Una tradizione antichissima, che resta nella memoria dei romani da più generazioni, quella dell’asta del pesce all’alba della Vigilia di Natale, che nell’Urbe per secoli ha dato vita a un vero e proprio spettacolo interclassista: popolani e domestici, commercianti e cuochi, la contrattazione con i cottìatori, i venditori del mercato, andava avanti per tutta la notte.
La tradizione romana del cottìo
«È ffinito er cottivo?» «Ehée, da un pezzo».
«Ggià, pprezzettacci?» «Ma de che! mma indove!
Inzinenta, fratello, che nun piove,
la pesca è mmosscia, e nun ribbassa er prezzo».
«Sai c’hai da dí? cch’er popolo sc’è avvezzo.
«È finito il cottìo?» «Eh, da un pezzo». «Già, prezzi bassi?» «Ma che! Ma dove! Fintanto, fratello, che non piove, la pesca è scarsa, e il prezzo non si abbassa». «Sai che devi dire? Che il popolo ci è abituato». È Giuseppe Gioacchino Belli a descrivere la scena in un sonetto del 1845, intitolato, “Er Cottivo”: dal latino medievale coctigium (da latino quotīdĭe, quotidianamente) il cottìo, nella Roma papalina, è il termine che indica la tradizionale vendita del pesce e, nello specifico natalizio, quella che si svolge tra il 23 e il 24 dicembre, in vista della tradizionale cena di magro della Vigilia, nel principale mercato del pesce della città, che per secoli è quello del Portico d'Ottavia. L’usanza della battuta d’asta al mercato del pesce è sicuramente risalente al Medioevo, ma, dal Seicento e fino agli inizi del Novecento, diventa molto radicata in città. La vendita comincia il 23 dicembre: il pesce migliore, ovviamente, finisce nelle mani dei servitori dei signori e, quando la notte sta per finire, all’alba del 24, per la merce rimanente si comincia con l’asta, che mette tutti, poveri e ricchi, nella stessa posizione di partenza.
Il mercato del pesce di Roma
Dal litorale tirrenico, dai porti di Nettuno, Anzio e Civitavecchia, principalmente, arriva il pesce fresco da mettere in tavola alla vigilia di Natale, e arriva al Portico d’Ottavia. Oggi simbolo del quartiere ebraico – il ghetto di Roma è uno dei più antichi al mondo, istituito nel 1555 da papa Paolo IV - il Portico d’Ottavia viene costruito sotto l’imperatore Ottaviano e intitolato alla sorella Ottavia.
Nel XII secolo, data la vicinanza del Tevere, viene trasferito qui il mercato del pesce, nel rione Sant’Angelo (che per questo prende l’appellativo “in Pescheria”). La merce nel Forum Piscarium viene esposta su grandi tavole di marmo: se si passeggia per il ghetto è ancora visibile una lapide, addossata al Portico e risalente al periodo dello Stato Pontificio, con l’iscrizione «capita piscium hoc marmoreo schemate longitudine majorum usque ad primas pinnas inclusive conservatoribus danto» (le teste dei pesci più lunghi di questa lapide, pinne comprese, devono essere date ai Conservatori): le teste vengono utilizzate per saporite zuppe, per questo i Conservatori, consiglieri comunali, se le accaparrano volentieri.
Il cottìo dell’antivigilia continua anche quando, dopo l’Unità d’Italia, nel 1885, a seguito di restauri nella chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, il mercato viene spostato in una cornice più funzionale e moderna in piazza San Teodoro. Nel 1927, invece, il commercio del pesce è assorbito dai Mercati Generali e la tradizione natalizia man mano si perde.
La cena di magro della Vigilia a Roma
Come nella maggior parte del nostro paese, la sera del 24 dicembre, l’usanza di Roma comanda di riunirsi con la famiglia per una cena scandita da alcune portate scandite dalla tradizione religiosa e natalizia. Tra i riti tutt’oggi vivi sulla tavola capitolina ci sono la minestra di broccolo in brodo di arzilla (la razza), gli spaghetti con il tonno, l’anguilla fritta, il capitone, l’insalata di puntarelle.
Immagine di apertura: Samuel Prout, Il Mercato del Pesce, Roma (1824), Museo Roma in Trastevere