L’estate è ormai alle porte, e in questi giorni di caldo intenso la domanda che molti appassionati si pongono è “quale sarà il cocktail di quest’estate?”. Domanda legittima, certo, ma forse non corretta. Il punto di vero interesse infatti non è solo cosa bere, ma con cosa prepararlo. In un momento di crescente boom globale del craft distilling la materia prima è ormai importante quanto il prodotto finale, ed esplorando le novità di mercato è facile restare sorpresi di quanti prodotti goduriosi ci siano da provare. Dal whisky che parla italiano ai prodotti africani, dai gin senza ginepro ai cocktail blu, ecco quattro tendenze da tenere d’occhio nella bella stagione.
Il whisky d’estate parla italiano
Finalmente comincia a passare lo stereotipo che vuole il whisky solo come invernale, da bere seduti davanti al camino. Perfetto per cocktail rinfrescanti come i sour o gli highball, il nobile distillato trova sempre nuove destinazioni, e in parte il merito del suo successo nel nostro paese è dovuto ai tanti imprenditori che ci stanno credendo. Un ottimo esempio in tal senso è il progetto nato nell’ottobre del 2013 che vede solo ora la luce dopo un giusto e sano periodo di studio e di invecchiamento in legno: con l’altisonante nome di Segretario di Stato nasce il primo Whisky della distilleria veneta Poli. Questo pure malt mantiene un forte legame con il territorio d’appartenenza grazie a un affinamento a chiusura dell'invecchiamento in botti che avevano precedentemente contenuto Amarone. La tendenza all’innovazione della distilleria dell’eclettico Jacopo Poli era in effetti già nota a tutti, un modo di concepire i distillati in maniera sempre più ampia e internazionale, sapendosi spostare dalla storica grappa sia in orizzontale - con prodotti quali vermouth e bitter - sia in verticale con i due gin chiamati Marconi che adesso con il whisky.
Per distillarlo artigianalmente in piccoli lotti è nato Athanor, uno speciale alambicco appositamente modificato al fine di preservare ed esaltare le proprietà della materia prima da cui sgorga il distillato bianco che poi, dopo una maturazione di 5 anni in botti di rovere e almeno un anno in botti di Amarone, diventerà il prodotto finito.
In pieno stile scozzese, anche la Poli ci tiene a sottolineare con orgoglio il ruolo dell’acqua nella propria creazione, elemento fondamentale e imprescindibile. In questo caso viene attinta dalla falda acquifera del monte Grappa, massiccio di natura carsica considerato dall’Unesco una Riserva della Biosfera per la conservazione e la protezione dell’ambiente. Il primo lotto, imbottigliato nel dicembre 2021, è stato prodotto in edizione limitata di 1898 esemplari in cofanetto di legno.
Altro grande progetto è quello di Dream Whisky, che lancia sul mercato il suo primo blend nato da cinque single cask americani prodotti con quattro diversi cereali antichi e quattro differenti tecniche di distillazione: il Creative Blend #1. Il blend consiste in un assemblaggio di cinque botti, accuratamente selezionate da Dream Whisky e provenienti dalla nota distilleria Death’s Door nel Wisconsin, oggi dismessa. A fianco di Dream Whisky, selezionatore e imbottigliatore di distillati nobili tornano i ragazzi del Jerry Thomas Project di Roma, sempre in prima linea quando si parla di qualità. Un’alleanza che ha portato a riscoprire questi prodotti creati secondo ricette risalenti all’epoca del pre proibizionismo, con tecniche di distillazione sperimentali e con materie prime coltivate in loco, come mais, segale, orzo e grano
Di natura diversa, ma sempre a base whisky, il progetto di un altro grande nome della bar industry italiana, ovvero Flavio Angiolillo. L’ambiziosa sfida di creare un bitter rosso in grado di competere con il leader di mercato compie due anni. Due anni di successo, ma anche di sperimentazione. E non è un caso che per festeggiare questo anniversario, l’eclettico patron di Dripstillery (e creatore di Mag La Pusterla) abbia voluto creare un’edizione limitata che prendesse il testimone della precedente Fusetti Nature. Nasce così Bitter Fusetti American Edition, il primo bitter al mondo a base di bourbon whiskey. Una tiratura di 1893 bottiglie numerate, l’anno di nascita dell’eroico militare italiano Mario Fusetti nella cui via omonima sorge uno dei locali del gruppo, ovvero Farmily.
