Delle caffetterie specialty amo tutto, tranne il fatto di poterle frequentare solo nel weekend. Gli orari di apertura dei bar contemporanei sono cambiati, sono lontani i tempi in cui le saracinesche si alzavano alle 5.30 del mattino. Comprensibilmente, perché la crisi del personale di cui tanto si parla nel mondo della ristorazione è una questione quanto mai delicata anche per i bar: trovare e formare del personale qualificato richiede tempo ed energia, ma soprattutto rappresenta un grande costo.
Come sono cambiati gli orari dei bar
Partiamo dal principio: la maggior parte delle caffetterie specialty di nuova generazione (e più in generale le insegne moderne) non aprono quasi mai prima delle 8. Un bar di livello che apra alle 7 o 7.30 del mattino sta già facendo un grande sforzo. Eppure, fino a qualche anno fa era impensabile che una caffetteria aprisse più tardi delle 6.30. Prima di gridare allo scandalo ricorrendo al ritornello dei «giovani che non hanno voglia di lavorare», cerchiamo di analizzare bene la situazione. Intanto, oggi il mercato della prima colazione è molto cambiato. Si fa più spesso in casa (per motivi economici ma anche di salute: il più buono dei croissant, fatto con burro di altissima qualità, non è comunque il massimo se consumato ogni mattina), i tempi sono stretti e l’aumento del lavoro da remoto ha contribuito a far abbandonare gradualmente l’accoppiata cornetto e cappuccino.
Più servizio al tavolo, meno bancone
Questo, certo, non significa che non ci sia richiesta. I bar di quartiere sono spesso affollati prima delle 8, tra genitori che portano i figli a scuola e lavoratori che non rinunciano a una tazzina prima di andare in ufficio, a costo di uscire prima di casa. Ma si tratta, perlopiù, di un consumo «per necessità» e non tanto per piacere: o meglio, di una pausa gradevole che però ha poco a che fare con la qualità del cibo. Per apprezzare una buona tazzina (ancor di più se scegliamo un caffè filtro) o un croissant come si deve, senza contare le altre opzioni come le colazioni al piatto (avocado toast, pancakes, waffles …) occorre sedersi e prendersi il proprio tempo.
Ecco, la maggior parte dei bar contemporanei non vuole intercettare una clientela di passaggio, persone indaffarate che trangugiano l’espresso al bancone come fosse una medicina: per far comprendere il concetto di specialty in Italia occorre dialogo, e soprattutto tempo. Tanto tempo. Meglio perdere, allora, qualche cliente delle prime ore, in favore di consumatori più pazienti e propensi all’ascolto. Oltre che disposti a spendere di più per un’esperienza più lunga, incentivando così il servizio al tavolo anziché quello al bancone.
Servono più baristi (formati e ben retribuiti)
Infine, la già citata crisi del personale. Aprendo alle 6 del mattino, se si hanno pochi baristi a disposizione (ribadiamo ancora una volta che parliamo di baristi formati e retribuiti adeguatamente, non ragazzi stagionali che vivono questo mestiere come un ripiego, magari pagati a nero) si dovrà per forza chiudere nel primo pomeriggio, andando a perdere un’altra fetta di mercato. Certo, per noi mattinieri sarebbe bello avere una caffetteria specialty aperta già di buonora, dove poter soddisfare pancia e palato senza doversi accontentare. Ma guardiamo in faccia la realtà, siamo una nicchia, e per andare avanti un bar ha bisogno di numeri maggiori. Magari, un giorno, le cose andranno così bene che i dipendenti saranno sempre di più e gli orari torneranno a essere perlomeno un compromesso con quelli di un tempo.