Al netto della prosa, che ci rimanda a un tempo passato, questa lettera potrebbe essere scritta oggi: in essa si raccomanda l'invio della mostarda "prima de Sancto Natale" così da accompagnare degnamente "li capponi e la cacciagione et i viteli boliti et allo spiedo", ritagliando sulla mostarda quel ruolo di co-protagonista nelle libagioni di fine anno che vale ieri come ai giorni nostri. Quella missiva, però, scritta dal Cancelliere ducale per ordine del goloso Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti risale a ben oltre 600 anni fa. Per l'esattezza al 1397.
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Tra Verdi e Garibaldi
A ricordarci la storia nonché le fortune della "Signora Mostarda" è l'omonimo e interessante libro di Annalisa Andreini che alla frutta (intera oppure tagliata a pezzi, a fette ora grandi ora sottili) e accompagnata da una buona senapatura tratteggia una storia ricca di spunti preziosi, come quelli che coinvolgono i suoi famosi estimatori: da Giuseppe Garibaldi, che la riceveva da Cremona in cambio del miele di Caprera, al maestro Giuseppe Verdi che per le feste natalizie la inviava in dono (insieme al torrone) ai suoi amici sparsi per il mondo. Le fortune della mostarda, del resto, raggiunsero il loro apice proprio nell'Ottocento.
Numerose varianti
Prodotto di eccellenza della gastronomia italiana, la mostarda è nota in diverse città della pianura padana: cremonese e mantovana, le due più celebri, si accompagna poi a quelle bolognesi, carpigiane, vicentine, viadanesi, senza dimenticare la mostarda di Voghera, per non parlare di quelle particolari (e diverse) diffuse in toscana o in meridione (specie in Sicilia). La sua caratteristica principale è di coinvolgere all'assaggio molti dei nostri sensi: quel gusto dolcemente speziato, capace quasi di bruciare in bocca e pungere nel naso, rimanderebbe del resto all'etimologia più probabile del nome, "mustum ardens", che riconduce agli albori di un'avventura gastronomica - spiega ancora la scrittrice Andreini - in cui il «mosto di uva ardente, succo d'uva pigiata, veniva bollito e ridotto di un quarto e reso piccante dall'aggiunta di farina di grani di senape».
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Un metodo di lavoro lento e paziente
Enrica Orsini, produttrice di mostarda con la sua azienda artigianale Le Leccornie Doc di Pandino (CR) ci guida alla scoperta del metodo di lavoro: «Si lavorano a mano piccole quantità di frutta e di verdura fresche di origine italiana e al punto giusto di maturazione, scelte da fornitori di fiducia. Tradizionale è il processo di canditura. Dopo essere stata lavata e lavorata, la frutta viene posizionata nelle apposite vasche, si aggiunge lo zucchero e si lascia riposare. E il segreto è tutto legato a questa fase perché è necessario rispettare i tempi della canditura e la particolarità di ogni frutto che viene candito separatamente. Anche il suo gusto pungente è da noi dato da un ingrediente naturale, l'olio essenziale di senape, che viene dosato nel rispetto delle qualità organolettiche di ogni frutto, così da ottenere quella sensazione esplosiva di gusto dolce-piccante».
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Una tradizione al passo con i tempi
La sfida consiste oggi nel mantenere viva una gloriosa tradizione aprendola al contempo agli stimoli offerti da palati e sensibilità moderne. Esplorando, ad esempio, accanto ai frutti classici (pera, ciliegia, mela, fico, albicocca e pesca) nuove lavorazioni, come fa Enrica Orsini con lo zenzero, il chinotto, il bergamotto, le fragoline, i mirtilli e il gelso. Ma anche sperimentando nuovi accostamenti. Senza certo rinunciare ad accompagnare i tradizionali bolliti, le carni e i formaggi, ma anche osando, come propone Fortunato Amatruda che nella sua pizzeria Anima Romita di Crema (CR), tre spicchi per la Guida delle Pizzerie del Gambero, prepara un'originale pizza con la lombata di coniglio al forno, la crema di Salva Cremasco e appunto la nostra signora mostarda (qui di zucca). Perché in sintesi il succo del discorso sta in quell'appunto che annotò un giorno degli anni Cinquanta del secolo scorso una turista inglese di passaggio a Cremona: «La mostarda è un piatto estremamente raffinato, barocco, dolce, di pieno corpo, ardente e piccante».