Assassina, la pasta benedetta da Stanley Tucci (e Lolita Lobosco) che uccide le ricette baresi tradizionali

22 Set 2024, 09:29 | a cura di
Il piatto pugliese conquista il mondo, ma rischia di eclissare lo orecchiette. Grazie alla Genisi e alla Cnn

Partiamo dall'inizio. Siamo nel 1967 e Enzo Francavilla proprietario del locale Al sorso preferito di Bari ha appena inventato gli spaghetti all’assassina. La storia della nascita e la ricetta originale sono state ricostruite dal giornalista Sandro Romano e dallo storico locale Felice Giovine. Enzo, oggi novantenne, aveva aperto da poco il ristorante quando due clienti napoletani gli chiesero di preparargli un piatto nuovo, che non avevano mai mangiato. Il cuoco improvvisò degli spaghetti con i classici ingredienti di una pasta al pomodoro: olio, aglio, pomodori pelati e tanto peperoncino. La vera novità sta nella tecnica di cottura. Dopo qualche minuto di bollitura in acqua, giusto per fare piegare gli spaghetti, Enzo mette la pasta in padella con il sugo e continua la cottura fino a far restringere completamente la salsa che si abbrustolisce leggermente. Una lucidata con l’extravergine d’oliva ed è pronta. È nata l’assassina. Anzi… un’assassina!

Le foto dell'Assassina e di Urban sono di Vincenzo Giura e Kim Yeiji

Un'Accademia per l’Assassina

Passano gli anni e la ricetta si diffonde nelle cucine baresi. Molti li chiamano semplicemente “spaghetti bruciati”, si fanno al ristorante e anche a casa ogni tanto, ma siamo molto lontani dal successo odierno. Anzi a un certo punto quasi scompaiono.
Nel 2013 cinque amici iniziano un pellegrinaggio per i ristoranti baresi chiedendo l’assassina. Solo in 4 o 5 locali l’avevano in carta, gli altri la facevano solo a richiesta. Con spirito goliardico nasce così l’Accademia dell’Assassina che attrae sempre più affezionati. L’intento è di raccogliere e valutare le ricette che vengono proposte in città per salvare l’assassina in via d’estinzione. Massimo dell’Erba, presidente dell’Accademia, e i pochi amici affiliati, sperimentano varie ricette fino a trovare quella ideale che si raggiunge solo con la risottatura della pasta, ovvero la cottura nel sugo partendo dallo spaghetto crudo. Ma a cosa è dovuta questa evoluzione?

"L'invenzione": la risottatura della pasta

Come sappiamo tutti, il metodo tradizionale di cuocere la pasta è quello di lessarla, scolarla e condirla, niente di più. Al limite, mantecarla col condimento. Qualcuno, a un certo punto della storia, ha pensato che saltarla in padella fosse una buona idea. Non sappiamo chi sia stato il primo, ma abbiamo un precedente già in Pellegrino Artusi e i suoi «Maccheroni colla balsamella».
L’inventore della “pasta risottata” come la intendiamo oggi, partendo dalla pasta cruda cotta direttamente in padella con il sugo è lo chef Igles Corelli. Il cuoco del Trigabolo di Argenta (Ferrara) aveva colto l’idea nel 1986 durante una gara culinaria in Spagna dove aveva assistito alla preparazione della fideuà spagnola, un piatto tipico simile alla paella che usa corti spaghettini al posto del riso. Corelli applicò la stessa tecnica a un piatto di pennette al pomodoro ed erbe aromatiche risottate con brodo vegetale. Dal suo ristorante sulle rive del Reno a ridosso delle Valli di Comacchio, la tecnica si diffuse a macchia d’olio dando vita a un nuovo stile di cottura.

Crosticina mon amour: oltre la risottatura

Rispetto alla risottatura, l’assassina fa un ulteriore passo in avanti. Gli spaghetti non sono semplicemente risottati, ma fin dai primi momenti di cottura vengono rosolati superficialmente, aggiungendo poco liquido alla volta allo scopo di formare una crosticina intorno alla pasta. Questa tecnica, ha avuto il merito di cambiare completamente il volto dei classici spaghetti con pomodoro e peperoncino, rilanciandoli con un sapore e una consistenza diversi. Mancava solo una scintilla per renderli esplosivi.
All’epoca della “riscoperta” da parte dell’Accademia, l’assassina era ancora una ricetta anonima, cucinata da pochi cultori di delizie baresi. A intuire le potenzialità del piatto – e anche del nome – è Gabriella Genisi autrice della fortunata serie di romanzi con protagonista la commissaria Lolita Lobosco. Barese come la sua determinata poliziotta, pubblica nel 2015 un romanzo che diventerà cult: Spaghetti all’assassina, ambientato nel ristorante divenuto famoso per questo piatto. In appendice al libro non poteva mancare la ricetta redatta dall’Accademia.

