I cinesi e il formaggio
Era l'inizio del 2014, e Assolatte lanciava un grido d'aiuto all'Unione Europea. All'epoca le importazioni di formaggi italiani (ed europei) in Cina stavano decisamente decollando, dopo anni di indifferenza pressoché totale, dovuta alle consuetudini radicate nella cultura alimentare cinese. Fino a 30 anni fa, in Cina, il mercato dei formaggi praticamente non esisteva. Poi il riscatto, con margini di crescita esponenziali e potenzialità molto redditizie per i Paesi tradizionalmente produttori come l'Italia. Nel 2013 il mercato dell'export caseario valeva 6 milioni di euro, già l'anno seguente il 39% in più. Per merito di un sostanziale cambio di rotta: solo qualche anno prima, i cinesi si dicevano poco inclini a sperimentare, dichiarando persino una repulsione nei confronti dei prodotti lattiero-caseari, specie davanti a un erborinato, scoraggiati dal profumo marcato. Ma già nel 2014 l'opinione della Cina a riguardo si ribaltava visibilmente: considerati prodotti raffinati ed esclusivi, i formaggi – con particolare riguardo per quelli in arrivo dal Belpaese e dalla Francia – diventavano uno status symbol emblema del buon gusto. E l'inasprimento dei controlli doganali dall'Agenzia della Sicurezza Alimentare Cinese faceva temere per la sorte di un mercato da tutelare, proprio perché ancora alle prime armi.
La crescita dell'export caseario
Allora, dopo mesi di trattative, il Ministero della Salute e l'Ambasciata Italiana in Cina erano riuscite a strappare un accordo importante, per definire linee guida condivise e favorire le operazioni degli importatori italiani. Una trattativa pure mirata a contrastare l'italian sounding (la piaga del Parmesan e del Provolone Cheese) e decisamente vantaggiosa per quei prodotti già particolarmente apprezzati dai cinesi: formaggi freschi con mozzarella e ricotta in testa (il dato era valido ancora nel 2016), Parmigiano Reggiano e Grana Padano a seguire, mascarpone, robiola, pecorino e gorgonzola con grandi margini di crescita. 2015 e 2016, infatti, hanno fatto registrare un aumento delle vendite pari al 42%, con 2650 tonnellate esportate sul mercato cinese; e i primi dati del 2017, validi per il primo quadrimestre, parlano di un ulteriore crescita, pari al 36% in più.
Il nuovo blocco dell'Aqsiq colpisce gli erborinati
Quattro anni dopo, però, proprio mentre l'Italia si appresta a celebrare la sua sconfinata produzione casearia a Bra, con Cheese 2017, le restrizioni dell'Aqsiq tornano a farsi sentire, e stavolta potrebbero paralizzare per diversi mesi una buona fetta dell'export caseario europeo indirizzato in Cina. La pietra dello scandalo, per le rigide misure sanitarie dei doganieri cinesi, sono le muffe di erborinati e muffettati, precisamente alcuni ceppi di batteri utilizzati tradizionalmente per la produzione di alcuni tra i più famosi formaggi europei: Roquefort, Camembert, Gorgonzola, Taleggio. Un grave danno d'immagine, oltre che economico, per diverse specialità made in Ue, che negli ultimi giorni ha messo in agitazione i produttori italiani ed europei (nelle restrizioni incappano anche Gran Bretagna, Olanda, Danimarca). L'inasprimento dell'agenzia sanitaria, tra l'altro, arriva a pochi mesi dalla ratifica di un accordo tra Ue e Cina per il riconoscimento e la valorizzazione di 100 Dop europee, tra cui diverse specialità casearie, e questo non fa altro che accentuare le perplessità sul Vecchio Continente.
Per l'Italia, nel frattempo, si muovono i ministeri alle Politiche Agricole, Salute e Sviluppo Economico, mentre la Cina, tramite il ministero del Commercio, rinnega ogni ingerenza politica, rimbalzando le responsabilità all'Aqsiq, organo competente e autonomo in materia di ispezioni e quarantena. “Il cibo italiano piace ai cinesi”, conferma il governo locale, ma intanto i produttori italiani sono stati costretti a rallentare le esportazioni, per scongiurare il rischio di veder respingere la merce alla frontiera. All'inizio di ottobre si aprirà un nuovo tavolo Ue-Cina, con la priorità di concordare nuovi parametri condivisi per l'import, sbloccando così una situazione ingarbugliata, che rischia di coinvolgere anche la pancetta e il prosciutto. Di certo le trattative non saranno brevi.
a cura di Livia Montagnoli