C'era un tempo in cui, dovendo affrontare un viaggio in treno, si andava in stazione ognuno con il proprio fagottello, non parliamo del secondo dopoguerra e neanche degli anni '70, ma di una manciata di anni fa, c'era già l'euro per intenderci, e parlando di Roma, si girava alla larga da quel che offriva la Stazione Termini. Poche cose, spesso care, e neanche tanto buone. Circondata com'era dei peggiori bar di una Caracas capitolina, in quel sottobosco degradato che caratterizza la zona, che di certo non invogliavano alla sosta: panini stanchi, tramezzini che avrebbero voluto un destino migliore, per non parlare della colazione con quei dolci che per chi ha letto Stefano Benni non possono che chiamarsi la Luisona. Per questo l'imperativo era: mangiare prima, o al massimo – se si arrivava in corsa alla stazione – fare un pit stop da un alimentari o in un supermercato per arrivare con una sportina provvidenziale. Qualcuno ancora lo fa, ma più per scelte personali che per necessità.
Da qualche tempo Termini e con essa i principali snodi ferroviari, ha cambiato volto e offre, insieme a una scelta di attività commerciali, anche una certa varietà di bar e ristoranti che cercano di rispondere alle esigenze delle persone in transito. Grandi catene internazionali e realtà più piccole, che hanno la forza di inserirsi in un quadro del genere, ma che rimangono comunque lillipuziane se confrontate alle altre. È il caso della pasticceria firmata Rinaldini, o della porchetta di Ariccia Mancini (con il panino robusto con il pane casereccio, ormai una rarità), oppure Panella, panificio boutique dell'Esquilino che da qualche anno ha operato una ricollocazione, al pari del napoletano Scaturchio, o ancora Antica Focacceria San Francesco, Eccellenze della Costiera, Numa alla Stazione, spin off molto fast di Numa al Circo Massimo, e così via. «A Roma Termini potresti non mai mangiare la stessa cosa» commenta Riccardo Fiori, leasing director di Grandi Stazioni Retail, la società cui è affidato in esclusiva il diritto di sfruttamento commerciale (a fronte di un fee per l'affitto e una percentuale sulle vendite) e pubblicitario delle 14 grandi stazioni italiane, una superficie complessiva di 165.000metri quadrati GLA e oltre 750 milioni di visite l'anno. «Gente che ha tempi e necessità differenti» soprattutto in un hub come Termini: ci sono stranieri e italiani, persone in transito da e per l'aeroporto e altre che si spostano verso destinazioni nazionali o regionali, ci sono pendolari, senza contare che qui c'è l'ingresso della metropolitana, con flussi di persone che attraversano in gran fretta gli spazi e ha pochissimo tempo da destinare al cibo.
Quali sono le novità di Termini?
Dopo All'Antico Vinaio di Tommaso Mazzanti, uno dei brand italiani che ha spopolato al mondo, (sempre più inarrestabile, tra nuove aperture in Italia e all'estero e nuovi progetti) che ha aperto qualche settimana fa, a Roma è in arrivo Lèon, un brand inglese con un'offerta fast food healty che completa la gamma di grandi marchi internazionali che così, oggi, non è rappresentata da nessuno.
E poi c'è Gino Sorbillo...
La più importante e famosa pizzeria del mondo si appresta a chiudere questa fase di ampliamento di insegne.
Non ci sarà nessun'altra novità? Possibile?
Preferiamo parlare di cose realizzate, in ogni caso a inizio 2025 prevediamo l'apertura del ristorante all day long di cucina tradizionale italiana Il Granaio, del gruppo Savini Milano. Ma a parte quella, a oggi l'offerta ristorativa a Roma è praticamente completa, ci sarà qualche attività in scadenza e andremo a fare le valutazioni del caso. Ma il più è fatto: il grande intervento a Roma Termini ha sostituito l'offerta food in galleria gommata, che abbiamo riorganizzato, trasferendo le attività in altre zone e organizzandola in maniera diversa per incontrare un traffico che ha percorsi e necessità differenti in aree diverse. Dobbiamo ottimizzare la superficie per offrire la più ampia gamma di prodotti alla popolazione che frequenta quotidianamente la stazione.
Come si organizza uno spazio del genere?
