Il cibo nei film di Tarantino: il Big Kahuna Burger
Innanzitutto, il Big Kahuna Burger non esiste. Tranne che per i fan di Tarantino (e Rodriguez), che hanno visto l’insegna colorata del locale in Pulp Fiction, Grindhouse, Four Rooms e Le iene: una catena fittizia di fast food hawaiani, famosa soprattutto per la scena di Pulp Fiction in cui Brett addenta l’hamburger proprio quando Jules e Vincent entrano in casa sua. “Hamburger, dici? La colonna portante di ogni colazione vitaminica! Che tipo di hamburger?”. Un cheeseburger, ma non uno qualsiasi. Quello del “Big Kahuna Burger, dove gli hawaiani fanno gli hamburger!”, spiega entusiasta Jules poco prima di recitare un passo della Bibbia e uccidere Brett per vendicare il signor Wallace. La stessa catena di cui si scorge la locandina anche nell’ultimo film di Tarantino del 2019, C’era una volta a Hollywood, un “film nel film” e “un film sul film”, omaggio al cinema stesso con cui sembrerebbe aver concluso la propria carriera da regista (voce smentita a più riprese, ma in qualsiasi caso si tratta di uno degli ultimi). Il nome non è casuale: big kahuna è un termine gergale con cui si intende un grosso affare o una persona di rilievo.
Gli altri marchi di Tarantino e i cibi più rappresentativi
È senza dubbio il più noto, ma non l’unico brand nato dalla mente creativa del regista. Sempre in Pulp Fiction (e anche in Jackie Brown) si scorge la Teriyaki Donut, insegna di fast food giapponese rappresentata da un gatto bianco e rosa con una ciambella glassata in mano; è da lì che esce Marsellus subito prima di essere investito da Butch. In realtà, i marchi inventati da Tarantino e divenuti ormai iconici sono moltissimi, e non solo alimentari: famosissime le sigarette Red Apple con il pacchetto giallo e la grande mela rossa, fumate in Pulp Fiction, Kill Bill vol. 1, Bastardi Senza Gloria, Django Unchained e anche The Hateful Eight. Ma torniamo al cibo: marchi a parte, pietanze golose e succulente sono onnipresenti nei film del regista. Burger in Pulp Fiction, pollo al sugo con cipolle e fagioli in umido in Jackie Brown, sushi in Kill Bill, i classici fagioli stufati da western in Django Unchained… e lo strudel di mele di Bastardi Senza Gloria.
Lo strudel di mele di Bastardi Senza Gloria
Perché è vero, il cibo gioca un ruolo importante in ogni pellicola, ma è in quella del 2009 che diventa protagonista assoluto di una delle scene cult che proprio attorno alla tavola trova il suo perfetto equilibrio. Azione, dramma, comicità, anche quel tocco di splatter a cui il regista ci ha abituati sono gli ingredienti principali per la buona riuscita di Bastardi Senza Gloria, mentre alla base della ricetta in questione ci sono mele e pasta sfoglia. Anche la panna per Shoshanna, ragazza ebrea unica sopravvissuta alla strage della sua famiglia uccisa dal colonnello nazista Hans Landa (il premio Oscar Christoph Waltz). Shoshanna (conosciuta sotto il falso nome di Emmanuelle Mimieux) sta per addentare il dolce, in una scena tutta giocata sui chiaroscuri, ma Landa la invita ad aspettare l’arrivo della panna. È lui stesso a ordinare per lei lo strudel, un caffè per sé e un bicchiere di latte per la donna, mentre la interroga per sapere come è riuscita a diventare proprietaria del cinema, proprio quel cinema dove dovrà essere trasmesso un film di propaganda… Landa continua a fare domande, diventando sempre più offensivo, inopportuno, e ogni parola è inframmezzata da un morso, un verso. Mangia voracemente, con foga, senza freni. Una scena irriverente, tesissima: Shoshanna sa che il colonnello potrebbe conoscere la sua vera identità che e lo strudel è solo il pretesto per prendere tempo e tenderle una trappola. Il caffè resta imbevuto, pur essendo stato generosamente zuccherato, e lo stesso dolce viene lasciato a metà, con tanto di sigaretta spenta sulla panna montata.
