Qualche mese fa, il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, aveva lanciato l’idea di inserire il concetto di sovranità alimentare direttamente all'interno della Costituzione. E, in un’intervista di allora, aveva spiegato che cosa si intendesse con sovranità alimentare: «Chiederemo di aggiungere all'articolo 32 della Costituzione (quello che tutela la salute) questo passaggio: “La Repubblica garantisce la sana alimentazione del cittadino e a tal fine persegue il principio della sovranità alimentare e tutela i prodotti simbolo dell'identità nazionale”».
La Sovranità alimentare in Costituzione
L’idea è diventata rapidamente una proposta di legge costituzionale a prima firma del capogruppo di Fratelli d'Italia, Tommaso Foti, condivisa da gran parte dei deputati del partito, e il testo definitivo è stato pubblicato dal sito della Camera poco prima della pausa estiva. In maniera più articolata del concetto espresso da Lollobrigida, per quanto il senso sia quello, la relazione scritta da Foti spiega meglio che cosa si intenderebbe fare.
Tutto parte dalla ormai consapevolezza che «la cattiva alimentazione causa ogni anno un numero sempre crescente di malattie quali diabete, malattie cardio-vascolari, obesità, tumori e osteoporosi, che, anche quando si manifestano in forma non grave, condizionano fortemente lo stile di vita sia degli adulti che dei giovani». Si aggiunga poi a questo, sottolinea il capogruppo, il costo sociale delle cure mediche necessarie per farvi fronte, che come ormai sappiamo «sono essenzialmente a carico del sistema sanitario nazionale».
Il diritto del cittadino a una sana alimentazione
Per tale motivo, si legge nel testo «si è ritenuto di intervenire sull’articolo 32 della Costituzione, aggiungendo un ulteriore comma, nel quale si afferma, per la prima volta espressamente, il diritto del cittadino a una sana alimentazione che rappresenta, infatti, un aspetto del diritto alla salute». Fin qui cosa si vuole fare. Foti deve spiegare, però, come. E, infatti lo fa, cercando di togliere i dubbi che assillano chi non è convinto della bontà di questa proposta, nella quale vede un forte aspetto ideologico.
Ma Foti, scrive, invece, che «è proprio da tale intervento normativo che si evince come il concetto di sovranità alimentare, lungi dall’ispirarsi ad un ideologico astrattismo, è invece pragmaticamente collegato alla necessità di preservare la sicurezza delle scorte e degli approvvigionamenti alimentari, il sostegno della filiera agroalimentare, della pesca e dell’acquacoltura e il coordinamento delle politiche di gestione delle risorse ittiche marine nonché all’esigenza di produrre cibo di qualità».
Il capogruppo ci tiene anche a rendere veri e reali i problemi che esistono in quest’ambito: «Recentemente il problema è sorto, con riferimento al no governativo all’acquisizione, da parte di una società straniera, di un importante gruppo di imprese specializzate nella produzione di sementi e, quindi, titolari del patrimonio genetico nazionale necessario alla produzione di numerosi prodotti agricoli tipici del nostro territorio. Il veto dell’esecutivo è stato ritenuto legittimo dal giudice amministrativo, che, in ragione dell’importanza strategica del settore (che evidentemente incide sia sulla produzione nazionale che sulla filiera alimentare), ha rigettato il ricorso proposto dalla società acquirente, giudicando non illogico il divisato rischio che le modalità concrete di acquisizione potessero cagionare pregiudizio al settore agricolo, in termini di sicurezza alimentare, da intendersi anche come salvaguardia dei prodotti di qualità».
No all'italian sounding
Sempre nell’ottica della tutela della sana alimentazione del cittadino, pertanto, si è ritenuto opportuno integrare il nuovo precetto costituzionale con l’ulteriore riferimento alla tutela dei prodotti nazionali che, per il loro pregio sotto il profilo qualitativo, rappresentano lo Stato italiano, anche e soprattutto nei rapporti con l’estero. Tali prodotti sono stati e sono continuamente oggetto di «imitazione servile», segnatamente da parte di soggetti esteri, i quali propongono surrogati di bassissima qualità, come tali svilenti l’immagine del prodotto nazionale e addirittura nocivi per la salute. In sostanza, il riferimento alla tutela dei prodotti tipici è imposto sia dalla necessità di salvaguardare gli interessi commerciali dei produttori nazionali sia dall’esigenza di garantire il benessere alimentare dei cittadini, i quali potrebbero essere indotti ad acquistare i predetti prodotti “spuri”».
Si cerca quindi di porre un freno al cosiddetto italian sounding: vendere prodotti che abbiamo un nome che suoni italiano, ma che in realtà non lo sono, soprattutto nella qualità. Un esempio per tutti il Parmesan al posto del parmigiano. Secondo i dati della ricerca "Italian Sounding, quanto vale e come trasformarlo in export Made in Italy" di The European House - Ambrosetti, il Ragù, il parmigiano e l’aceto balsamico sono i tre prodotti più presenti in versione “imitazione” sugli scaffali della grande distribuzione all’estero.
La tutela della qualità dei prodotti nazionali
Deve dunque ribadirsi, si legge nel testo come «sia il perseguimento del principio della sovranità alimentare sia la tutela della qualità dei prodotti nazionali siano entrambi serventi rispetto al bene primario del diritto a un cibo sano, che per la prima volta viene espressamente affermato nella Costituzione».
Pertanto, conclude la relazione, «si ritiene dunque che nel momento storico attuale si imponga la necessità di inserire espressamente tale diritto fondamentale anche nella nostra Carta costituzionale, quale aspetto particolare del più generale diritto alla salute, essendo insufficiente, in chiave assiologica, ricavare il diritto alla sana alimentazione solo indirettamente e per mezzo delle altre disposizioni costituzionali».
La Giornata nazionale del panettone
La proposta sulla sovranità alimentare non è certo l’unica. Dalla giornata dedicata all'Ecospiritualità, passando per la "Cultura Motociclistica" e la "Scrittura a Mano", si arriva anche a una delle più gettonate che è quella per istituire la Giornata nazionale del panettone italiano che è stata presentata alla camera il 29 luglio. L’iniziativa con la quale si intende celebrare uno dei simboli della tradizione culinaria italiana, riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, è stata promossa da Daniela Dondi di Fratelli d’Italia. Una interessante proposta, molto divisiva, però, e che sarà dura da far accettare alla fazione per cui il Natale è solo il Pandoro. Va detto, in ogni caso, che secondo diverse analisi, il panettone è comunque il preferito dagli italiani che ogni anno lo eleggono il re delle feste natalizie. Ai consumatori l'ardua sentenza.