Abbiamo un percorso organizzato: studiamo per ogni singola stazione i flussi e la tipologia di persone – business, pendolari, italiani, internazionali - analizziamo la dimensione e la struttura della Stazione, e studiamo un'offerta commerciale e ristorativa adeguata.
Sono modelli replicabili?
In certe stazioni con caratteristiche simili sì, ma non in tutte. Per esempio Milano e Roma sono diverse ma hanno una popolazione e una dimensione analoghe.
Ci faccia qualche esempio
Nella Terrazza Termini (quella affacciata sui binari) l'offerta è diversa da quella del piano interrato che intercetta soprattutto flussi di persone che hanno meno tempo. Mentre sopra chi deve aspettare può fermarsi con più tranquillità. Qui abbiamo concentrato gran parte delle insegne: gli hamburger di Five Guys, unico negozio di Roma, Wagamama – anche in questo caso unico store capitolino, che occupa gli spazi che sono stati di Antonello Colonna – Starbucks, Sushi Daily, la pasticceria francese Paul Depuis 1889.
Non sono novità assolute in Italia, però
La nostra peculiarità è di aver riunito tutti questi brand: nel panorama nazionale non c'è niente di simile, a livello internazionale occorre guardare agli aeroporti di alto livello per trovare una concentrazione così.
Come si studia l'offerta?
Negli ultimi anni abbiamo unito importanti brand internazionali e nazionali che in genere presidiano pochi canali e prevalentemente in centro città, molto più raramente gli aeroporti o altri contesti simili. Il nostro obiettivo è portare brand non presenti nel panorama italiano e cercarne altri italiani.
In sintesi: non state mai fermi. Ma come si riuniscono questi nomi?
C'è una regia per pianificare l'offerta. Abbiamo una struttura che contempera operazioni di gruppi più o meno grandi e altri di piccoli marchi. Abbiamo voluto ridimensionare le quote di presenza di grandi player per dare spazio ai piccoli marchi che riteniamo più interessanti, infatti molte insegne non presenti nei canali travel si rivolgono a noi per entrare nelle stazioni. In altri casi gli operatori si appoggiano a nomi come Chef Express, come nel caso di Panella, alcuni gruppi si muovono direttamente come Alice Pizza, ma anche Scaturchio o Eccellenze della Costiera hanno aperto direttamente, così pure Eataly è stata una apertura diretta e non con un altro partner, un ulteriore riconoscimento del fatto che le aziende vedono Roma Termini come un altro flagship store.
Quindi sono le singole attività che si rivolgono a voi?
Seguiamo diverse strade: a volte siamo noi che andiamo a intercettare certi operatori che non sono abituati a presenziare il contesto di specie, per capire se fanno al caso nostro, al di là della notorietà. L'idea di base è stringere una partnership con un prodotto che nel nostro contesto lavora bene, deve essere un valore aggiunto per tutti, per primo il consumatore.
Ci faccia un esempio
All'Antico Vinaio: lo abbiamo corteggiato a lungo ed è arrivato senza joint venture, lo abbiamo convinto a provare a fare una esperienza nel nostro contesto. È partito da Milano in una posizione che ritenevamo la più opportuna, perché parla sia al flusso di stazione sia alla città. L'esperienza è stata così favorevole che abbiamo iniziato a svilupparla su altre realtà: 2 a Firenze, una a Roma, e ora stiamo valutando anche altre piazze ancora non confermate.
Ma quali caratteristiche deve avere un'insegna per avere delle possibilità di entrare nelle stazioni?
Chiediamo la capacità di gestire grandi flussi, poi cerchiamo di capire se può funzionare nel contesto specifico, anche per offrire qualcosa di diverso che incontri i gusti degli operatori. Per esempio nel corso degli ultimi anni è cresciuta la proposta di cibi internazionali.
Riguardo le buone pratiche, invece?
Al di là delle condizioni lavorative dei dipendenti di queste attività commerciali, che devono essere secondo i termini di legge, spingiamo i vari esercizi ad adottare iniziative per la lotta allo spreco e sostenibilità.
Ma quale è il vostro obiettivo finale?
Cambiare le stazioni: da luogo di passaggio e a luogo di vita reale.
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