Chi è Danny Meyer
Se Union Square Hospitality Group non vi dice niente, provate a pensare ad alcuni dei locali più iconici di New York, a cominciare dal ristorante del MoMA – quel The Modern recentemente premiato con le due stelle Michelin – alla Gramercy Tavern, all'Union Square Cafè. L'uomo che gestisce quest'impero della ristorazione – cui fanno capo in tutto tredici insegne - è Danny Meyer, fondatore tra l'altro del celebre brand Shake Shack, quella macchina da guerra che definisce il lifestyle in salsa newyorkese. Brillante 57enne, alle spalle vanta trent'anni spesi nel business di settore, che qualche giorno fa hanno portato all'annuncio che ha scatenato il dibattito intorno a uno dei temi più dibattuti di sempre, a ogni latitudine: la mancia.
In poche parole, Mister Meyer ha deciso di eliminare il capitolo mancia finora vivamente consigliato tra le voci di un comune scontrino statunitense. E se nel Vecchio Continente – dove la mancia per ricompensare un buon servizio è a discrezione del cliente – la notizia non fa scalpore, negli USA (dove i camerieri sanno di poter contare sull'extra assicurato) il provvedimento si preannuncia come una vera rivoluzione.
Stop alle mance. Ecco perché
Dietro alla decisione c'è la volontà di eliminare il gap – crescente negli ultimi decenni – tra lavoro in sala e cucina, per garantire anche a chi non ci mette la faccia – tutta la “manodopera” di una cucina che lavora a pieno ritmo, tra chef, sous chef, lavapiatti e quanti altri – un compenso adeguato al proprio impegno. La compagnia oggi impiega 1800 dipendenti e ha la forza contrattuale per poter prendere posizione contro una legge (quella americana) che determina – a detta di Meyer - “quali posizioni in un ristorante debbano essere gratificate con un compenso extra e quali invece non possono beneficiare della mancia”. Nel secondo gruppo rientrano tutti quei ruoli di cucina che dalla fine di novembre (a partire dallo staff del ristorante The Modern) saranno compensati direttamente dal proprio datore di lavoro – l'Union Square Hospitality Group – in modo equo rispetto ai dipendenti di sala.
“Hospitality included”. E il prezzo aumenta
Come? Se dal conto sparisce la voce mancia, per contro aumenta il costo complessivo (che si riflette nell'aumento dei prezzi per ogni singolo piatto) per godere di una cena al ristorante o di un cappuccino al tavolo della caffetteria del museo: il menu si farà portavoce del cambiamento, segnalando la voce “ospitalità” che confluirà nell'importo complessivo. Non indenne da polemiche, l'idea di Mr Meyer dovrebbe assicurare nuovo respiro al personale di cucina e infatti raccoglie il plauso di Abram Bissell, chef del The Modern, che si dice fiducioso sulla possibilità di riuscire ad attrarre nuovi dipendenti qualificati ora che la paga oraria aumenterà di qualche dollaro l'ora. Il compenso resterà sempre lo stesso per il personale di sala. Ma come reagiranno i clienti? Il fronte “no tipping” sta già raccogliendo consensi tra i ristoratori, ma solo tra qualche mese sarà possibile tracciare un bilancio.