Il sole sul conto. Un bonus da pagare come fosse un secondo bicchiere di vino o un dessert. Dieci euro, nel caso di Siviglia, città più importante dell’Andalusia, dove alcuni ristoranti hanno preso l’abitudine di mettere in vendita i posti migliori nelle “terrazas” a una tariffa maggiorata, creando di fatto una categoria “premium”, una sorta di prima classe. I posti al sole, nei giorni in cui l’inverno cede il passo alla primavera, sono infatti i più ambiti, al contrario di quanto avviene tradizionalmente nelle plazas de toro, dove assistere alla corrida in un posto sotto il sole dà diritto a uno sconto sul biglietto.
Proteste su Tripadvisor
L’innovazione non piace a tutti. I primi clienti che si sono trovati a fare i conti con il bonus sole non l’hanno presa benissimo. El Correo del Andalucia, uno dei principali media locali, riporta la recensione sconcertata di una donna su una piattaforma online, oscurando il nome del ristorante. “Malgrado avessimo prenotato un tavolo per due in terrazza, ci hanno piazzato all’ombra - si legge nel report -. Quando abbiamo sollecitato il cambio, ci hanno comunicato che i tavoli al sole erano prenotati e che avevano un costo addizionale di 10 euro”. La risposta della manager del ristorante, vagamente imbarazzata, spiega la policy del locale: “I tavoli premium a cui lei si riferisce erano già riservati per quel giorno, sia nel primo sia nel secondo turno da persone che avevano pagato in anticipo il supplemento, voce che peraltro appare sia sul nostro menu sia su sito web”. Nei giorni successivi la titolare del locale, situato sul Canale Alfonso XIII, vicino al Ponte di Isabella II, ha chiarito che non si paga tanto il posto al sole, quanto la garanzia di avere un tavolo migliore, e che i dieci euro (per persona) vanno pagati in anticipo e non vengono poi scalati dal conto. Non sono quindi una caparra ma una vera voce del conto.
Il parere delle associazioni dei consumatori
Una pratica consapevole e studiata. E non un caso isolato, visto che nei giorni successivi sono emersi altri casi di tavoli premium in altri locali di Siviglia, con modalità e tariffe varie ma la stessa filosofia di fondo: pagare di più per avere il meglio. La scoperta ha scatenato la inevitabile cagnara sui social, tra i complottisti (“allora dovrebbero fare lo sconto a coloro che si vedono assegnare un tavolo vicino al bagno o nella zona più fredda del locale”) e gli ultraliberisti (“ognuno nel proprio locale fa quello che vuole, purché ci sia trasparenza”) e ha costretto anche le associazioni dei consumatori a interrogarsi sulla legittimità della trovata. Intervistato da Xataka, a Rubén Sánchez, segretario generale di Facua, una sorta di Codacons spagnolo, ha fatto alcuni distinguo sottolineando che, alla fine, è solo una questione di comunicazione trasparente: “Il cliente deve essere informato. Se è così e lo accetta, è molto probabile che tutto sia legale”. Dello stesso avviso Carlos Cutiño, delegato sivigliano dell’Ocu (Organización de Consumidores y Uusuarios): “Un locale può imporre sovrapprezzi per alcuni servizi, a certe condizioni: il cliente deve essere debitamente informato e il valore aggiunto deve essere ben definito e a fronte di una prestazione tangibile”. Ciò che non appare evidente, però, a fronte di qualcosa “di tanto aleatorio come l’esposizione al sole”.
L'incognita italiana
E in Italia? Sarebbe possibile far pagare di più un tavolo che garantisca una vista migliore, un comfort maggiore, o magari la possibilità di interagire con la cucina? Della questione si è occupata Italia a Tavola, che ha intervistato Luciano Sbraga, vicedirettore Fipe (la federazione dei pubblici esercizi), a cui non risulta che ci siano leggi che impediscano la pratica, “anche se poi chiaramente si tratta di una scelta che rimane in capo all’imprenditore e alla relazione con il cliente: se ritiene che il posizionamento all’interno della sua azienda può giustificare prezzi diversi è perché ritiene che ci siano clienti disposti a pagare per questo”.
Certo, si può riflettere sul fatto che a teatro e allo stadio ci siano posti di diverse categorie e a prezzi spesso molto differenti in funzione della visibilità, della vicinanza al palco o al campo di gioco e al comfort, e che tutto questo è considerato normale. Ma al ristorante noi siamo abituati a giustificare un conto più alto solo in funzione della quantità e della qualità di quello che si ordina. La “first class” del ristorante potrebbe non essere uno scandalo, anzi diventare anche un’opportunità per differenziare l’offerta, ma appare chiaro che ci sia bisogno di una piccola rivoluzione culturale. E le reazioni dei nostri amici andalusi ci fanno pensare che ci vorrà molto tempo prima che questo possa accadere.