La fortuna: Gabriella Genisi e Stanley Tucci

Ma la vera fortuna doveva ancora arrivare. Nel 2021 i romanzi di Gabriella Genisi si trasformano in una serie tv (Rai1) con protagonista la bellissima Luisa Ranieri nei panni di Lolita. Per l’occasione la città di Bari si trasforma in un immenso set cinematografico e la popolarità sale alle stelle. Come se non bastasse, in una puntata della serie Lolita Lobosco si esibisce nella preparazione dell’assassina per i suoi due colleghi Esposito e Forte. È l’inizio di una parabola inarrestabile.
Siamo all’inizio del 2022 quando le misure restrittive per l’ultima ondata di Covid stanno finalmente diminuendo e la ristorazione cerca di ripartire. Già da sei anni Celso Laforgia aveva aperto a Bari il suo Urban, un ristorante dedicato soprattutto ai pranzi di lavoro. Dovendo ripensare il format e volendo dare al locale un’identità precisa, decide di puntare tutto sugli spaghetti all’assassina.

Stanley Tucci con chef Celso Laforgia ai fornelli di Urban, a bari


Nonostante alcune perplessità iniziali, l’idea funziona, anche grazie al crescente successo generale trainato dalla fiction di Lolita Lobosco. Poi succede qualcosa di inaspettato: arriva il deus ex machina, Stanley Tucci.
Il celebre attore italo americano sta percorrendo lo stivale in cerca di specialità da raccontare nel suo show “Searching for Italy” realizzato per la Cnn. Arrivato a Bari sceglie di parlare dell’assassina trasformandola di colpo nell’icona più sexy della cucina pugliese. La notizia rimbalza ovunque, soprattutto negli Usa dove diventa virale. Ormai l’assassina è la regina delle tavole baresi.

Evoluzione della cucina e Assassina killer

Un’Accademia nata quasi per gioco, un romanzo, una serie tv, un programma di cucina internazionale: ecco gli ingredienti che hanno lanciato nel mondo intero una ricetta semplice, ma innovativa.
Le conseguenze per la gastronomia barese non si sono fatte attendere. Da qualche anno i turisti non chiedono altro e ormai sono pochi i ristoranti che non hanno l’assassina in carta. Anche nelle case viene cucinata sempre più spesso e ha sostituito i grandi classici come le orecchiette alle cime di rapa o riso patate e cozze.
Se si guarda alla storia della cucina italiana ci si accorge che questo tipo di evoluzione c’è sempre stato. I piatti scompaiono, anche quelli più famosi, e altri prendono il loro posto: succede in continuazione. L’abbiamo visto succedere, ad esempio, con la carbonara a Roma che, nel giro di qualche decennio, ha messo in ombra tante specialità affermate fino agli anni ‘60 e ‘70 come le fettuccine alla romana o i cannelloni.
La differenza è che stavolta sta succedendo sotto i nostri occhi. Siamo di fronte a un’estinzione di massa a causa dell’asteroide Assassina, oppure è solo una moda passeggera?
Abbiamo chiesto ai protagonisti del successo di questo piatto di raccontarci il loro punto di vista.
Sandro Romano ha avuto il grande merito di scoprire le circostanze che hanno portato alla nascita del piatto incriminato. Senza di lui probabilmente non sapremmo come sono andate le cose. Da anni si occupa del fenomeno e ha un’idea piuttosto chiara su dove ci stia portando: «Non c’è un piatto in particolare della cucina barese che è in crisi per colpa dell’assassina, quello che è in crisi in questo momento è la ristorazione barese in generale. Quasi tutti sono alla ricerca di questa pasta che ha la caratteristica di essere piccante, ma soprattutto rosolata e non bruciata, come tutti pensano. Ciò è dovuto alla cattiva divulgazione fatta quando ancora non si conoscevano le caratteristiche di questo piatto: adesso qualsiasi cosa viene bruciata è chiamata “all’assassina”. Chi fa una cucina di qualità più attenta agli ingredienti, alle materie prime, agli aspetti salutistici, l'assassina non la fa. Quindi non direi che l'assassina ha messo in ombra alcuni piatti – spiega Romano – l'assassina ha offuscato la ristorazione barese che in questo momento è percepita come la cucina dell'assassina (e vi segnaliamo anche dove mangiare le migliori in città) e quindi non è considerata una ristorazione di qualità. Purtroppo, devo dire che chi la pensa così non ha tutti i torti».

