La storia degli spaghetti alla puttanesca e dove mangiarli a Napoli

16 Giu 2024, 15:32 | a cura di
Niente alici nella versione originale di questo grande classico delle spaghettate di mezzanotte che tutti conosciamo ma di cui in pochi sanno storia e soprattutto origini del nome. E quindi, ecco perché la puttanesca si chiama così

A Napoli si chiama "aulive e chiapparielle", altrove la chiamiamo "puttanesca". Olive, capperi, origano, prezzemolo, un pomodoro più o meno tirato a seconda delle preferenze, spaghetti o linguine al dente e il gioco è fatto. Dopo l'aglio e olio e forse pari merito con burro e alici, è una delle ricette più gettonate per una cena dell'ultimo minuto o per la classica spaghettata di mezzanotte, specie d'estate, magari in terrazza: la preparazione del condimento richiede il tempo di cottura della pasta, il profumo è irresistibile, la riuscita praticamente assicurata (occhio al sale, però...).

La storia degli spaghetti alla puttanesca

Ma perché "puttanesca"? Se le origini del piatto sono sicuramente campane, quanto al nome ci sono due scuole di pensiero. Una versione della storia vuole che tutto sia iniziato negli anni Cinquanta a Ischia per opera di Sandro Petti, l'architetto della Dolce Vita isolana di quegli anni nonché nipote del pittore Eduardo Colucci. Colucci nel decennio precedente si era trasferito qui col fratello, e sulla terrazza della sua minuscola residenza estiva organizzava feste per gli amici del mondo dell'arte e dello spettacolo che venivano a trovarlo (da Luchino Visconti ad Anna Magnani, da Vittorio Gassman a Carlo Carrà) e per i quali era solito preparare i vermicelli col sugo di olive e capperi (come racconta Jeanne Caròla Francesconi ne “La Cucina Napoletana”, uno dei più completi ricettari di cucina regionale campana corredati da aneddoti e testimonianze e pubblicato nel '65 ), che lui definiva "alla marinara".

A rivendicarne il nome attuale arrivò appunto il nipote Sandro, romano di nascita e ischitano d'adozione (scomparso a 95 anni nel 2022), che sull'isola progettò e ristrutturò ville di vip e locali notturni tra i più frequentati di allora come 'O Rangio Fellone, dove si esibivano tutti gli artisti di grido dell'epoca, da Mina a Peppino Di Capri, e che peraltro ha riaperto nel 2023 dopo quarant'anni all'interno del Punta Molino Beach Resort & Thermal SPA in veste di ristorante e pizzeria sulla scia degli antichi fasti. Proprio qui Petti, in uno dei tanti fine serata, si trovò davanti una folta schiera di amici molto affamati. Lo racconta la giornalista napoletana Anna Maria Chiariello in un ormai noto passaggio del libro "Lucio Battisti - Emozioni Ischitane": «"Dai Sandro, è tardi ed abbiamo fame, dove vuoi che andiamo, facci una puttanata qualsiasi”. Così l’architetto che aveva anche la passione per la cucina oltre che quella per le arti, dopo un po’ portò una fumante zuppiera di pasta alla … puttanata. E cioè spaghetti, aglio, olio, pummarolelle, olive, capperi, pieni di prezzemolo. Un successo. La zuppiera tornò pulita in cucina. “Ancora la conservo, la tengo nella mia villa romana, dice Petti, è talmente grande che con cinque chili di spaghetti si copre il fondo”. La ricetta finì nel menù, “la chiamai puttanesca, non era carino puttanata” ma gli valse una bella reprimenda dal vescovo Ernesto De Laurentis a causa di quel termine un po’ volgare. (…) “fui io e non mio zio a preparare per la prima volta quel sugo che chiamai poi alla puttanesca”».

Gli spaghetti alla puttanesca dei Quartieri Spagnoli

Un'altra versione, invece, vuole che la puttanesca sia nata nei Quartieri Spagnoli, nelle case di appuntamenti di inizio Novecento. O perché era abitudine offrirla agli ospiti data la facilità di esecuzione, o perché i colori sgargianti dell'intingolo richiamavano l'abbigliamento vistoso delle ragazze. Di certo nella versione originaria non compaiono le alici, aggiunte successivamente nella variante laziale di Gaeta. Oggi è un piatto più da casa che da ristorante, è difficile trovarla nei menu. Ma quando c'è, è buona davvero. Ecco dove mangiarla a Napoli

Dove mangiare gli spaghetti alla puttanesca a Napoli

Osteria Donna Teresa

Al Vomero, una sala con nove tavoli e una gestione familiare genuina come la cucina. L'insegna esiste dal 1913, da quella donna Teresa mamma di 11 figli (e di Gigione, l'attuale titolare) e cuoca sopraffina. Oggi la sua tradizione si porta avanti con un menu recitato a voce che cambia spessissimo: ziti alla genovese, polpette al sugo, alici fritte e ogni tanto pure una puttanesca con tutti i crismi. Da annaffiare con lo sfuso della casa, ovviamente.

Osteria Donna Teresa - via Michele Kerbaker, 58 - 081 5567070

Ieri, oggi, domani

Pesce fresco a vista, anche per preparazioni fuori menu, in un locale accogliente in zona Stazione Centrale. Anche pizze, in una ventina di varianti, e tra gli antipasti la peculiarità delle due "zizze" (mozzarella), una di terra ed una di mare (farcita con tartare di gamberi rossi di Mazara, bergamotto e bisque di gamberi). In generale la cucina onora il passato ma sperimenta pure, sempre con occhio alla stagione. E infatti gli spaghetti alla puttanesca ci sono prevalentemente d'estate. Cantina centrata sui campani.

Ieri, oggi, domani - via Nazionale, 6 - 081 206717 - ierioggiedomani.it

‘A Taverna do’ Re

Facilmente raggiungibile con la metro, vicina a piazza del Plebiscito ma anche al porto e agli imbarchi per le isole, è un’insegna dalla storia molto antica. Seduti a uno dei tavolini all’aperto o negli accoglienti spazi interni, si gustano piatti di schietta matrice tradizionale di mare e di terra, pur se non manca qualche divagazione. Qui con il sugo alla puttanesca (pomodoro fresco olive e capperi) si condiscono le linguine. C'è pure la pizza.

‘A Taverna do’ Re – supportico Fondo di Separazione, 2 – 081 5522424 –  atavernadorenapoli.it

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