Storia dello strudel
Un dolce dalla storia controversa, lo strudel di mele, le cui prime testimonianze risalgono all’VIII secolo a.C., in un manoscritto assiro che descrive una ricetta con strati di sfoglia o pane azzimo, noci e miele. Arrivato in Grecia e poi Turchia, il dolce diede vita a diverse preparazioni, tra cui la baklava, ma è solo nel Cinquecento che - grazie all’espansione del sultano Solimano Il Magnifico - raggiunse l’Ungheria, dove probabilmente vennero aggiunte per la prima volta le mele. Le noci furono poi sostituite dai pinoli e col tempo, dopo la conquista dell’Ungheria da parte dell’Austria, il dessert iniziò a spopolare tra i salotti aristocratici viennesi. Primissima traccia scritta è quella nel “Grande libro di cucina viennese” di Anna Dorn del 1827, dove viene chiamato Apfelstrudel, una specialità che ha poi valicato i confini, diventando il fiore all’occhiello della pasticceria altoatesina.
La ricetta dello strudel di mele
Ingredienti
Per la pasta
- 350 g. di farina
- 50 g. di burro
- 1 uovo
- Sale q.b.
- Per il ripieno
- 1 kg. di mele Renetta
- 100 g. di burro
- 150 g. di uetta sultanina
- 150 g. di pinoli
- 3 cucchiai colmi di mollica di pane grattugiato
- Scorza di 1/2 limone
- 1 cucchiaino di cannella
- 1 cucchiaio di burro fuso
- Zucchero a velo q.b.
Setacciate sulla spianatoia la farina con un pizzico di sale, fate la fontana e versatevi il burro fuso e circa mezzo bicchiere di acqua tiepida. Mescolate gli ingredienti con una forchetta e poi lavorate energicamente la pasta per qualche minuto. Deve risultare abbastanza morbida. Raccoglietela a palla e sbattetela con forza e ripetutamente sulla spianatoia, per circa cinque minuti quindi avvolgetela in un canovaccio e copritela con una pentola capovolta prima riscaldata.
Sbucciate le mele, tagliatele a spicchi e affettatele sottilmente dentro una ciotola. Unitevi l’uvetta, precedentemente ammollata e asciugata, i pinoli, la scorza di limone, lo zucchero e la cannella. Mescolate e lasciate riposare per una mezz’ora. Stendete sul tavolo una tovaglia, infarinatela leggermente e appoggiatevi il panetto di pasta. Stendetela con il mattarello in una sfoglia rotonda spessa circa mezzo cm quindi sciogliete il burro e usatene una piccola parte per pennellare la sfoglia. Mettete le mani, chiuse a pugno e infarinate, sotto la pasta stesa e, con molta delicatezza, allargatela, tirandola poco per volta per non strapparla e cercando di darle uno spessore uniforme e sottile.
Alla fine si dovrà ottenere un ovale di circa 80 cm X 60. Rimettete sul fuoco il burro rimasto, fatevi rosolare, a fuoco moderato, la mollica grattugiata e distribuitelo uniformemente sulla sfoglia con un pennello. Distribuitevi anche le mele sgocciolate, lasciando tutto intorno un bordo libero di circa tre centimetri e spolverate con due cucchiai di zucchero. Partendo dal lato più lungo e aiutandosi con la tovaglia, arrotolate la pasta su se stessa in modo da ottenere una specie di salame. Premete lo strudel alle due estremità chiudendo bene e, piegando con delicatezza, date al dolce la forma di un ferro di cavallo. Fatelo scivolare su una placca imburrata, pennellatelo con il burro e mettetelo nel forno già caldo a 180° per circa un’ora. Servitelo tiepido, spolverato di zucchero a velo.
a cura di Michela Becchi
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