Blue sì, ma naturale
Se c’è qualcosa che non manca a nessuno del periodo tra gli anni 90 e 2000 sono i cocktail blu fosforescenti, dolcissimi e a base di coloranti: da l’Angelo Azzurro al Blue Lagoon, il trionfo del E131 ha vissuto il suo momento magico per poi declinare. Oggi però il colore pare tornare di moda (Florence Cocktail Week ne ha fatto una tematica dell’ultima edizione) ma stavolta a farla da padrona è una colorazione totalmente naturale con ingredienti come l’alga spirulina o il Butterfly Pea. Tra i prodotti da segnalare in tal senso ci sono sicuramente Sesì creato dal bartender-liquorista Oscar Quagliarini oppure l’ultima creazione del pluripremiato produttore livornese Fabio Elettrico, con il suo liquore Amarea, ottenuto con acqua di mare e fiori, mentre abbondano i gin con il Butterfly Pea, tra cui ad esempio Nimium di gin agricolo oppure Noon nato tra Londra e Modena.
It’s time for Africa
Se pensate che la distillazione africana sia una novità, vi sbagliate. Vi basti pensare che in località come Capo Verde la canna da zucchero è stata introdotta dai portoghesi con l’inizio della tratta degli schiavi e dal XVIII secolo inizia la produzione del distillato sull’isola di Santo Antão, del prodotto tipico che oggi è conosciuto con il nome di Grog, Grogue o Grogu ed è addirittura protetto tramite un’associazione di piccoli produttori artigianali che hanno ottenuto una legge nazionale nel febbraio 2016.
Ma anche dall’altra parte del continente, a largo del Madagascar, c’è un piccolo stato dove si distillano rum sempre più importanti: a Mauritius dal 1838 è acceso l’alambicco di New Grove, la più antica distilleria dell’isola. Fondata dal Dottor Pierre Charles Francois Harel a Belle-Vue, oggi possiede circa 6000 ettari coltivati a canna da zucchero sull’isola da cui si ottiene la melassa che, in fase di lavorazione, viene fatta fermentare per circa 36 ore. Dopo la distillazione i rum così i vengono fatti maturare, per poi essere fatti riposare per un periodo compreso tra i 10 e i 18 mesi in barrique di rovere francese. Oltre ai blend sono da provare i Single Cask e i lunghi affinamenti e le annate vintage.
Equiano invece nasce dalla collaborazione tra la prestigiosa Grey Distillery nelle Mauritius e la Foursquare Distillery nelle Barbados. Questo rum viene miscelato e maturato in botti di quercia bianca americana precedentemente utilizzate per il bourbon. Il nome di questo rum è una dedica Olaudah Equiano, noto anche come Gustavus Vassa (Essaka, 1745 circa – Londra, 31 marzo 1797), scrittore e attivista nigeriano del XVIII secolo. Equiano racconta nella sua opera della cattura sua e del suo popolo e del suo viaggio su una nave di schiavi e la brutalità della schiavitù nelle colonie della Indie Occidentali. A 21 anni, riuscì a riscattare la propria libertà e andò in Inghilterra, dove sarà parte attiva del movimento abolizionista, e grazie al successo della sua autobiografia The Interesting Narrative of the Life of Olaudah Equiano, or Gustavus Vassa the African nel 1789 riuscirà a sensibilizzare ulteriormente l’opininione pubblica.
Non solo rum comunque, l’Africa comincia ad essere anche terra di gin, e alcuni arrivano qui da noi: è il caso del sudafricano UNIT43 che si vanta di nascere da una distilleria a bassissimo impatto ambientale, dove tutto il possibile è riciclato e riutilizzato. Votato miglior gin africano 2020 e 2021 questo gin molto botanico si distingue per note speziate di Grani del Paradiso e degli agrumi con sentori di Cardamomo edi Coriandolo.
Botanical Spirits, l’evoluzione continua
Abbiamo già parlato di Botanicals spirits, definiti come gin senza ginepro, ma l’Italia da questo punto di vista sembra non finire di innovare. Nel nostro paese infatti esistono anche meravigliosi tentativi di distillazione fuori schema che vedono di fatto l’abbandono dei disciplinari e dei nomi in favore della sperimentazione. Tra i più interessanti nati negli ultimi anni c’è sicuramente il distillato di Mirto Chervu, ovviamente d’origine sarda. La stessa azienda sorprende anche con un altro distillato fuori dalle convenzioni, chiamato Trilogy, un blend di tre distillati, mirto, lentisco e olivastro. Decisamente tentativi interessanti di imbottigliare lo spirito di un’isola e della sua flora in un liquido.
Un tentativo parallelo è quello di Agalìa, che in Sicilia ha creato un distillato di agave siciliana arricchito di botaniche tipiche. La materia prima di base è dunque la stessa che si usa per tequila e mezcal, ma ancora la concentrazione zuccherina non pare dar modo di lavorarla in purezza. Ma se in quelli che sembrano i Caraibi del Mediterraneo già si produce rum 100% autoctono, chissà che non sia solo questione di qualche estate prima di vedere innovazioni sorprendenti.
a cura di Federico Silvio Bellanca