Bari, Lolita e la città dell’Assassina

Chi ha buttato il sasso che ha creato la valanga è stata Gabriella Genisi: dopo Lolita Lobosco è cambiato tutto. «Il libro è stato importante, ma è la fiction che ha creato il fenomeno di massa. Non parlo solo dell’assassina, ma del turismo a Bari. Qualche premessa c’era stata anche prima: nel 2019 Matera è stata eletta capitale della cultura e l'aeroporto di riferimento era Bari, quindi il turista che doveva prendere l'aereo coglieva l’occasione per fare un giro a Bari. Però era un fenomeno mordi e fuggi, magari si mangiava solo un panino e si ripartiva. Il vero turismo a Bari l'ha creato Lolita Lobosco».
Ma l’assassina ha una parte importante: «Questa ricetta ha il grande pregio di avere anche una preparazione scenografica, bella da vedere. Non si fa solo nei ristoranti, ma spesso anche a casa e ha sostituito le ricette delle classiche spaghettate di mezzanotte: niente più aglio, olio e peperoncino, ma spaghetti all’assassina. D’altra parte, penso davvero che in qualche modo stia “assassinando” i più famosi piatti baresi. Se prima le ricette di riferimento a Bari erano patate, riso e cozze, orecchiette con le cime di rapa e cicorie e fave, ora i turisti non le chiedono quasi più, a meno che non si fermino più giorni. Chi arriva a Bari per un giorno chiede l'assassina. Non ci sono dubbi: Bari è diventata la città dell'assassina».

Chef Celso Laforgia e le sue varianti dell'Assassina: una è anche con le cime di rapa, per evocare la tradizione e il terroir (foto sotto)


Celso Laforgia e il suo Urban Assassineria Urbana sono all’apice del successo grazie a questa specialità che sta cambiando il volto della gastronomia barese. «Sicuramente è un piatto con forte appeal a livello nazionale e internazionale e sta portando tanta gente in Puglia. A me arrivano mail di americani e inglesi che mi dicono che hanno programmato le vacanze in Puglia dopo avere visto la puntata di Stanley Tucci, oppure letto l’articolo sul New York Times». Quindi l’assassina ha una ricaduta positiva… «Si può demonizzare l'assassina perché non è così buona come tanti altri piatti pugliesi. Se però si usa con intelligenza, può essere un veicolo per portare la gente in Puglia e farle assaggiare tutto il resto».

L'Assassina: una nuova stella culinaria

Ci sono piatti della tradizione che sono in crisi più di altri in questo momento? «Il discorso è più ampio e parto da una considerazione: in città sono scomparse le osterie e le trattorie. Magari in provincia e nei piccoli paesi le trovi ancora, ma in città no. Se qualcuno mi chiede dove andare a mangiare un buon riso, patate e cozze a Bari, io non glielo so dire. Le orecchiette con le cime di rapa ancora resistono e anche il tipico fave e cicoria si può trovare proposto come antipasto, ma riso, patate e cozze è un piatto praticamente scomparso dai menu».
Anche per Massimo Dell’Erba, presidente dell’Accademia dell’Assassina, un qualche effetto la ricetta l’ha avuto: «Sicuramente sta distogliendo l’attenzione dai piatti tradizionali i quali però non hanno bisogno di stare sempre sul palcoscenico. Molte, non va dimenticato, sono ricette stagionali. La verità è che l’assassina, se fatta bene, è davvero buona». E, sembra, tutt’altro che dannosa per Bari: «Attrae turisti e ha mostrato quanto può essere flessibile e innovativa la cucina pugliese. Grazie alla tecnica di cottura che abbiamo introdotto è stato creato un nuovo stile che può essere applicato anche a varianti, già diffuse, ma che magari non chiamerei più assassina».
Forse non siamo di fronte solo a un nuovo piatto, ma a un vero e proprio nuovo stile, quello della “pasta all’assassina che però non è l’assassina”. Insomma, è appena nata ma già divide tra chi la vuole con la ricetta originale del ‘67, chi approva quella dell’Accademia e chi non smette di sperimentare rischiando l’accusa di eresie.

Ma la domanda di fondo rimane aperta: l’assassina rappresenta davvero un pericolo per i grandi piatti baresi o abbiamo solo aggiunto una stella al firmamento?

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