento. A dare il via alla pratica delle conserve, i contadini di Parma, che lasciavano essiccare i pomodori al sole prima di trasformarli in salsa. Una tradizione che in Italia ha dato origine a una rete fittissima di industrie, sviluppatasi dapprima a Napoli grazie all'imprenditore Francesco Cirio, ancora oggi fra i nomi più noti delle grande distribuzione: è a lui che si deve l'introduzione della tecnica di conservazione in scatola inventata da Nicolas Appert nel Settecento.
Concentrato di pomodoro: la versione industriale e quella casalinga
Anche il concentrato di pomodoro nella versione industriale nasce nella provincia di Parma: il successo risale agli anni '50, quando l'azienda Mutti di Montechiarugolo comincia a commercializzare il concentrato in tubetto. La differenza con la passata? La concentrazione, come si intuisce dal nome. Si tratta di un prodotto ottenuto dal succo di pomodoro riscaldato a cui viene tolta una quantità di acqua: una pasta quindi più densa e dal sapore deciso, disponibile in tre varianti, che differiscono tra loro per il livello di concentrazione di zuccheri, dando vita a concentrato, doppio concentrato e triplo concentrato. In casa, viene preparato in maniera diversa a seconda delle tradizioni regionali (fra i più celebri, lo strattu siciliano), e si impiega per aggiungere più gusto a zuppe, minestroni, ragù o preparazioni con tempi di cottura lunghi, come stufati e spezzatini.
Pesto genovese: dal moretum romano a oggi
La passata di pomodoro è un ingrediente versatile, pratico, sempre pronto all'uso. Ma non è l'unico alleato di chi si mette ai fornelli, anche con poco tempo a disposizione. Compagno fedele degli alimenti in dispensa, il pesto alla genovese, perfetto per una cena veloce e gustosa, un condimento da usare a freddo direttamente sulla pasta. Per prepararlo occorre una buona dose di manualità e dimestichezza con gli strumenti - il mortaio di marmo e il pestello di legno - ma non esiste un metodo codificato per realizzarlo. E ovviamente buoni ingredienti: olio extravergine di oliva, basilico, parmigiano, Fiore Sardo, pinoli, aglio. Primordiale antenato della ricetta è il moretum romano, mix di erbe, pecorino, sale, olio d'oliva e aceto, anche se le prime tracce scritte risalgono all'Ottocento, con il volume “La vera cuciniera genovese” di Emanuele Rossi, che cita per la prima volta la salsa. Ma c'è anche chi ritiene che si tratti di un'evoluzione dell'agliata (aggiada in dialetto genovese), fatta con aglio, mollica di pane, olio d'oliva, vino e aceto, solitamente utilizzata per accompagnare il pesce. Gli abbinamenti ideali? Pasta – trofie e trenette in primis – lasagne, timballi, torte rustiche e minestrone. Naturalmente, spazio alla fantasia e a tutte le ricette della tradizione regionale italiana, a cominciare dal celebre pesto alla trapanese a base di pomodoro.
La ricetta: pesto alla genovese
Ingredienti
- 80 g. di basilico (possibilmente di Basilico Genovese DOP)
- 1 spicchio d’aglio
- 2 cucchiai di pinoli
- 2 cucchiai colmi di pecorino sardo grattugiato
- 4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva ligure
- Sale q.b.
Staccate le foglioline di basilico, lavatele e asciugatele. Mettetele nel bicchiere del frullatore e unitevi lo spicchio d’aglio, privato del germoglio interno, i pinoli, il formaggio e la metà dell’olio. Frullate fino a quando gli ingredienti si saranno trasformati in un composto cremoso. Per evitare di scaldare il pesto, mantenete la velocità bassa e fate ogni tanto delle brevi pause. Alla fine, travasate il pesto in una ciotolina e amalgamatevi il resto dell’olio.
a cura di Michela Becchi
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